Home Approccio Italo Albanese Sette messaggi dalle elezioni italiane alla politica albanese

Sette messaggi dalle elezioni italiane alla politica albanese

Di Carlo Alberto Rossi

Le elezioni parlamentari italiane si sono appena celebrate, e il risultato che si profila e’ assai incerto. I dati salienti sono tre: la scomparsa della sinistra estrema e il contemporaneo crollo della finta sinistra del PD di Renzi, l’indubbia affermazione dei movimenti piu’ alternativi come M5S e Lega, e il ribaltamento dei rapporti di forza all’interno del centrodestra.

Il combinato disposto di questi tre fatti lascia la situazione molto confusa, con una difficilissima individuazione di una maggioranza che possa governare, apparentemente ristretta a due opzioni fino a ieri non molto considerate: una coalizione M5S e Lega (gia’ oggi smentita da Salvini) e una tra M5S, PD e LeU (che invece comporta una gestazione politica molto complessa e presumibilmente mortale per la sinistra). Una terza soluzione, non molto credibile, potrebbe uscire dal Centrodestra rinforzato da vari fuoriusciti degli altri schieramenti.

Ma, a prescindere dalle possibili maggioranze che potranno governare l’Italia, dal voto di ieri si possono ricavare alcuni insegnamenti che potrebbero rivelarsi utili anche per la politica albanese, che spesso copia con qualche ritardo quella italiana.

  • Quando una situazione politica e’ matura, prima o poi accade comunque

La situazione politica italiana da molti anni cercava di nascondere una crisi profonda nel rapporto tra partiti e cittadini, i cui effetti sono stati rinviati con una serie di trucchi politici, ma senza mai entrare alla radice dei problemi. Questo tipo di strategia finisce per ingigantire i problemi fino a renderli ingestibili in corrispondenza di un momento difficile dell’economia o della societa’, con costi finali molto superiori.

  • L’arroganza politica alla lunga non paga mai

La leadership di Renzi e’ stata molto simile a quella di Rama, con un approccio molto arrogante nei confronti delle opposizioni, sia interne che esterne, con il risultato finale che il consenso e’ crollato di schianto. Una dialettica arrogante non supportata dai fatti e dalla risoluzione dei problemi sociali finisce sempre per inasprire la confrontazione limitando gli spazi per la politica e la trattativa.

  • Governare non e’ come gestire una NGO

Da quando e’ arrivato a Palazzo Chigi, Matteo Renzi ha privilegiato gli annunci ad effetto e la comunicazione intensa e continua con i media e gli elettori, dedicando molto poca attenzione alla soluzione dei problemi della gente e del paese. Se creare ottimismo e fiducia e’ assai utile nel breve periodo, non e’ sufficiente nel medio e nel lungo periodo in mancanza di veri risultati, cosi’ come aver speso tutti i soldi di un budget non significa affatto di avere risolto qualcosa.

  • Ascoltare il paese e la sua situazione economica e sociale e’ indispensabile

Sia Renzi che Rama hanno una particolare predisposizione a sommergere dialetticamente gli interlocutori piu’ critici, eventualmente ridicolizzandoli, per spostare l’attenzione del pubblico dai problemi veri. Ascoltare il paese e saper comprendere i suoi problemi veri, per poi proporre e implementare delle soluzioni, e’ il vero senso della politica. Perdere il contatto con la realta’ e’ il rischio piu’ probabile per chi ha successo in politica

  • La fine del politicamente corretto di una sinistra diventata edonista e ipercapitalista

Una tendenza gia’ evidenziata con la vittoria di Trump mostra come le sinistre post crollo del muro si siano distratte sempre di piu’ dai temi storici della sinistra socialista e si siano allontanate gradualmente dai problemi della loro base tradizionale, rinnegando le basi ideologiche, ma perdendo al contempo la capacita’ di essere solidali con quella gran parte della popolazione esclusa, anzi travolta, dagli effetti di globalizzazione e iperfinaziarizzazione dell’economia mondiale, lasciando cosi’ alle forze cosiddette “populiste”, ma in realta’ semplicemente “popolari”, la rappresentanza dei ceti popolari.

  • Crepe nella costruzione europea, le elezioni non si vincono a Bruxelles

I desiderata della superburocrazia europea, e i vincoli dei trattati europei sono stati per anni giustificazione e alibi di molte scelte impopolari di politica economica, salvo scoprire che in molti altri aspetti (vedi ad esempio la questione banche venete) gli accordi venivano tranquillamente ignorati in tacito accordo con Bruxelles, ma i partiti che hanno realmente guadagnato consenso (M5S e Lega) non sembrano accettare questo tipo di sottomissioni asimmetriche, cosa che creera’ molti stress negli ambienti europei; questa scelta, che potrebbe creare veri e gravi problemi alla stabilita’ della costruzione europea, dimostra che certi consensi di Bruxelles non sostituiscono il consenso dell’elettorato.

  • Liquidare il dissenso e le critiche con le accuse di populismo o di fascismo non risolve

Per mesi il clima politico italiano e’ stato inquinato del termine “populista” appiccicato indiscrimantamente a tutti quelli che non erano d’accordo con la sinistra politicamente corretta, mentre la drammatizzazione di alcuni fatti di cronaca rievocava i fantasmi del fascismo, agitati ad arte in chiave elettorale, ma adesso quelle forze tanto stigmatizzate hanno fatto bottino del consenso dell’elettorato, mentre gli stizziti campioni dell’antifascismo militante sono stati bastonati a dovere, con cali di consenso a dir poco sorprendenti. L’uso di vecchi slogan e di vecchie “conventio ad escludendum” non ha piu’ presa sulla gente, esasperata da burocrazia, tasse e disoccupazione.

Chissa’ se qualcuno in Albania fara’ tesoro di questi insegnamenti prodotti dalle elezioni italiane . . .

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