Di KATIA PISANI
Sotto la pressione del governo italiano e in attesa dell’entrata in vigore delle nuove modifiche legislative per il settore dei call center, le grandi compagnie italiane hanno iniziato a ridurre i contratti in Albania. Telecom Italia Mobile (TIM), la piattaforma televisiva a pagamento Sky e Fastweb (fibra ottica), che hanno sotto contratto gli operatori albanesi per i servizi di call center, si stanno gradualmente ritirando.
Contattato dalla rivista Monitor, Diego Pisa, direttore di Teleperformance per l’Albania, che lavora con TIM, ha ammesso che proprio la TIM ha ridotto il numero di servizi che prende dall’Albania, pur se questo sia stato fatto passare come una scelta della stessa compagnia telefonica italiana. Pisa ha, comunque rifiutato di commentare se Teleperformance ha fatto riduzioni di personale per assorbire l’effetto del nuovo provvedimento legislativo.
Agroh Shehaj, della Intecome Data Service (IDS), il più grande operatore di call center in Albania in base al numero di dipendenti, dice che, per il momento, non si sente alcun effetto, ma nel mercato generale si sono cominciate a sentire le conseguenze. Alcune compagnie stanno chiudendo le campagne dall’Italia (Fastweb, Sky, TIM), mentre alcuni operatori albanesi hanno paura.
Nel mese di aprile entra in vigore la nuova legge italiana sulla delocalizzazione, approvata dal governo nel dicembre dello scorso anno e che ha lo scopo di rafforzare le misure contro il fenomeno del “dumping” nel settore dei callcenter, che ha portato ad una crisi dell’occupazione e ad un calo costante del margine di profitto in Italia, poiché una gran parte del lavoro viene trasferito in Albania, dove c’è vantaggio in termini di costo del lavoro e di conoscenza della lingua italiana.
Sono previste sanzioni fino a 150.000 euro per le violazioni alla legge, ad esempio la mancata dichiarazione all’utente del luogo di origine delle chiamate effettuate, la mancata protezione dei dati sensibili, mancata comunicazione della delocalizzazione all’estero, mancata dichiarazione del numero dei dipendenti, il trasferimento dei dipendenti etc. Ad esempio, se l’utente non viene informato del Paese dal quale è fatta la chiamata, è prevista una sanzione amministrativa di 50.000 euro per ogni giorno di violazione della legge, indipendentemente dal numero di chiamate “irregolari”.
Anche il Consiglio Albanese degli Investimenti, in un recente rapporto sulla forza lavoro qualificata e le opportunità di investimento nel settore dell’outsourcing, ha ammesso che “l’Italia ha investimenti esistenti nel Paese, concentrati nel settore dei call center, ma a causa dell’insicurezza creata dal cambiamento di legge per questo settore, c’è un congelamento / contrazione del settore”.
Ines Muçostepa, Direttore Esecutivo dell’Unione delle Camere di Commercio e Direttore di Alba Call, il più grande operatore call center in Albania secondo il fatturato annuo, ha affermato che la compagnia ha completato in tempo tutta la documentazione richiesta in Italia. Ora comincia l’applicazione della nuova procedura. Muçostepa aggiunge che, dopo l’entrata in vigore della nuova legge, probabilmente il settore outbound (chiamate in uscita) sarà ridotto. Nonostante questo, si ritiene ottimista circa i nuovi contratti.
Ma Agron Shehaj della IDS dice che, oltre ai vincoli della legge, c’è anche molta pressione da parte del governo italiano sulle stesse aziende italiane che portano posti di lavoro in Albania.
Poco tempo fa, il Ministro dello Sviluppo Economico italiano Carlo Calenda ha detto che è pronto a convocare i rappresentanti delle principali società italiane di telecomunicazioni, dell’energia, banche, assicurazioni e pay-TV per firmare un accordo di cooperazione che le impegni ad un ritorno in Italia del 100% dei loro servizi di call center. Si tratta di quelle aziende che utilizzano questo servizio per l’esecuzione dei contratti all’estero e il governo italiano ha espresso la sua disponibilità a investimenti che abbiano l’obiettivo di far tornare i call center in Italia, creando 20.000 posti di lavoro.
Solo in Albania si stimano 25.000 dipendenti nel settore del call center ripartiti su 804 aziende. Negli ultimi dieci anni, l’Albania è stata una calamita per i servizi di outsourcing dall’ Italia, grazie ai salari molto più bassi e ad una buona conoscenza della lingua italiana da parte dei giovani.
Al contrario, l’Italia ha visto una riduzione dei posti di lavoro in questo settore. Per ogni nuovo posto aperto in Albania, se ne perdeva uno in Italia.
Solo nel mese di dicembre, Almaviva, il più grande operatore italiano di call center, ha chiuso la filiale di Roma, licenziando circa 1.700 dipendenti. I quali hanno ripetutamente protestato e il governo italiano è stato costretto a sovvenzionare la perdita di posti di lavoro, anche in considerazione del grande impatto che ha avuto la questione.
Tra l’altro, gli italiani che lavorano nei call center sono circa 80.000, di cui circa 30.000 proprio con Almaviva. Si è appreso che la società aveva mostrato interesse per l’Albania agli inizi dello scorso anno, preferendola ad altri Paesi della regione balcanica per i vantaggi derivanti dal basso costo del lavoro e dalla diffusa conoscenza dell’italiano. Non è, però, noto il motivo per cui la società abbia deciso di non entrare nel mercato albanese, mentre ora è chiaro che una delle principali pressioni è quella affinché i contratti tornino definitivamente in Italia, mettendo a repentaglio migliaia di posti di lavoro in Albania.
Traduzione dal seguente link originale albanese: http://www.monitor.al/fillon-kriza-e-call-center-tim-sky-fastweb-reduktojne-kontratat-ne-shqiperi/
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