di Adela KOLEA, Shqiptari i Italise.
“Ciao Tirana, come va?” – mi venne da chiedere alla mia città natale, appena i miei piedi si posarono, di recente, nell’asfalto dell’aeroporto “Madre Teresa”, arrivando dall’Italia.
Mi venne spontaneo rivolgermi alla mia città in questo modo, come ci si rapporta e ci si domanda tra amiche di vecchia data, o tra parenti.
“Anzi, ti porto altrettanto, i saluti di Italia, una delle tue amiche di sempre!” – mi venne spontaneo di aggiungere al mio “discorso” immaginario con lei, Tirana.
L’ho trovata bene devo ammettere. E sono stata contenta perché d’altronde, non si può che provare una sensazione di serenità e soddisfazione, quando una persona oppure , in questo caso, un luogo a te caro, lo trovi bene.
Qualcuno mi direbbe: “Con ‘bene’, cosa intendi, oppure ’quali’ secondo te, i parametri di questo ‘bene’?”
Certo nel complesso, in quella “grande persona di Tirana”, considerando la sua società per l’appunto, come un insieme di tante persone, oramai non solo autoctone, “tiranas” oppure “tironsa”, ma arrivati da ogni angolo dell’Albania, arrivati perché no, anche dall’estero dovremmo sottolineare, i quali l’hanno raggiunta proprio perché hanno apprezzato la sua personalità, le sue caratteristiche, la sua generosità, la sua cultura, la sua voglia di crescere e di diventare “una città –persona” realizzata, rappresenta anche determinati problemi e difficoltà, questo è inevitabile.
Ad ogni modo, ha grinta Tirana, ha la capacità di trasformare in energia tutto ciò che necessita per la sua crescita.
Ospitale Tirana, con un senso di pacifica relazione con la fede e la convivenza interreligiosa al suo interno, così come sua madre, l’Albania.
Emozionata Tirana e emozionati tutti noi per lei, quando solo poco tempo fa, accolse Papa Francesco!
E anche lui si commosse per la storia dell’Albania, per il suo difficile e doloroso trascorso che merita considerazione e rispetto.
E’ giovane Tirana, la gioventù è proprio il suo punto forte, a cui può fare affidamento per la costruzione del suo futuro.
Come tutta la gioventù, anche quella di Tirana ama il progresso, il quale l’ha spesso raggiunta, dovremmo ammettere, in modo brusco, in quanto, a causa del suo passato e della lunga transizione – e questo considerato anche a livello nazionale – il suo aspetto sia interiore, che esteriore, ha subito dei mutamenti che sono tipici di una “persona” che cerca a tutti i costi di abbellirsi, rinnovarsi, aggiornarsi, di raggiungere dei canoni estetici e morali nuovi, – senza mai dimenticarsi di quelli tramandati da sempre – ma che non sempre arrivano, come tutti i cambiamenti, senza aver prima lasciato delle profonde tracce e ferite.
E’ sofferta per l’appunto Tirana, in quanto, essendo da sempre stata centro della vita politica, economica, sociale e culturale della Madre Albania, ha provato sulla propria pelle, in prima “persona” delle scosse che l’hanno segnata.
Il suo suolo, la sua Piazza, quante manifestazioni, dimostrazioni, e quest’ultime non sempre pacifiche, ha conosciuto!
Eppure, lei ha resistito e non solo: ha dimostrato che la voglia di crescere è talmente grande che, sta facendo da incoraggiamento anche per altre città dell’Albania.
Non si può nemmeno nascondere un detto che da un po’ a questa parte, ha preso una larga diffusione a Tirana, come quello di : “Na mbytën katunarët”, per tradurlo elegantemente dovremmo forse renderlo equivalente a : “Siamo sommersi dai contadini, dai provinciali”! E’ un modo di dire discriminatorio dovremmo ammettere, che in un momento di difficoltà e di sfogo, salta fuori. Così come magari, a noi emigranti capita di sentire – riferitosi a noi – nel paese straniero che ci ospita, proprio in un momento particolare di difficoltà della vita e per effetto di questa lunga e dolorosa crisi, da parte della gente del posto: “Siamo sommersi dagli emigranti..!” . A volte, forse non ci si investe cattiveria, ma purtroppo, quando c’è sofferenza , gli umani se la prendono con gli ultimi arrivati, – e nel caso di Tirana, bisogna analizzare anche la modalità in cui è avvenuta questa migrazione interna – nonostante non sia questa la causa vera e propria della crisi. Ad ogni modo, è umano anche questo, inteso non proprio come valore “umano”, ma come parte dell’egoismo umano.
Pian piano, quando ci si riesce a respirare un po’ più leggermente, si riesce a capire che è l’unione di tanti elementi , messi tutti insieme che da valore e crescita positiva al paese.
La silhouette di Tirana, c’è chi la trova elegante, c’è chi la trova fuori forma, obesa. Già, per certi aspetti, in alcuni punti, per la sua linea ha bisogno di mettersi proprio a dieta, è proprio grassa – anche se questo non è un modo elegante per definire l’aspetto di una “signora” – e in altri punti, al contrario, ha bisogno di ingrassare un po’, di nutrirsi e riprendersi naturalmente.
La sua “dieta” , riferitasi alla cucina ed alla gastronomia, è altrettanto mista : c’è quella locale con “ tavë dheu”, “fërgesë” , “byrek me qumësht” , insomma con varie specialità tipiche “tironse”, così come quella con tutte le varietà possibili ed immaginabili della madre Albania in generale e importate dal mondo altrettanto, dunque in cui si mangia italiano ed europeo nel complesso, poi, americano, messicano, o cinese e giapponese ecc.
La sua linea “d’abbigliamento” è invece una linea multicolore e multiforme, disegnata da uno stilista che potremmo definire, “cittadino del mondo”, in quanto tutto ciò che si trova sia nell’oriente, che nell’occidente, sia per la forma, che per la sostanza, per i colori e le sfumature, questo “stilista”, l’ha portato nelle collezioni che vestono Tirana. Tirana dunque, “veste” contemporaneamente in stile orientale, occidentale, ha un fascino misto – nonostante le sue contraddittorietà – che alla fine, la rendono unica!
E unico è anche il “mantello “ rosso, la bandiera albanese, rossa con l’aquila nera a due teste, che sventola orgogliosa nel cielo della città.
Ci sono poi i costumi tradizionali “tironas” : per le donne solitamente i “dymiq” ed i “jelek” ricamati, per gli uomini “brekushe” bianche o nere, “jelek” ricamato con disegni tradizionali, “qeleshe” in testa e camicia, con i rispettivi accessori.
I suoni che emana Tirana sono quelli che provengono dai campanili delle Chiese, così come i canti che arrivano dai minareti e le moschee.
La sua musica è altrettanto mista: c’è la musica classica, quella leggera contemporanea, c’è quella con influenze balcaniche, quella tradizionale popolare e folkloristica.
Insomma, quando chiedi: “Tirana, come stai?”, Tirana la risposta te la offre in dialetto tirons: “Mirë, falemnerit!”, in lingua ufficiale albanese: “Mirë faleminderit!”, ti risponde in italiano, visto anche il grande numero di italiani presenti da lei, “Bene grazie!”, e per il resto, ti risponde da poliglotta, in tutte le lingue del mondo!/ShqiptariIItalise.com