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Francesco Salvador. IL DONO DELL’ALBA

Recensione di Raffaele Piazza

Il dono dell’alba (Guido Miano Editore, Milano 2024) è una raccolta di poesie non
scandita in sezioni che risulta alla lettura magmatica per la densità metaforica dei
componimenti che pur essendo autonomi tra loro, per l’unitarietà contenutistica e
formale possono in toto essere letti come un continuum di versi come se fossero
collegati da un filo rosso invisibile.

Qui l’ordine del discorso è sotteso ad emozioni debordanti che crea il poeta.
emozioni comunque sempre controllate a livello stilistico e formale e per l’opera
esaminata in questa sede si potrebbe arrivare alla definizione di poemetto.
Il male di vivere di montaliana memoria e vissuto intensamente dal poeta sembra
essere il protagonista di questi versi.

E se nel titolo del volume si parla di un dono di luce è sottinteso che per una
caratteristica dei versi presi in considerazione bisogna riferirsi anche ad un altro tipo
di dono che è quello del turbamento che serpeggia ridondante nei versi di Salvador.
Tuttavia come evidenzia anche Enzo Concardi nell’acuta prefazione ricca di
acribia Francesco Salvador non sta assolutamente a piangersi addosso affranto da
una vita che dà scacco ma reagisce conscio che la condizione umana può riservare
anche tantissime gioie e che la vita stessa è degna di essere vissuta.

Già il titolo della raccolta evidenzia che la vaga luminosità dell’alba è un dono in
se stesso e ci fa intendere che nella coscienza letteraria dell’autore può realizzarsi
anche la felicità forse come in momenti perfetti di sartriana provenienza.
Il poeta sa che è proprio la pratica della poesia quello che può salvarlo a
prescindere da una visione trascendente dell’esistere.

E la stessa alba è luce e può divenire rigenerante e portatrice di un approccio
nuovo alle cose nel confrontarsi con la realtà in tutte le sue sfaccettature e tutti i suoi
settori.

In altre parole se la vita non è facile per nessuno, nonostante il pessimismo di
fondo, si può varcare anche nel transito terreno la soglia della speranza.
E se Francesco affronta i temi del male, e della morte e del dolore lo fa lucidamente
per esorcizzarli e poi trovare serenità.

E non a caso si ritrovano componimenti che sembrano un inno all’ottimismo che
non potrebbero esserci se il poeta non avesse toccato nella sua ansia il fondo come
attraverso una sintesi di sentimenti per una risalita fino ad una salvifica superficie
con animo sereno e senza sforzo.

Molto bella densa e suggestiva la poesia che apre la raccolta intitolata Una mano
sulle pietre componimento che ha un marcato carattere programmatico.
Nella suddetta poesia la psiche e il corpo del poeta stesso. dell’io – poetante.
sembrano sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda per un magico e affascinante
accadimento che trae l’incipit proprio nel toccare con una mano le pietre come
nell’incipit della composizione.

“Mi è di conforto/ posare una mano sulle pietre/ della città visitata nei giorni di
festa/ più degli occhi ora è forte/ l’istinto di trattenere/ quelle forme nella mente/
come chi sente la vita andare/ e stringe la mano/ dell’ospite nella casa fredda/ e non
vuole lasciare la presa/ cercando così di truffare il tempo…”.

Come scrive giustamente Concardi nella prefazione «la poesia di Francesco Salvador
va visitata come se contenesse un mosaico d’occasioni che la vita presenta ma che si risolvono
spesso in illusioni e poi delusioni, lasciando un fondo amaro per mancanza di prospettive a
lunga scadenza».

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