Quanto fatto da Tirana, con il Ministro incaricato Pandeli Majko e con la recente legge da poco approvata, può servire anche al nuovo Esecutivo di Roma per reintrodurre un Dicastero per gli Italiani all’estero: spesso dimenticati e nel 2016 attaccati pure dall’ex ministro Poletti.
Redazionale
La Diaspora, vale a dire la vocazione a emigrare e la presenza nel mondo, sia più recente che storica, di comunità originarie di un determinato Paese, se gestita nel contesto di una politica legislativa e governativa in grado di allacciare e tenere le giuste e doverose relazioni diplomatiche, economiche e socio-culturali, può essere un patrimonio sia per gli Stati di adozione che per quello di origine e può pertanto contribuire a una crescita morale e materiale per entrambe le parti.
Ne è convinto il Governo di Tirana che un anno fa ha istituito un Dicastero specifico, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di Tirana, dedicato alla Diaspora, affidandolo al Deputato socialista Pandeli Majko, Premier di Albania nella seconda parte degli anni Novanta e figura autorevole e riconosciuta nel Mondo per il contributo di pace e umanitario promosso durante il conflitto nel Kosovo.
E di questo si è convinto anche il Parlamento albanese che infatti, con un recente voto condiviso, ha trasformato in legge la proposta del Ministro Majko di mettere a disposizione delle Politiche per la Diaspora una serie di strumenti economici, finanziari e giuridici, in grado di rendere permanenti, andando oltre la durata dei singoli Governi, le relazioni fra le Istituzioni di Tirana e le Comunità Albanesi nel Mondo, con effetti positivi sullo sviluppo socio-economico di entrambi i versanti.
I legami con la Diaspora assumono quindi forza di legge e diventano patrimonio indipendente dalle congiunture politiche del momento, entrando stabilmente nelle politiche Statali. Per arrivare a questo risultato, il Ministro Majko è stato protagonista, questi primi dieci mesi del proprio incarico di governo, di numerose missioni nel Mondo e in particolare presso le Regioni italiane – ultima in ordine di tempo il Molise ricevuto proprio nei giorni scorsi a Tirana – che vantano, accanto agli oltre 500.000 Albanesi emigrati a partire dal 1991, società secolari di Cittadini Arbereshe specialmente nelle aree centro – meridionali.
Una intuizione fondamentale per quei Paesi europei caratterizzati da storie di emigrazioni antiche e recenti, affinché non vengano meno o si ristabiliscano legami utili alla cooperazione economica e sociale.
Un discorso da cui non può sentirsi estraneo neppure un Paese come l’Italia, “fratello” dell’Albania anche dal punto di vista della necessità emigratoria di ampi strati della sua popolazione.
Va detto che agli inizi del Duemila un Ministero dedicato alla Diaspora esisteva anche in Italia: fu istituito con un decreto dal Governo Berlusconi nel 2001 e affidato al compianto Mirko Tremaglia (il quale da Ministro fece visita anche in Albania). Era il Dicastero degli Italiani nel Mondo, che fra i propri meriti ebbe quello di rendere effettivo il diritto al voto dall’estero: e questa fu anche la causa della sua mancata riattivazione nel 2008, quando Berlusconi vinse di nuovo le elezioni, poiché due anni prima, era il 2006, era stato proprio il voto degli Italiani all’estero a contribuire alla vittoria di Prodi e del centrosinistra.
Quindi, molti degli strumenti che erano stati all’epoca previsti per favorire, in maniera istituzionale e durevole, il collegamento con le realtà degli Italiani nel Mondo sono rimasti sulla carta e comunque non hanno mai trovato una piena attuazione.
Con la conseguenza, molto negativa per l’Italia, che – quando i fenomeni di emigrazione e di abbandono del BelPaese da parte dei suoi Concittadini sono diventati sempre più ricorrenti e importanti per colpa della crisi economica e sociale italiana, i vari Governi che si sono succeduti a Roma non sono più stati in grado di riprendere in mano la situazione di relazioni positive da mantenere fra Paese di origine e Comunità all’estero.
Un compito rispetto al quale gli uffici che rappresentano il Governo italiano nei vari Paesi del Mondo, specialmente in alcuni di essi, non dispongono degli strumenti e degli orientamenti adeguati a far fronte a questo compito che avrebbe effettivi positivi anche sul piano economico.
Anzi, in Italia la considerazione dei suoi Concittadini all’Estero ha toccato il suo minimo storico quando l’allora ministro del Lavoro del centrosinistra Giuliano Poletti, nel 2016, disse in maniera testuale che era un bene “non avere certa gente tra i piedi”.
Il Governo Conte-Salvini-Di Maio, che in campagna elettorale aveva sottolineato – il Movimento 5 Stelle in particolare – la piaga della crisi economica come causa che ha portato tanti Italiani, giovani e non, a dover lasciare il proprio Paese, ha avuto fin dal proprio insediamento la possibilità di sanare la ferita apertasi nel 2008 e aggravata dalle frasi di Poletti, reintroducendo un Ministero specifico per gli Italiani nel Mondo.
Questo sarebbe uno strumento fondamentale di raccordo con una realtà sociale ed economica molto vasta, e potrebbe essere un fattore di ripresa e di sviluppo – attraverso il dialogo con il Governo di Tirana e con il Ministro Majko – delle relazioni italo-albanesi.
Sicuramente, è un tema sul quale non mancheremo di dire la nostra e di dare un nostro utile contributo di proposta nei confronti della nuova maggioranza di governo a Roma e dei parlamentari italiani eletti all’estero e votati anche nel collegio Europa che comprende pure l’Albania.