DI MARIA TERESA LIUZZO – DIRETTORE E FONDATORE DELLA RIVISTA DI CULTURA INTERNAZIONALE “LE MUSE” (ITALIA)
Astrit Lulushi è scrittore d’infinito talento. Egli narra eventi che mettono in risalto l’umanità e ci cattura con la sua eleganza stilistica. Dalle tempeste sismiche recupera origami sanguigni, come fossero corpi respinti o trascinati dal mare, mentre la voce dell’anima si estende come l’ombra che ignora la paura. L’Autore, sopravvissuto alle peggiori bufere – e oggi Eroe dimenticato persino dal suo popolo – riesce ancora a combattere.
Chi, come lui, ha vissuto il lutto più atroce è lontano mille miglia da coloro che ignorano la fame e bestemmiano al vento, escludendo il dolore degli altri. La sua intelligenza è priva di orgoglio e riesce a portarsi oltre i fondali. Il suo pensiero torna spesso al recente passato e sfiora i segreti dell’anima quando il buio abdica a un sospiro d’amore.
Persino le lacrime assumono voce danzando nel buio come petali di rosa e sussurrano al cuore, macerato e in ascolto:
“Il mio pensiero torna ai tempi stanchi, / sapessi figlio mio, quanto mi manchi! / Nostalgica è la notte e amaro il giorno, / Tu stella in Cielo attendi il mio ritorno!”.
È un’autopsia del corpo ma anche dell’anima, inconfondibile grazia che vede oltre le palpebre chiuse. Il dubbio è umano e la cattiveria gratuita. La caratura lirica di Astrit Lulushi si alterna con quella epica che contiene ed esprime nei versi il respiro commosso e proietta (come in tutte le sue opere) valori altamente morali ed epici.
Sotto le braci respirano i suoi capolavori delicati e suggestivi. Egli condanna l’avidità dell’uomo che incita al male e l’invita a disancorarsi da esso per non permettere che ci divida dalla Fede e dalla Pace. Ricorda all’uomo a non desistere dal bene prezioso primario della libertà, in una sorta di antropizzazione che rende efficace l’esortazione alla giustizia divina, a Dio, come Dio degli eserciti, il Dio di Abramo, ma anche in Cristo che è il Dio dell’Amore e della Speranza.
Anche da molto lontano lo scrittore Astrit Lulushi sprigiona carisma. Egli porta in superficie tutto ciò che l’essere umano non riesce a captare in quanto prigioniero delle tenebre, della sua alienazione che muta progressivamente, in incubazione aritmica della sostanza medesima. È un continuo affacciarsi nella memoria passata, presente e futura.
“La verità ha mille facce ed è mutevole come le persone” dice Kafka. Per me la verità è una soltanto. Nei romanzi, nei racconti quanto nelle poesie di Astrit Lulushi l’atmosfera è inquietante e surreale. Il paesaggio del cuore spesso si fa incubo attraverso l’esperienza della vita; il cratere del silenzio approda in una sterminata distesa di ghiaccio che assume sembianze di un paesaggio naif.
Quando il segno grafico e la scrittura si ripetono in modo ossessivo, si ha l’impressione che la parola assuma sonorità e un crescendo incalzante che, nella sua dinamica sconvolgente, cattura la nostra attenzione e fa penetrare la parola nella mente e nel cuore, tra il senso e l’intelletto. Quale stupenda visione dipinge un arcobaleno di sensi tra uno scenario e l’altro di redenzione!
Molti scritti di Lulushi hanno una sorta di levatura epica e l’estensione della parola stessa assume significato universale. Chi riesce ad attraversare come una piuma il “cuore” dell’Autore, rimane abbagliato dalla dolorosa bellezza che la sua cultura emana dalla poesia alla narrativa, dalla saggistica alla storia antica e moderna.
Troviamo un eroe valoroso e un artista geniale, rare volte trasgressivo. Ma sempre raffinato e per questo unico e irraggiungibile nel suo talento.
M.T.L.