Sabato 3 febbraio si presenta la lista Più Europa con Emma Bonino a Roma. E’ la prima volta che sono candidato a qualcosa con un simbolo che include il nome di Emma Bonino. Eppure, per quanto pannelliano convinto da una 30ina d’anni, il mio viaggio in politica iniziò con la lettera qui sotto a lei indirizzata 24 anni fa.
E’ un po’ lunga ma dice tante cose su molto e, spero, a molti nel merito e nel metodo.
L’intitolerei “il mio bilancio con la politica è in pareggio” ma siccome son candidato per le prossime elezioni, diciamo che non sarebbe “intellettualmente onesto” 😉
Leggi, fai leggere oggi (o quando ti capita) quanto qui sotto e vota e fai votare il 4 marzo Più Europa con Emma Bonino
Firenze, 5 gennaio 1994
Gentile segretaria Emma Bonino,
mi chiamo Marco Perduca, ho 26 anni, e anche per il 1994 mi sono iscritto al Partito Radicale con la quota di mille lire al giorno, assai meno di un caffè perlomeno qui a Firenze. Vari sono i motivi che mi hanno fatto scrivere questa lettera che spero possa trovare il tempo di leggere prima o poi. Primo fra tutti un sentito ringraziamento per avermi fatto spendere bene i miei soldi l’anno scorso, 365.000 lire per uno studente che lavora solo saltuariamente sono una cifra che si fa sentire.
Potrà forse sembrare un po’ troppo “economico” come primo motivo, ma è proprio nell’ottica dell’investimento per il futuro perché nel gennaio scorso mi sono iscritto, per la prima volta nella mia vita, ad un partito politico. Un investimento per il diritto alla vita e la vita del diritto, mai slogan mi è sembrato più appropriato, un investimento che ha fatto sì che si sia potuta istituire una lega per l’abolizione della pena di morte; che ha permesso l’istituzione di un tribunale ad hoc per i delitti commessi durante la guerra nella ex Jugoslavia; un investimento che porterà a un dibattito internazionale per l’istituzione di un tribunale internazionale permanente che si occupi delle violazioni dei diritti umani e civili in tutto il mondo, e forse all’inizio di una revisione in senso democratico dell’ONU.
E’ inutile ricordare proprio a Lei i programmi e gli obiettivi del PR, ma scriverli mi aiuta a ricordarmeli e a farmi riflettere maggiormente sulla loro importanza.
Oltre alle già ricordate ragioni economiche, ve ne sono altre di tipo diverso. Vorrei sapere, per esempio, se esiste già una campagna iscrizioni negli Stati Uniti. Il quarto progetto, che non ho ricordato poco sopra, e cioè l’antiproibizionismo, non può essere affrontato, come del resto gli altri, senza una sensibilizzazione del governo e dell’opinione pubblica statunitense.
Mi sembrerebbe strano, e forse anche poco radicale, non interessarsi in questo senso; a tale proposito allego un articolo di Gore Vidal che potrebbe lasciar ben sperare per un contatto in questa direzione. All’intellettuale democratico si potrebbe aggiungere alcuni suoi amici come il regista attore Tim Robbins (spero che abbia avuto l’occasione di vedere il film “Bob Roberts”, una satira su una politica populistico-demagogica che si sta affacciando, in questi giorni, anche da noi) a sua moglie Susan Sarandon, ex femminista; al cantautore Jackson Brown, noto per essere piuttosto a sinistra per essere un americano e a molti altri personaggi pubblici: filosofi come gruppi di musica pop.
Il mio interesse verso gli Usa deriva sia dal fatto che mi sono laureato lo scorso novembre in letteratura nordamericana contemporanea, sia dalla mia personale esperienza di studente in un college del New Jersey. Durante il mio soggiorno nel semestre autunnale 1992, quello delle presidenziali che hanno visto vincere Clinton, in un’università notoriamente “leftist”, ho assistito a diversi avvenimenti interessanti: ho partecipato anche se non attivamente ad un referendum proposto da un gruppo più o meno politico che portava avanti istanze di tipo ambientalista; ho letto di studenti che occupando sono stati messi in galera per due giorni, perché la legge, con la quale si può essere d’accordo o meno, viene fatta rispettare puntualmente; e frequentando intellettuali e scrittori contemporanei mi sono accorto come i cosiddetti americani poco si distanzino da noi cosiddetti europei, e che certe loro posizioni di tipo democratico, che qui si danno per scontate, là implicano tutta una serie di rischi aggiuntivi che noi non immaginiamo nemmeno.
Un soggiorno durante il quale mi sono accorto come l’antiproibizionismo (negli Usa non si può bere in locali pubblici o per la strada se non si hanno 21 anni), che era presente tra l’altro nel programma della campagna presidenziale del candidato del partito liberale, sia un’idea piuttosto diffusa specialmente tra i più giovani che hanno quasi sostituito lo spinello alla sigaretta.
Le campagne sulla pena di morte e quelle relative alla legalizzazione delle droghe, e dalla conseguente regolamentazione del loro commercio, sono due immanenze della società americana insieme all’AIDS. Malgrado la percentuale dei morti ammazzati sia scesa nel corso dello scorso anno, misera soddisfazione parlando di vite umane, il numero dei crimini e microcrimini legati allo spaccio è in largo aumento, soprattutto fra gli adolescenti. L’inutilità della pena di morte come deterrente contro la delinquenza, e le politiche proibizioniste di Reagan, Bush e purtroppo anche Clinton, per il momento, non fanno altro che peggiorare da un lato la situazione, rendendo insicuri praticamente tutti i quartieri delle città degli Usa, e dall’altro provocano la richiesta di uno stato forte di polizia che sorvegli e pattugli giorno e notte le strade delle città.
Considerando tutti questi fattori, e tenendo sempre in mente che il PR è transnazionale, ancor prima che transpartito, mi sembra quindi quasi obbligatoria una diversa o più intensa campagna di iscrizioni negli Stati Uniti. Una campagna che potrebbe portare non solo maggiori entrate nelle povere casse del partito, ma che potrebbe consentire quel salto di “notorietà”, strana parola a proposito della politica, ma necessaria nel villaggio globale della cattiva informazione, che sicuramente stanerebbe gli oppositori dei diritti umani e civili e, senza scadere nell’opposizione buoni-cattivi, farebbe diventare il dibattito veramente globale e non solo trans-nazionale.
Proprio a proposito dell’informazione mi piacerebbe che una volta per tutte si sottolineasse, o che si costringessero i mezzi di comunicazione di massa, o tutti i parlamentari italiani iscritti a farlo, la differenza tra il Partito Radicale e la Lista Pannella. Da iscritto, e neo militante della lista, ho cominciato in questi giorni ad aiutare il gruppo di Firenze a raccogliere le firme per i 13 referendum, mi sto rendendo conto che uno dei fattori più controproducenti per la campagna di iscrizioni sia questo identificare i programmi del PR con le istanze di carattere nazionale portate avanti dai Club Pannella per il Partito Democratico, che per altro condivido in pieno. Invitare gli iscritti più famosi, dai politici alle personalità dello spettacolo, a contribuire non solo economicamente, ma anche contro la cattivissima informazione che viene fatta a proposito del Partito Radicale, di “Hands Off Cain”, del tribunale internazionale, dell’antiproibizionismo, della tutela dei diritti umani e civili in parti del mondo che molti, spesso, non conoscono o ricordano, malgrado esse siano geograficamente molto vicine; della garanzia di esistenza di un diritto che non conosca confini e che sia la base di tutti gli stati e di tutte le nazioni. Se così fosse, non sarebbe necessario, ogni anno, arrampicarsi sugli specchi per riuscire a trovare i soldi necessari perché alcuni volenterosi si possano impegnare per altri meno fortunati. In una tale situazione di informazione, corretta e diffusa, il Papa stesso si iscriverebbe e parlerebbe delle assurdità dell’esistenza della pena di morte, che la Chiesa ancora oggi non esclude, e si batterebbe perché i bambini che nascono a ritmi sempre più incalzanti nel sud del mondo, possano avere un futuro, e non solo pochi anni di indigenza ( quei bambini che l’Unicef ha sempre cercato di aiutare e che ora, perché finalmente si è dichiarato in favore del controllo delle nascite, non escludendo l’aborto, hanno perso ogni appoggio da parte del Vaticano).
Un altro motivo di questa mia lettera, forse eccessivamente lunga, riguarda la richiesta di informazioni riguardo l’apprendimento dell’esperanto. Malgrado abbia totalizzato un punteggio bassissimo nel volantino che mi è stato dato da quelli dell’ERA, mi interessa molto questa lunga inventata (sono attualmente iscritto alla facoltà “Cesare Alfieri” di Firenze, ma non rinnego il mio passato da “linguista”). La necessità di una lingua franca, la vera e unica – perché inventata da un uomo e non frutto di una tradizione particolare – non è sotto gli occhi di tutti, perché come sempre, dicono “tutti”, ci sono cose importanti a cui pensare, che non ad una lingua inventata e tutta da scoprire. Per un’affinità elettiva, che mi ha avvicinato ai Radicali da alcuni anni, credo fermamente che l’esperanto possa essere un’ulteriore occasione di una politica estera finalmente europeista, finalmente mondialista, finalmente alinea da miopi localismi nazionalistici.
Concludo con un augurio di buon lavoro per questo 1994 che ancora una volta sarà scandito dal grande impegno, dalla scarsa informazione e dai piccoli e grandi risultati del PR. Un saluto