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Franco Colandrea, A mio figlio Paolo (Dialoghi d’amore), Guido Miano Editore, Milano 2024.

Recensione di Raffaele Piazza

Il volume che prendiamo in considerazione in questa sede si può definire come il diario di un’anima, di un padre che ha perduto prematuramente un figlio e così la morte del figlio Paolo diviene per Franco Colandrea occasione di uno scritto che virtualmente è indirizzato al figlio stesso; non un monologo, ma Dialoghi d’amore, come suggerisce il sottotitolo del volume.

Il tema della morte di un figlio è stato già oggetto di opere letterarie come per esempio il libro di poesia Il dolore di Giuseppe Ungaretti e la letteratura diviene così strumento per la rielaborazione del lutto e del resto scrivere è sempre qualcosa di salvifico.

Il libro presenta una prefazione esauriente e ricca di acribia di Floriano Romboli intitolata L’intensità di un amore senza confini.

A livello strutturale il testo è costituito da una sequenza di brevi frammenti tutti forniti di titolo e il linguaggio usato da Colandrea è chiaro e icastico.

Ricorre il tema del ricordo del sorriso di Paolo e il padre rievoca momenti felici a contatto con la natura passati insieme

L’interlocutore dell’io-narrante è Paolo al quale Franco si rivolge come se gli mandasse lettere o messaggi in bottiglia come se fosse una presenza-assenza e Colandrea con queste missive destinate al figlio scomparso ne riattualizza il ricordo attraverso la memoria involontaria in modo positivo e costruttivo per rivivere nello scatto e scarto memoriale i momenti belli passati con lui.

Si piò considerare architettonicamente questo volume come una serie di flash che descrivono situazioni profonde a livello affettivo tra un padre e un figlio molto legati tra loro e le situazioni descritte sono ambientate soprattutto nel tempo dell’infanzia di Paolo, anima in formazione sensibile e felice, anche perché ha la fortuna di avere un padre lungimirante, buono e intelligente che gli vuole veramente bene e credo che ogni lettore-genitore può identificarsi tout-court con l’io narrante.

Una natura idilliaca fa spesso da sfondo, da cornice al binomio padre-figlio e anche il sogno e il sogno ad occhi aperti fanno parte delle tematiche espresse dall’autore.

Molto suggestivo il frammento intitolato Un fiore nella notte dove è presente il tema della metamorfosi quando l’autore dice di vedere gli occhi scuri e profondi di Paolo e l’Io del figlio mostra al padre un fiore nero e Franco gli svela l’enigma dicendo che quel fiore è il fiore della notte, del buio e dell’oblio ed è egli stesso.

Libro intelligente e felice che, pur partendo dal dato incontrovertibile del dolore, tramite l’esercizio di conoscenza e la riattualizzazione di situazioni passate, diviene salvifico e serve a rinnovare la gioia dell’amore nella sua inscindibile relazione proprio con la stessa morte.

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