Il rischio di una Economia bipolare fra sopravvivenza e grandi concentrazioni
Di Alessandro Zorgniotti
Passeggiando per Tirana, dal centro alla periferia, non passano inosservati i chioschi, il rifiorire di un fenomeno che si pensava relegato a una fase storica immediatamente post-regime comunista di autoimpiego, praticamente di arte di autoarrangiarsi contro la disoccupazione galoppante dei primi anni Novanta. Invece no: pur in un contesto di maggiore qualificazione urbana, il chiosco sta tornando di moda assumendo le fattezze di un micro-mini-market.
Aggiungiamo noi: non potrebbe essere diversamente. I dati relativi alla disoccupazione ufficiale dell’Albania, sia generale che giovanile, si spiegano solo con il boom del lavoro sommerso e con la tendenza a ritornare massicciamente a forme di autoimpiego. Del resto, il livello della soglia di fatturato annuo, che abilita alla no tax area e quindi alla tassazione diretta zero (con il solo assoggettamento ai contributi sociali trimestrali, 160 euro ogni tre mesi), e l’abbassamento della soglia di volume d’affari che fa scattare l’obbligo contabile IVA, portano i cittadini, in età da lavoro, o a rifugiarsi nell’economia informale o a frazionare le proprie attività in settori destinati a procurare un modesto incasso unitario, come appunto i chioschi.
E non potrebbe essere diversamente, lo ribadiamo, per il livello di oppressione fiscale, burocratica e di controlli statali che stanno perseguitando soprattutto quelle strutture aziendali intermedie fra il classico piccolo chiosco e il grande Gruppo. Oramai è diventata una triste consuetudine imbattersi in esercizi commerciali tipo bar dichiarati chiusi dallo Stato e dalla polizia fiscale per irregolarità formali legate agli scontrini fiscali ai clienti. Chiaramente una simile tendenza penalizzerà sempre di più le attività indipendenti e si limiterà a far girare nell’economia interna Albanese i soldi che già ci sono, perché questa è l’economia reale dei chioschi e dell’autoimpiego.
Il solo passaggio per tornare a una Economia che porti capitali freschi all’Albania è quello verso la tutela della media impresa, quella cioè in grado di essere flessibile come la piccola e di mobilitare nuovi investimenti e posti di lavoro come la grande.
Ci permettiamo un piccolo suggerimento ai “navigatori” del Governo: la tutela delle piccole e medie imprese potrà anche passare da un ministero a loro dedicato, ma passa anche e soprattutto da politiche fiscali che smettano di essere punitive e oppressive e che incentivino il lavoratore individuale e il piccolissimo imprenditore a diventare un po’ più grande. Per intenderci: la felice idea di abbassare l’IVA sui prodotti agricoli per gli agricoltori che si mettano in associazione potrebbe essere estesa, dal punto di vista delle imposte dirette e indirette e dei minori controlli fiscali, al mondo del commercio.
Smetteremo così, forse, di vedere serrande che si abbassano e rincorse illusionistiche verso i grandi centri commerciali che tolgono vita ai cuori urbani delle città.