di Vincenzino Ducas Angeli Vaccaro
Grazie agli studi ben conosciuti degli eruditi francesi, tedeschi ed in particolar modo dei greci, gran parte degli aspetti oscuri della storia della Grecia medievale, alla fine del XIX secolo, hanno avuto degna ed inattesa luminosità.La base del loro lavoro, questo va ricordato con dovizia, sono state le notizie apprese attraverso le cronache locali, in parte andate perdute per l’invasione turca, ed il monumentale carteggio offerto dagli Archivi Veneziani, Spagnoli, Francesi ed in parte anche Italiani. Soltanto nell’isola di Cipro, ci ricorda Kostantinos Sathas, esse sfuggirono alla catastrofe dell’ira musulmana e tra queste le Cronache di Cipro di Leontoi de Macheras scritte intorno al 1320 e rivelatesi importanti per questa indagine storica. Il Manoscritto originale delle Cronache di Cipro,( rinvenuto ad Oxford) fu pubblicato nel 1882 da “L’Ecole des Langues Orientales Vivantes”, il cui testo greco fu curato da Emmanuel Miller e Kostantinos Sathas.
La storiografia convenzionale ha sempre ritenuto che le prime apparizioni dell’elemento albanese, nello specifico in Tessaglia, fossero avvenute intorno ai secoli XIII e XIV, fino a quando, nel 1830, la teoria di un storico tirolese, Fallmerayer, non provocò una discussione molto particolare negli ambienti degli studiosi filo ellenisti e non. Lo storico tirolese con eccessivo zelo sosteneva che l’antico elemento greco fu totalmente distrutto da un’invasione di slavi e, che dopo il declino, la Grecia fu quasi ripopolata da essi. Ma Cipro, secondo il Sathas, non fu mai invasa e conquistata dagli slavi, a meno che il Fallmerayer non abbia voluto estendere anche all’isola la distruzione dell’elemento greco. Il Sathas ha scientificamente dimostrato che questi presunti slavi non erano altro che degli Albanesi e, che i Bizantini, per ignoranza, hanno confuso con questo antico popolo.
Le oggettive contrapposizioni del Sathas hanno rivelato la infondatezza delle teorie dello storico tirolese facendola passare per semplice fantasia, dove mancano i riscontri culturali, di idioma e di costume. Nelle Cronache di Cipro, al I volume, pag 16, il Macheras scrive: “Gli Albanesi si stabilirono nell’isola intorno al IV secolo formando una casta a sè tutt’ora esistente”. Continua il Sathas nella sua contrapposizione:”E’ da considerare incredibile ed insostenibile ogni teoria di invasione slava in Grecia, riconoscendo nella Grecia moderna una pronunciata presenza dell’elemento albanese, soprattutto quella che la lingua albanese ha esercitato su quella greca” – continua il Sathas – “La soluzione di questa questione ci permetterà fino a quale punto l’albanese ha influenzato l’idioma cipriota e quello della Grecia tutta”.
Il Fallmerayer, profondamente turbato dalla critica, irritata dalla sua infondata teoria, nel 1836 decise di recarsi personalmente in Grecia e ad accompagnarlo fu il conte russo Alessandro Tolstoj. Giunto in Morea rimase profondamente impressionato dalla preponderante presenza della lingua albanese; egli stesso scrisse in seguito:”l’intera Morea è inondata dalla parlata albenese”. Arrivò nello stesso 1836, nella prefazione del II volume del “Geschichte”, a scrivere: ” la rivoluzione per l’indipendenza della Grecia fu una rivoluzione albanese e non dei greci”. Quindi seppur pervaso da razzismo anti ellenico, probabilmente, accantonò la sua teoria.
Ad avvalorare maggiormente le sicure tesi del Sathas fu un viaggiatore inglese, Simon Simeoni che visitò la Grecia nel 1322, il quale ci ha lasciato una interessante descrizione delgi abitanti della Grecia, greci e albanesi, dove il modus vivendi era del tutto differente da quello dei loro vicini, gli Slavi; non soltanto il costume, ma anche il cappello (clamide)e la forma “de la chevelure” di questi due popoli, consanguinei e della stessa religione (ortodossa), si differenziano da quello degli Slavi. Scrive il Simeoni:”Sclavi enim sunt Boemis in lingua multum conformes…Albania est provincia inter Sclavoniam (Illyria) et Romaniam (Grecia), per se linguam habens…Ipsi enim Albanenses schismatici sunt, Graecorum utentes ritu, et eisdem habitu et gestu in omnibus conformes”.
Nelle Cronache di Cipro il Macheras mette in rilievo, come sopra scritto, che gli albanesi giunti nell’isola durante il IV secolo riuscirono ben presto a creare una casta propria, imponendo a gran parte della popolazione dell’isola propri usi e costumi e relativamente, scrive il Sathas nella prefazione delle Cronache, ad influenzare anche l’antico idioma cipriota.
Stanziamenti pre-medievali di albanesi in Grecia, riconosciuti come antiche tribù dagli indigeni sono gli albanesi dell’Argolide, oggi in gran parte ellenizzati, denominati “quelli dell’Isola di Dano -Danoa- Danaoi. Un’altra antica tribù si stabilì sulle montagne di Trifilia ( Eparchia di Trifilia) e soprannominata Drèdes (Valorosi guerrieri). Antichissima tribù degli albanesi del Taigeto oggi è estinta. Essa è stata identificata da Costantino Porfirogenito con il nome di Milligoi. Un documento del X secolo rinvenuto e pubblicato nel 1865 dagli studiosi tedeschi J.Samuel Ersch e J.Gottfried Gruber, ci informa che i Milligoi non sono altro che i Mirmidoni. Tutt’oggi un villaggio in Laconia porta il nome di Meligoi. Il Sathas è convinto che i Meligoi o Miligoi provengano dai Monti del Pindo, dove in effetti vi è una tribù nomata Mirmidones.E’ noto che i Mirmidoni traggano il loro nome dalla formica(murmiz), ma i Tzaconi moderni e tutti gli albanesi chiamano la formica meligoi o melingoi. Quindi sul Taigeto si stanziarono i Mirmidones o i Meligoi? Di sicuro una antica tribù albanese.
Un’altra tematica molto cara a Kostantinos Sathas fu la questione dei Mardaites. Essi non erano altro che i predecessori degli Stradioti, mercenari al soldo di Venezia ed altre potenze europee per tutto il Medio Evo. I bizantini riconoscevano le loro gesta definedole “tattica dei Mardaites”, in quanto furono loro ad utilizzare per primi le tattiche di imboscata organizzata. La prima apparizione dei Mardaites al servizio dei bizantini risale all’VIII secolo, ma si conosce anche il loro stanziamento in Libano nel 677. Sull’origine dei Mardaiti si sono fatte molte congetture e l’errore principale fu quello di essere stato considerato un popolo,mentre in realtà non erano che una organizzazione militare ( tàgma tòn Mardaitòn).
Due dei più antichi cronisti bizantini hanno scritto di loro: Teofane li chiama semplicemente Mardaites, il secondo, il Patriarca Niceforo, “locuntas splitas”, vale a dire “guerrieri che fanno le imboscate”.
In tutto il Medio Evo si riscontra il nome dei Mardaiti in Peloponneso, a Creta, in Candia, a Tènos, a Kèos, in Cefalonia, in Epiro. In Candia ritroviamo balestrieri al servizio di Venezia i Murtatos (Crhonicum Tarvisinum 1372). I bizantini nel X ed XI secolo li chiamano Murtaitas e Murtatus. Venezia stessa annovera famiglie di feudatari di Tènos e di Creta: Mordati e Mortati, ritroviamo i Mardaiti non più come organizzazione militare ma come famiglia (Cancelleria Secreta).
Georgio Codino, in De Officialibus palati Costantinopolitani e in de Officis Magnae Ecclesiae, pubblicati da I. Bekker nel 1839, annovera nel XV secolo tra i dignitari della corte costantinopolitana, ormai alla fine, i Murtaites, i megas Murtaites e gli stratopedarchi Murtaites. Quindi anche in Costantinopoli essi da organizzazione militare diventarono famiglia di alto rango nonchè feudatari. Di sicuro furono, anche in Peloponneso dei feudatari e degli ottimi uomini d’arme e questo ce lo conferma (1103) Anna Comneno. Ella infatti ci informa che i feudatari Peloponnesiaci eccellevano nei combattimenti e soprattutto in quelli di mare.
Nei registri delle due spedizioni contro gli Arabi di Creta, i Mardaiti fornirono alla flotta imperiale, la prima volta 5087e la seconda 3000 uomini armati. Questi numeri rappresentano i contingenti forniti dai Mardaiti del Peloponneso, Epiro e Cefalonia ( Historia Miscella).
Ma chi erano in verità i Mardaiti? Avevano origini albanesi, greche o medio orientali? In definitiva i Mardaiti non furono un popolo, ma un corpo di guerrieri la cui tattica principale consisteva nell’imboscata e queste tattiche erano proprie degli Albanesi d’Albania e di Grecia. Un distretto della Ciameria ed un altro dell’Albania del nord conservano ancora il ricordo dei Mardaiti: Mirditia. Inoltre, il nome dei Mardaiti trae origine dal termine albanese marda che significa piega. Il nome non si trova oggi raro in Epiro e in Grecia, in alcune zone in Mirtidi in altre Mortati e in Grecia, nell’Eparchia di Trifilia, troviamo un antico villaggio albanese che viene denominato Mortatu. Traendo le somme, viene dedotto che il nome dei Mardaiti è uno di quelli che prima del Medio Evo giunsero in Grecia.
Un altro aspetto molto importante, comune ai due popoli, Albanesi e Greci, è la danza pirrica.
Secondo alcuni l’ideatore di questa danza militare fu il dio Curete Pirricos, secondo altri, Pirro, figlio di Achille. Questa danza, oggi dai Greci, è conosciuta come danza degli Arvaniti che dal loro canto chiamano “Bale” (con la beta). Essa di sicuro ha origine Epirote ed è stata molto in uso sotto Costantino Porfirogenito che soleva chiamare in greco antico “balesmos” degli albanesi. I veneziani la definivano “Moresca” per l’origine mauresca di alcune pantomime. Scrive G. Haecquard: “la danza degli Albanesi cretesi è una compsizione di salti…ella ha la pretesa di mimare le scene di vita…una sorta di danza chiamata “bale”, in uso da questi albanesi dalla notte dei tempi”.
E’ deducibile, quindi, che questi antichi albanesi che giunsero in Grecia prima del Medio Evo, abbiano lasciato una traccia profonda in ogni disciplina. Sicuramente i progressi della Storia ci informeranno con più meticolosità, date, circostanze ed avvenimenti.
Esaurita questa prima parte, sperando di essere stato sufficientemente esaustivo, mi propongo di esporvi in appresso altre e possibilmente più precise notizie.
Bibliografia essenziale:
K. Sathas Mnemeia Elleninikes Historias -Documents inèdits relatifs à l’histoire de la Grèce au Moyen Age Vol. IV, Prefazione. Paris Maisonneuve et C Editeurs 1881;
Leontioi Makaira, Cronique de Chypre ( Testo Greco). Pubblicazione e cura di E. Miller e K. Sathas ( Ecole des Langues Orientales Vivantes). Paris, Ernest Leroux Editeur 1882;
Itinerarium Simeon Someoni Cambridge 1914 in K. Sathas o.c.;
Leonici Calcondylae, Istoriarum Demonstrationes, Budapest 1922 in K. Sathas o.c.;
J. SamuelErsch e J. Gottfried Gruber, Encyclopedie historique Allemande. Paris 1883;
Alfred Nicolas Rambaud, L’Empire Grec au X° siécle, Costantin Porphirogènit. Librarie A. Frank, Paris 1870./La Voce dell’Arberia