Home Approccio Italo Albanese A 30 anni da Srebrenica: parla l’ex ambasciatrice del Kosovo in Italia

A 30 anni da Srebrenica: parla l’ex ambasciatrice del Kosovo in Italia

In questa triste ricorrenza abbiamo rivolto ad Alma Lama, ex ambasciatrice del Kosovo in Italia, giornalista e figura di spicco nei media balcanici, alcune domande non proprio accomodanti. Solo una persona con carattere ed esperienza come lei è ha saputo delineare un quadro ben chiaro della situazione, e del futuro. Eccone il contenuto.

Il 23 maggio 2024, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha proclamato l’11 luglio Giornata internazionale di riflessione e commemorazione del genocidio di Srebrenica. Quanto è sentita questa commemorazione nei territori dell’ex Jugoslavia, in base alla sua esperienza?

Il ricordo di Srebrenica, uno dei crimini più terribili dopo la Seconda Guerra Mondiale in Europa, che è stato riconosciuto come genocidio contro il popolo bosniaco dal Tribunale Internazionale, è sentito in tutto il Balcani. In Kosovo viene commemorato con diverse attività, più che in altri paesi, poiché le ferite della guerra sono ancora aperte, si ricordano ancora le massacri compiuti dall’esercito e dalla polizia serba durante il conflitto, e ci sono ancora persone scomparse, i cui corpi non sono restituiti dalla Serbia. Srebrenica è un dolore e una macchia enorme nella storia dell’Europa. A 30 anni di distanza, è una tragedia che la Serbia ancora combatte per non riconoscere, ancora lotta per non ammettere di aver compiuto un genocidio, uccidendo e facendo sparire i corpi di oltre 8000 uomini e ragazzi. Continua a combattere diplomaticamente anche dopo che le Nazioni Unite hanno proclamato il giorno 11 luglio come la Giornata Internazionale di Commemorazione e Riflessione sul genocidio. È una tragedia che alcuni popoli e le loro élite politiche non riescono a distaccarsi dal loro passato, non accettano gli errori e i crimini commessi, e in questo modo ostacolano la riconciliazione e la coesistenza con gli altri popoli. Manca un processo di catarsi nella società serba, un mea culpa, e la negazione del genocidio a Srebrenica è la testimonianza più raccapricciante.

La lista preliminare delle persone scomparse o uccise a Srebrenica, compilata dalla Commissione Bosniaca delle Persone Scomparse, contiene 8.372 nomi. Finora sono state riesumate poco meno di 7.000 salme. Che lei sappia, i lavori per il completamento della sepoltura delle vittime durano ancora?

Srebrenica e le sue zone circostanti sono una grande fossa comune. Più di 1000 persone risultano ancora disperse e i loro corpi non sono stati trovati. Serbia e Repubblica Srpska non cooperano come dovrebbero per trovarli, così come nel caso del Kosovo, dove ci sono più di 1500 persone rapite e scomparse. Ci sono ancora tombe di massa sconosciute dove sono stati nascosti i corpi uccisi. Il processo di ricerca e identificazione attraverso l’ADN è ancora più lungo senza la cooperazione delle autorità, quindi anche il dolore dei familiari è prolungato. Il lavoro della Commissione per le persone scomparse in Bosnia è ostacolato dai leader nazionalisti nella Repubblica Srpska, guidati da Dodik, che sta cercando di creare disordini in Bosnia e nella regione, incitando tensioni sotto le direttive della Russia e della Serbia, sfidando le autorità bosniache e il rappresentante internazionale. Non dimentichiamo che la Repubblica Srpska è un prodotto del genocidio serbo contro il popolo bosniaco ed è stato un compromesso per porre fine alla guerra sanguinosa che ha ucciso oltre 250.000 persone, nel cuore dell’Europa.

Il Tribunale penale internazionale per l’ex-Jugoslavia ha incriminato in totale 21 persone per i crimini commessi a Srebrenica, riconoscendo per molti di essi la fattispecie di “genocidio”. Le pongo una domanda scomoda: può esserci un parallelismo tra ciò che accadde allora nei Balcani e ciò che sta accadendo oggi a Gaza?

Penso che ogni crimine contro l’umanità, i crimini di guerra e il genocidio debbano essere puniti nei modi più severi. L’uccisione di persone innocenti ovunque esse siano è inaccettabile. In Bosnia, l’esercito dei serbi di Bosnia, supportato da Belgrado, sotto la follia del nazionalismo, ha massacrato i bosgnacchi, utilizzando anche tattiche disumane come la fame, la violenza sessuale contro donne e ragazze, torture, violazione della dignità umana e, alla fine, l’uccisione e la sparizione dei corpi. I responsabili di questo massacro sono molti più di quelli che sono stati condannati. Mentre a Gaza, abbiamo un popolo utilizzato come scudo da un’organizzazione terroristica come Hamas, che ha ucciso e massacrato innocenti il 7 ottobre. D’altra parte, la risposta militare di Israele ha portato alla distruzione totale delle possibilità di vita in quella terra. È una tragedia straordinaria, con le sue dimensioni più orribili, con migliaia di persone uccise e morenti, un macello con vittime innocenti. Penso che nessuna soluzione emergerà da questa situazione, né per Israele, né per i palestinesi. L’unica garanzia che producono le uccisioni è la garanzia della continuazione del sangue versato anche per le future generazioni. Spetta alla giustizia internazionale dare un nome a ciò che sta accadendo lì, ma due cose sono importanti: i palestinesi e gli arabi devono accettare il diritto storico dello stato di Israele di esistere in quella terra, così come gli israeliani devono accettare l’esistenza dei palestinesi e dare loro il proprio stato. È l’unica soluzione, che per sfortuna i due popoli sono stati più volte vicini a realizzare negli ultimi decenni, ma che è stata spazzata via dagli estremisti. Il fondamentalismo religioso ha seminato solo morte in questa regione.

Durante i fatti di Srebrenica, i 600 caschi blu dell’ONU e tre compagnie olandesi presenti in zona non intervennero: motivi e circostanze non sono ancora chiariti. Nel 2019 la Corte Suprema olandese decretò che i militari sono responsabili solo del 10% delle morti per mano serbo-bosniaca. Lei ritiene che si tratti di una sentenza giusta?

Innanzitutto, dobbiamo chiarire una cosa: non sono gli olandesi o le truppe dell’ONU responsabili dei crimini di Srebrenica, ma l’esercito dei Serbi di Bosnia supportato dalla Serbia. Ho visto che il governo olandese ha chiesto delle scuse e ha preso la responsabilità per non aver reagito con forza per proteggere i bosgnacchi. È una questione estremamente complessa secondo me, il modo in cui agiscono e ricevono ordini le truppe di pace e, nel caso specifico, la situazione è sfuggita di mano. Penso che ci sarebbe dovuta essere un’intervento più rapido da parte della comunità internazionale, come è successo con il Kosovo, dove è stato prevenuto il genocidio grazie all’intervento militare della NATO. Purtroppo, molti in Europa e negli USA pensavano che si sarebbe trovato un accordo con Milošević, hanno sottovalutato il nazionalismo serbo e sicuramente non hanno conosciuto la loro storia di comportamento verso altri popoli della regione, in particolare verso i centinaia di migliaia di albanesi che sono stati massacrati dal 1878, espulsi con la forza e derubati dei loro territori che oggi fanno parte dello stato serbo. La responsabilità dell’Europa in generale per proteggere il popolo bosgnacco è grande, non sarebbe dovuto passare attraverso le procedure lente dell’ONU, ma si doveva agire rapidamente e con decisione, attivando la NATO.

Nel 2015, in occasione del ventesimo anniversario di tale avvenimento, all’ONU fu proposta una bozza di risoluzione per condannare il massacro come genocidio. Tale risoluzione, però, non fu approvata a causa del veto della Russia. Oggi sono trascorsi 30 anni da allora: il fatto che nessuno più all’ONU sollevi un simile dibattito, è segno di debolezza del diritto umanitario e internazionale?

Purtroppo, il Consiglio di Sicurezza è un’istituzione in cui non c’è accordo e gli Stati membri, in particolare la Russia, hanno abusato del diritto di veto per proteggere crimini e Stati incriminati. Oggi, la Russia è uno Stato aggressore che sta compiendo massacri in Ucraina, che ha violato la sovranità di uno Stato indipendente e membro dell’ONU, infrangendo la Carta delle Nazioni Unite, ma ciò non impedisce loro di dare lezioni morali ad altri Stati. Questa è ipocrisia e testimonia una crisi profonda di questa organizzazione che, nonostante il buon lavoro che svolge a livello umanitario, a livello politico non è riuscita a fermare o controllare i conflitti nel mondo. Ora, mentre parliamo, la situazione è ancora più tesa nel Consiglio di Sicurezza con nuove guerre, e non ci si aspetta che venga approvata una risoluzione che condanni completamente il massacro di Srebrenica come genocidio. Nuove Srebrenice stanno accadendo nel mondo, e alcuni degli Stati più grandi e potenti dell’ONU sono “neutrali” riguardo ai crimini.

Molti analisti sostengono che quello di Srebrenica fu un evento che danneggiò irreparabilmente l’immagine delle Nazioni Unite, macchiò per sempre la leadership serbo-bosniaca e creò un precedente che sarebbe stato poi impedito dall’intervento militare della NATO, quello che infine ha liberato il Kosovo. Lei è d’accordo con questa visione?

Come ho detto prima, l’incapacità di intervenire in tempo per prevenire i crimini a Srebrenica, di fornire aiuti umanitari e di fermare la fame, mi fa venire in mente le terribili immagini di persone ridotte a pelle e ossa che stavano morendo di fame mentre i generali serbi impedivano l’ingresso degli aiuti umanitari. Questo è un vergogna e un fallimento terribile sia per le Nazioni Unite che per l’Europa, l’Unione Europea, l’OSCE e il Consiglio d’Europa. Anche nel caso del Kosovo, il Consiglio di Sicurezza non approvò la risoluzione per l’intervento militare della NATO, ma fu proprio questo intervento a porre fine alla guerra, prevenire il genocidio e oggi abbiamo la pace. Tuttavia, le Nazioni Unite sono riuscite successivamente a collaborare nel piano umanitario e nella costruzione dello Stato in Kosovo, e in generale è stato un successo.

Ma perché devono sempre accadere tragedie e crimini terribili affinché il mondo si svegli? L’incapacità delle istituzioni internazionali di agire, ma anche l’indifferenza dei popoli e dei cittadini di tutto il mondo, è spaventosa. Guardate oggi, c’è sensibilità per i palestinesi che sono visti come vittime, ma perché gli ucraini, che vengono massacrati dall’esercito russo, non sono visti come vittime? Perché si permette la fame in Yemen, o i massacri in Sudan, perché siamo indifferenti alla violenza finché non arriva sulla nostra porta? Le Nazioni Unite devono essere riformate e ritrovare la loro forza. Oggi gli Stati stanno cercando altre possibilità di protezione per garantire la loro esistenza, le armi nucleari sono una di esse. L’armamento nucleare e quello convenzionale mostrano il pericolo che non minaccia solo l’ordine globale, ma ognuno di noi. Oggi le risoluzioni dell’ONU non hanno impatto sul terreno, anche quando vengono approvate non vengono attuate, le richieste di fermare le guerre non sono sufficienti, servono punizioni, e sono gli Stati più grandi che possono rendere il mondo più pacifico o portarlo verso una catastrofe.

La storia raramente concede una seconda possibilità per fare giustizia, ma il Kosovo è stata l’occasione per i leader occidentali di lenire le loro coscienze profondamente macchiate dopo Srebrenica. Perché, secondo lei, non fanno nulla di decisivo adesso né per Kiev né per Gaza?

Sono completamente d’accordo con questa osservazione, il caso del Kosovo è quello di una giustizia fatta dalla comunità internazionale, è il caso dell’intervento rapido e della prevenzione del genocidio. Tuttavia, non dimentichiamo che anche in Kosovo sono state uccise più di 15.000 persone solo durante i due anni di guerra, ma per dieci anni il Kosovo ha vissuto in un apartheid, con gravi violazioni dei diritti umani, con centinaia di migliaia di cittadini uccisi, torturati e incarcerati. Senza entrare nella storia delle decadi precedenti. Forse se la tragedia della Bosnia non fosse accaduta, anche il Kosovo avrebbe affrontato un’azione più lenta. Il Kosovo è la voce della coscienza ferita, e la storia della giustizia e del successo di leader come Clinton e Blair, e degli Stati europei, inclusa l’Italia, ha fermato il massacro causato dal regime di Milošević e ha portato la pace nella regione dei Balcani. Penso che un intervento deciso da parte del presidente Trump insieme ad altri Stati avrebbe potuto fermare anche la guerra in Gaza e in Ucraina. Ma le vittorie, come dimostrato nel caso del Kosovo, arrivano dalla collaborazione, non dalla fomentazione di rivalità e dominazione, perché alla fine, come si vede, la maggior parte dei conflitti ha un impatto globale, e gli interessi degli Stati continuano a essere male calcolati. La pace è il dividendo più stabile./La Giustizia