Di Carloalberto Rossi, Exit.al
Il giorno 18 dicembre 2017 potra’ essere ricordato nei libri di storia albanese come il giorno in cui Edi Rama rompe gli indugi, dichiara morta la zoppicante Repubblica costituzionale dell’epoca della transizione post comunista, e si fa proclamare dal parlamento come capo indiscusso dell’Albania.
Dopo il volatile Principato di Wied, la traballante Repubblica di Fan Noli e di Ahmet Zogu, il regno fantoccio dell’autoproclamato Re Zog, il regno d’importazione di Vittorio Emanuele III, l’autoctona Repubblica Popolare Socialista di Enver Hoxha, e’ finita anche la Repubblica costituzionale e democratica della Transizione, terza in ordine di successione, seconda per durata dopo la Repubblica Popolare Socialista, ed una nuova forma di stato e di governo si appresta a dominare questo infelice paese.
Il titolo esatto con cui l’incontrastato Edi Rama reggera’ le sorti del paese lo dira’ la storia, ma il piu’ probabile e’ quello di “Sultano Estetico, Re delle Palme, Signore delle Menzogne, Gran Delusore dei Credenti” oppure quello piu’ semplice di “Signore di se medesimo, Califfo di Surrel, Papa dei Balcani, Gran Patriarca dell’Illiria”.
Il modo con cui reggera’ il paese e’ invece assai chiaro fin da oggi, installazioni al posto delle infrastrutture, propaganda al posto del lavoro, editti invece che leggi, piattaforme informatiche al posto dei ministeri, giullari invece che consiglieri, mostre pittoriche invece che diplomazia, concerti al posto dei comizi, droghe invece che pane.
La sua Guardia sara’ di valchirie pronte al sacrificio, come quella di Gheddafi, ma non avra’ un esercito e nemmeno una polizia, perche’ per la prima volta al mondo, il suo regno non avra’ cittadini e nemmeno sudditi, cosi’ non servira’ nessuna polizia per tenere l’ordine. Tutte le donne del paese avranno il titolo di Ministro, mentre gli uomini saranno tutti in emigrazione, oppure al bar. Il loro posto sara’ occupato da stuoli di artisti falliti, di bellicosi ex premier e qualche miliardario annoiato.
Qualcosa di simile e’ gia’ avvenuto il giorno 1 settembre 1928 con la autoproclamazione a Re di Ahmet Zogu, fino a quel momento Presidente della Repubblica. Anche allora la storia fini’ con nani e ballerine, cortigiani e finanziamenti esteri mai restituiti, pagliacciate di corte e bassa demagogia, per culminare nell’intervento italiano del 7 aprile 1939 (in realta’ una grande operazione di recupero crediti internazionale), con Zog in fuga con quello che restava della cassa, e Mujo Ulcinaku come idiota a sparare contro l’unico futuro possibile.
Ma allora quasi tutta l’Europa marciava al comando dei rispettivi dittatori, e un montanaro autoproclamato Re non imbarazzava nessuno, anzi l’Italia fascista lo trovo’ perfino comodo, comperarne uno solo costava molto meno che doverli convincere tutti. E trovo’ conveniente pure investire un mare di soldi (in soli quattro anni l’equivalente di dieci anni di GDP di oggi) e fare un po’ di ordine e di leggi per le sue fregole imperiali.
Tante chiacchiere, Guerra alla Grecia, Grande Albania, il Difensore della Cristianita’, poi siamo finiti tutti a mollo; agli albanesi e’ toccato il socialismo e il mito di Mujo Ulcinaku, agli italiani, come sempre piu’ fortunati, la Democrazia Cristiana e il mito americano.
Invece oggi l’Italia non ha piu’ una lira, e nemmeno ha piu’ sogni imperiali e, dominata com’e’ dal pensiero debole, preferisce dormire annoiata, e corrompersi a casa sua.
Bisogna che qualcuno avverta il Sultano: senza il Fascismo in Italia, non ce la puo’ fare.