Da Exit.al
Giornalisti che devono stare zitti, programmi che vengono censurati, sforzi per limitare il diritto di informazione, questa è la situazione della libertà di stampa in Albania messa sempre più in discussione dal Governo socialista. Martedì scorso i giornalisti albanesi hanno protestato per condannare le pressioni politiche ed economiche che ricevono a causa della cooperazione illegale del Governo con i più importanti uomini d’affari del Paese.
“La democrazia a rischio”, “i media non sono laboratori”, “AMA si è arresa” questi sono gli slogan gridati di fronte al Comune di Tirana da circa un centinaio di persone. Pochi giorni fa, famosi giornalisti del quotidiano Mapo e della televisione ABC, considerati vicini all’opposizione, hanno comunicato che non è stato firmato il rinnovo dei loro contratti.
I licenziamenti di giornalisti non sono casi isolati e indicano il segno dell’indebolimento del pluralismo dei media; sono il proseguimento di una serie di eventi preoccupanti che accadono diversi mesi prima delle elezioni parlamentari.
Nertila Marku è una degli organizzatori della protesta. Dalla posizione di attivista sociale critica i media, dicendo che “Non invitano alle loro trasmissioni gli esperti che sono in grado di spiegare le sfide politiche e sociali del Paese! Piuttosto invitano persone che non fanno altro che fare i complimenti al Governo per i suoi successi. Abbiamo bisogno di verità e non vogliamo più queste menzogne”.
“Edi Rama e Erion Veliaj sono i veri registi dell’informazione”.
In Albania i canali che trasmettono le notizie sono numerosi e, negli ultimi anni, sono stati imposti ai cittadini come strumento essenziale della vita politica; sono sempre presenti e molto seguite nei bar, ristoranti e negozi.
Ma in questo flusso inarrestabile di immagini e temi, è difficile trovare delle voci oggettive e non di parte. La maggior parte dei media privati sono in realtà di proprietà di imprenditori influenti. Da un po’ di tempo molte persone sono preoccupate per la vicinanza di questi “oligarchi” con i leader politici attuali. Nertila, che era stata precedentemente attiva contro l’ultimo Governo, è sicura di questo fatto e dichiara: “E’ peggio che al tempo di Berisha. Quello era solo un batterio che è diventato un vero e proprio virus. Dobbiamo reagire!”
Il Governo socialista ha motivo di preoccuparsi del lavoro dei giornalisti? Dalla fine del 2015 non si può fare a meno di notare come il Governo abbia lanciato un attacco per “incorniciare” la libertà di espressione e di informazione, cercando di criminalizzare le dichiarazioni offensive nei confronti di funzionari, cercando di mettere pene severe per gli autori e per i siti che ospitano questi commenti, proponendo sanzioni per i giornalisti investigativi e per le “influenze illegali”, presentando una proposta di legge in cui le pagine informative presenti in rete debbano essere sottoposte ad un’autorizzazione obbligatoria del governo, etc.
Tutte le misure sopra citate non sono riuscite ad essere implementate con successo a causa delle critiche che hanno sollevato. Il Governo socialista si sta ora rivolgendo ad altri strumenti che utilizzano la sua influenza sui proprietari dei diversi canali.
Impegnato da molti anni in movimenti della società civile, Sazan Guri spiega: “Il Primo Ministro e il Sindaco di Tirana interferiscono sistematicamente nel funzionamento dei mezzi di comunicazione. Infine, hanno chiaramente fatto pressione all’AMA affinché i giornalisti perdessero il loro posto. Essi influenzano direttamente il contenuto e l’organizzazione dei programmi”.
Non lontano da qui, di fronte all’AMA, Aulon Kalaja, giornalista per un canale televisivo privato, mobilita la folla e dichiara che “a partire dal 2013, circa 20 programmi e molti canali sono stati chiusi, giornalisti noti e rispettati per la loro professionalità hanno perso il lavoro. Non vogliamo che altri facciano la stessa fine”.
Per Aulon la democrazia albanese è in pericolo perché “i due leader principali delle informazioni sono Edi Rama e Erion Veliaj”, rispettivamente, il Primo Ministro albanese, e il Sindaco di Tirana.
“L’informazione libera non è altro che un’illusione”.
Lo scorso settembre, il giornalista Artan Rama ha pagato sulla sua pelle questo nuovo approccio editoriale. E’ stato licenziato dalla televisione Vizion Plus per aver tentato di mandare in onda un suo reportage sulla gestione dei rifiuti a Tirana, a seguito della morte in discarica di un giovane di diciassette anni avvenuta quest’estate. Dopo la censura e il divieto di trasmissione di quel servizio, i dirigenti della televisione Vision Plus, proprietari anche di un’impresa di costruzione, sono stati premiati ricevendo un contratto per la costruzione di un edificio pubblico nella capitale.
In seguito al suo licenziamento, Artan Rama ha denunciato il funzionamento dei media albanesi dichiarando che: “la mancanza di trasparenza e la corruzione delle élite politiche servono agli oligarchi che usano i media per proteggere i loro interessi. L’informazione libera non è solo un’illusione ma è anche lo strumento di una nuova demagogia”.
Più che la censura, è la crescita dell’auto-censura che affligge. Mentre nei media principali fino a ieri era in atto una divisione netta tra “una piccola elité di noti giornalisti e un gran numero di giornalisti in balia dei pochi ma noti”, ora la maggior parte di loro tacciono come “servi dei servi”. Mettendo da parte l’etica professionale, sono costretti a mettersi a servizio degli interessi dei gestori e dei proprietari dei canali televisivi. “La libertà di espressione sta morendo in Albania”, osserva amaramente Sazan Guri.
Le vittime di questa auto-censura sono sempre di piu’, e oggi molti giornalisti si sentono impotenti. In decine di procedimenti legali per licenziamento senza giusta causa, pochi sono riusciti ad avere successo poiché combattono una battaglia contro editori che sono molto potenti, e neanche le associazioni di giornalisti riescono ad avere peso, perché sono diventate gruppi di interesse che, invece di difendere le verità della libertà di informazione e di espressione, non fanno altro che proteggere la posizione di alcuni. Aulon Kalaja denuncia anche “evidenti conflitti di interesse” nel funzionamento della principale associazione di giornalisti, il cui presidente è il fratello di uno dei principali leader della Polizia di Stato.
Gli organizzatori della protesta stanno pensando di adottare nuovi strumenti per preservare il pluralismo e la libertà dei giornalisti. Un’associazione contro la censura verrà creata al più presto. Ma essa sarà in grado di resistere alle pressioni politiche degli oligarchi albanesi?
C’è un muro che separa i manifestanti dai leader, e il tempo in cui Edi Rama e Erion Veliaj militavano all’unisono con la società civile per una società più trasparente e democratica sembra molto lontano.
Il rapporto, pubblicato con il permesso dell’autore, è stato originariamente pubblicato sul Courrier des Balkans.