Di Pierfranco Bruni
Se l’assurdo è una consapevolezza inequivocabile il silenzio, che vi sta dentro, è una metafisica che custodisce la memoria dell’assenza.
Camus ribellandosi alla teologia crea la stabilizzazione del mistero. Siamo uomini sconfitti che tremano all’angoscia del desiderio della morte. C’è una misura di tempo tra l’amare e l’essere amato lungo i fili della perdizione.
L’uomo religioso sa di viaggiare nella perdizione pur riconoscendo il grido della disperazione cercando una risposta. Una risposta che non arriverà mai. Dovrebbe trovarla da sola. La troverà? Non credo. Neppure in punto di morte ci sarà una risposta.
Il credente dilata il dolore. Il non credente aggredisce il dolore. Nell’uomo c’è la speranza. Nell’altro la miseria dell’agonia. In punto di porto si chiede al morente di confessare i suoi peccati.
Camus: “L’assurdo, che è lo stato metafisico dell’uomo cosciente, non conduce a Dio. Forse questa nozione si farà più chiara se arrischierò la seguente enormità: l’assurdo è il peccato senza Dio”.
L’uomo in rivolta non ri-conosce il peccato. Perché il peccato mon esiste se esiste l’angoscia. Quindi non riconosce tanto la speranza. Bisogna saper vivere il senso della decadenza con l’anima della decadenza.
Bisogna saperla vivere come lo straniero che impavido accende un lime sulla caduta. Ma in tutto questo che c’entra la metafisica?
La metafisica è il labirinto che ci portiamo addosso e si fa strada lungo un possibile corridoio. L’uomo è un assurdo che cerca di diventare la percezione del nulla pur sapendo che il nulla non esiste.
Osserva Camus: “L’assurdo nasce dal confronto fra il richiamo umano e il silenzio irragionevole del mondo. È questo che non bisogna dimenticare; è a questo che bisogna aggrapparsi, poiché possono nascere le conseguenze di tutta una vita. L’irrazionale, la nostalgia umana e l’assurdo, che sorge dalla loro intima conversazione: ecco i tre personaggi del dramma, che deve necessariamente finire con tutta la logica di cui un’esistenza è capace”.
La metafisica è la forza del destino. Se si crede al destino non si può non credere alla metafisica.
Come si fa? Abbandonando l’idea di essere gettati bel mondo. Ma quale uomo si sente gettato nel mondo? Eppure siamo gettati nel mondo. Il ciò significa che siamo esseri abbandonati e nonostante la ricerca della salvezza dobbiamo avere la volontà della potenza.
Ma l’uomo in rivolta è la contraddizione tra l’assurdo e la metafisica. Sconfitti siamo dei trasgressori di ogni verità. Ma se la verità è l’assurdo l’uomo come potrà navigare in altura? È questo l’interrogativo che si potrebbe porre l’uomo negato.
Se è negato mon è in rivolta. Ma l’ incompreso Camus resta sempre in rivolta sino alla fine. Ovvero Camus: “Viene sempre il momento in cui bisogna scegliere fra la contemplazione e l’azione. Ciò si chiama diventare un uomo”.
Oltre l’assurdo cosa troviamo? La necessità di penetrare il sottosuolo dei demoni.
Camus legge Dostoevskij proprio nella forza di quell’indissolubile che scava nell’uomo della necessità di non morire. Bisogna sfidare la morte con la vita. Siamo immortali se non siamo eterni. Ovvero eterni saremo se la memoria è dentro il ricordo.
Non si è soli fino a quando resiste il ricordo. Il passato è dentro di noi. Il Caligola di Camus è in questo sentire il viaggio della vita. Viaggiare il ricordare è non dimenticare.
La discordanza è la vera sconfitta. Il ricordare vieta la solitudine di essere sola. Anche questa è rivolta. Una religiosa rivolta? È tutta da leggere.
È chiaro che Camus non si pone il problema dell’ateismo come forma religiosa. Piuttosto come forma liturgica e teologica. È un filosofo e come tale in una filosofia astematica il problema è spirituale o meno.
Piuttosto mi porrei la questione di una trascendenza. Ebbe a scrivere: “Come essere santi senza Dio: è questo il solo problema concreto che io conosca”. Da qui un discorso molto più ampio.