Città Patrimonio Unesco, un mare selvaggio dove sentirsi ancora pionieri, e una vacanza da vivere senza stress. Tutto quello che bisogna sapere per andarci
Un gruppetto di chiassose signore sulla settantina è in fila nel bagno di un caffè di Porto Palermo, una piccola località balneare a pochi chilometri da Himara. Con un accento tipicamente torinese, ingannando l’attesa, elencano ad alta voce le sorprese del loro viaggio nel cosiddetto «Paese delle Aquile».
In sostanza, per riassumere le più eclatanti, fino a quel momento sono state cinque. Tirana si raggiunge in meno di due ore di volo dall’Italia. In Albania, tutti o quasi, parlano piuttosto bene l’italiano.
Ovunque si mangia benissimo e si spende poco (sicuramente meno che nel Belpaese). Il mare è bello come quello della Grecia (ma, per favore, non ditelo ai greci!). La gente è sempre ospitale e ben disposta tanto che, basta scambiare qualche parola, e scatta subito l’immancabile tormentone Italia-Albania «una faccia, una razza».
Lasciata alle spalle l’epoca dell’immigrazione albanese successiva alla caduta della Repubblica Popolare Socialista d’Albania (nel 1991), già da tempo archiviata e poi superata dal recente fenomeno dell’emigrazione di ritorno, ai pregiudizi si è sostituita la curiosità. Vale la pena, quindi, di metterla alla prova.
TIRANA. 50 SFUMATURE, MA NON (PIU’) DI GRIGIO
Giovane e intraprendente come il suo fascinoso sindaco Erion Veliaj, la capitale è il motore del cambiamento che sta contagiando il resto del Paese. Con oltre cento cantieri aperti in centro città, parchi gioco inaugurati nelle periferie, nuove aree verdi che rubano spazio al cemento, l’apertura pedonale dell’immensa piazza Skanderbeg, la trasformazione dell’antico bazar alimentare Pazari i Ri in una sorta di Boqueria in miniatura e l’ex bunker antiatomico di Tirana riadattato a Bunk’Art, un contenitore di mostre storiche sul periodo comunista ed esposizioni d’arte contemporanea, Tirana è una città interessante da visitare e (soprattutto) da vivere.