“Le sentenze si applicano, non si commentano” lo hanno detto tante volte la Schlein e Conte, ma evidentemente solo quando gli faceva comodo. La prova è il loro silenzio alla notizia che la Corte d’Appello di Cagliari ha dichiarato decaduta la presidente della Regione Autonoma della Sardegna Alessandra Todde (5 Stelle) verso la quale, invece, hanno offerto “solidarietà” e non chiedendo le sue conseguenti dimissioni.
Un voto che l’anno scorso era finito in un casino generale con ricorsi e controricorsi tuttora parzialmente pendenti, perché – dopo innumerevoli liti sulla scelta del candidato – il centro-destra riuscì a perdere delle elezioni teoricamente già vinte con il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu, appoggiato da Fratelli d’Italia ma di fatto non sostenuto da chi avrebbe invece voluto la ricandidatura del presidente uscente Christian Solinas (del Partito Sardo d’Azione e vicino alla Lega). Finì che Truzzu raccolse solo 331.099 voti contro i 334.160 della Todde, anche se le liste a lui collegate (centrodestra) raccolsero 338.240 voti contro i 293.288 della Todde (centrosinistra, più “campo largo” e M5S) e con ben 21.412 voti per la presidenza dichiarati “non validi”.
Per il sistema elettorale sardo alla vincitrice furono comunque assegnati i 36 seggi di maggioranza pur avendo preso meno voti e solo 24 a tutte le altre liste messe insieme. A parte le liti sulle attribuzioni dei seggi, sorse poi subito il problema personale della Todde che – dimostrando per lo meno una dabbenaggine da principiante – fece di tutto per auto-distruggersi.
Cominciò infatti a non nominare il “mandatario elettorale” previsto dalla legge (ovvero la figura che amministra la campagna elettorale di ogni candidato e ne risponde per eventuali abusi), non aprì il previsto (ed obbligatorio) conto corrente bancario specifico a dimostrazione di contributi e spese e – secondo i giudici – non divise così i costi della sua personale campagna elettorale da quelli del M5S che l’appoggiava e comunque superando i limiti di legge.
Di qui la sentenza di decadenza del Collegio regionale di Garanzia elettorale istituito preso la Corte d’Appello, con mandato al Consiglio Regionale di ratificare la sentenza. Da sottolineare che la Todde ha rilasciato in argomento dichiarazioni e interviste palesemente contraddittorie e in merito ha quindi sicuramente mentito.
Ma qui scatta il nuovo problema, che è tutto politico: se il Consiglio Regionale (come è assolutamente probabile) respingerà “politicamente” l’atto della Magistratura, la Todde sarà decaduta per la legge ma non per il Consiglio, continuerà nel suo mandato e sulla sua decadenza si avvierà quindi un contenzioso legale presso la Magistratura ordinaria, procedimento che presumibilmente durerà l’intera legislatura.
Questo perché approvare la decadenza della Todde implicherebbe il contestuale scioglimento del Consiglio Regionale e quindi gli stessi consiglieri decadrebbero dal loro incarico faticosamente conquistato l’anno scorso, figurarsi se lo faranno.
Resta quindi il nodo politico sulla correttezza o meno dell’intero processo elettorale sardo, ma soprattutto l’amara conferma per il centro-destra che – se avesse litigato di meno – avrebbe probabilmente vinto, soprattutto vista la pochezza dell’avversaria, dimostrata anche da queste recenti e sconcertanti vicende.