Dhurata ha 7 anni quando la sua famiglia fugge dall’Albania. Alla fine degli Anni 90 almeno 100mila albanesi hanno attraversato l’Adriatico in seguito all’anarchia che regnava nel Paese delle Aquile. Il collasso finanziario aveva ridotto la popolazsione alla fame e gli unici ad arricchirsi erano gli scafisti e le organizzazioni criminali.
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
“Mi chiamo Dhurata Gjinaj, ho 30 anni e vivo in Italia da 23 anni. Questo paese mi ha accolto, insieme alla mia famiglia, quando ero una bambina e qui ho studiato dalla seconda elementare all’università. Vivevamo nel nord dell’Albania in un piccolo villaggio di montagna, Puke.
Mio padre era un bidello nella stessa scuola dove mia mamma faceva le pulizie. La scuola era lontana e mi ricordo che dovevamo fare un bel po’ di chilometri a piedi per arrivarci. Ho due fratelli, io sono quella di mezzo.
I giorni dell’infanzia li ricordo spensierati. Giocavamo immersi nella natura con gli altri bambini del villaggio e i miei nonni coltivavano la terra. Questo, almeno, finché non è scoppiata la rivolta.”
Ascolta il podcast con la storia di Dhurata
L’Albania degli Anni 90
La realtà dell’Albania degli Anni 90 è quella di un paese alla fame. Chiuso il lungo periodo del regime comunista, il paese è devastato dalle politiche ultraliberiste sostenute dal presidente Sali Berisha, eletto nel 1992. Il colpo di grazia all’economia albanese arriva però nel 1997 con il crollo del sistema speculativo delle famigerate ‘società piramidali’. Una mostruosa macchina finanziaria divenuta in breve tempo la lavatrice di tutti i proventi illeciti dei Balcani. In un’unica vampata il sistema brucia tutte le risorse degli albanesi, affluite nel paese grazie alle ingenti rimesse degli emigrati, partiti in massa verso il ricco Occidente tra il ’91 e il ’92. Il crack delle finanziarie e il dilagare delle organizzazioni criminali portarono l’Albania sull’orlo della guerra civile: nel marzo ’97 le caserme venivano assaltate, le porte delle prigioni venivano spalancate e chiunque possedeva un’arma. Fu il panico: in 9 mila tra marzo e aprile di quell’anno finirono nelle mani degli scafisti./VaticanaNews.it