Nella recente campagna elettorale per le politiche gli staff dei principali partiti hanno confezionato da sé i prodotti editoriali che poi sono stati spesso trasmessi e pubblicati senza mediazione giornalistica. Ha vinto la propaganda, ha perso l’informazione
Di Gentiola Madhi, Osservatorio sui Balcani
Le ultime elezioni parlamentari albanesi si sono svolte, a causa del covid-19, in condizioni eccezionali. A fronte delle restrizioni pandemiche in atto la campagna elettorale si è sviluppata principalmente attraverso i media tradizionali e il web.
La televisione resta nel paese la prima fonte di informazioni e i partiti politici hanno investito notevoli sforzi nell’utilizzo dei canali tv nazionali come megafoni per far arrivare i loro messaggi. Ma c’è stato un evidente intensificarsi, rispetto al passato, delle campagne dei partiti politici sui social media, un ambito ancora non regolamentato e dove rimane ampio il potenziale di abuso in termini di finanziamento occulto ai partiti.
Proprio la campagna elettorale sui social ha palesato una dinamica preoccupante per quanto riguarda il ruolo dei giornalisti nel monitoraggio e nella segnalazione dei comportamenti dei partiti politici, nel garantire la trasparenza della politica e nel dare la possibilità ai cittadini di attribuire le giuste responsabilità rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale.
Le modalità con cui i principali partiti politici hanno affrontato la campagna elettorale ha evidenziato il tentativo da parte loro di ridurre ulteriormente lo spazio dei media in Albania e di favorire la propaganda.
Ritorno al passato
La libertà dei media in Albania ha registrato un regresso negli ultimi anni, e ciò è dovuto alla costante tensione tra il primo ministro Edi Rama con il settore dei media, che va ben oltre alle pressioni che solitamente arrivano dal governo. Secondo Transparency International, la libertà dei media oggi in Albania è pari al livello del 2013, quando i socialisti salirono al potere.
Durante l’ultima campagna elettorale i principali partiti politici hanno di fatto marginalizzato intenzionalmente i giornalisti. Tutti hanno investito in propri uffici stampa e troupe televisive altamente tecnologiche che si sono occupate della produzione e distribuzione di contenuti, già pronti per essere trasmessi direttamente durante i notiziari delle emittenti.
La pratica ha richiamato quella della “Kaseta”, fenomeno diffuso negli anni ’90 in Albania. In tal modo i partiti politici hanno contribuito a convertire i mezzi di informazione in semplici mezzi per veicolare messaggi politici non mediati volti ad intensificare la propaganda di partito, con conseguente deformazione del sistema informativo.
E mentre i cittadini si sono trovati bombardati da informazioni fornite da ciascun partito su presunti illeciti del partito politico avversario, ai giornalisti venivano frapposti ostacoli a qualsiasi tentativo di approfondimento ed indagine. “Il sindaco Erion Veliaj ha guidato la campagna dei socialisti nel distretto di Tirana e non sono mai riuscito ad essere informato sulla sua agenda per partecipare a un evento politico”, ha dichiarato Isa Myzyraj, giornalista di Ora News TV. La dinamica è confermata anche dal rapporto preliminare dell’ODIHR (struttura di monitoraggio elettorale dell’OSCE) sulle modalità in cui si è svolta la campagna elettorale: non vi sono stati dibattiti televisivi tra i leader di partito e la copertura elettorale è stata saturata di talk-show politici.
Inoltre, durante la campagna, il panorama mediatico ha riflesso la dura polarizzazione politica in atto, con un numero considerevole di testate che si sono posizionate con uno dei blocchi politici contendenti e si sono trasformate in uno strumento nelle mani di un dato partito per attaccare la controparte. I leader di partito hanno espresso chiare preferenze sulla partecipazione a talk show politici solo sulle emittenti allineate. In generale l’attenzione del pubblico si è concentrata sui leader e non sulle questioni reali ed è stato minimo lo spazio garantito ad un’informazione libera e imparziale.
I giornalisti si sono arresi alla politica?
Diversi rapporti internazionali affermano che la linea editoriale dei media in Albania è spesso legata agli interessi del proprietario e alle sue affiliazioni politiche e questo espone i giornalisti a pressioni, intimidazioni e autocensura. Non è però trascurabile anche il fatto che spesso è direttamente il governo a cercare di mettere a tacere le voci critiche dei media e durante questa campagna elettorale sono emersi due casi eclatanti.
A metà aprile, due giornalisti di Ora News TV sono stati oggetto di violenze esercitate dallo staff del sindaco di Tirana. “Dopo molti tentativi, un giorno sono riuscito a venire a conoscenza del luogo in cui il sindaco Veliaj stava facendo campagna elettorale e una volta lì le sue guardie del corpo hanno esercitato violenza fisica su di me solo perché ho posto al sindaco una domanda su una questione di interesse pubblico”, ha dichiarato Isa Myzyraj, giornalista di Ora News TV. “Lo stesso è accaduto ad un mio collega”, ha aggiunto. La tensione tra il sindaco Veliaj e Ora News è nota al pubblico e riguarda le indagini svolte dalla testata giornalistica sui permessi di costruzione rilasciati dal sindaco. Lo scorso agosto, i beni di Ora News sono stati sequestrati sulla base di presunte violazioni della legge antimafia, ma la tv ha dichiarato che si tratta di un tentativo di zittire una voce critica.
C’è poi stato il caso di Lapsi.al che ha denunciato pochi giorni prima delle elezioni politiche l’esistenza di una banca dati con dati personali sensibili raccolti illegalmente dal Partito socialista al governo. Con una decisione controversa, la Struttura speciale contro la corruzione e la criminalità organizzata (SPAK) ha ordinato il sequestro dei dispositivi di archiviazione di dati elettronici di Lapsi.al. Sulla questione, una volta interpellata, ha reagito rapidamente la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) che ha richiesto la sospensione immediata del provvedimento a tutela della libertà di parola dei giornalisti e della protezione delle fonti riservate. All’inizio di maggio, la magistratura albanese ha dato seguito alla richiesta della CEDU.
“Le autorità albanesi dovrebbero condurre un’indagine trasparente. È fondamentale consentire ai media di svolgere il loro lavoro investigativo, proteggere le loro fonti, ma allo stesso tempo i media devono anche aderire a codici di condotta etici ”, ha dichiarato Blerjana Bino di Safe Journalists Network.
Nel mese di aprile diverse associazioni europee di giornalisti hanno reagito a favore dei loro colleghi albanesi, sebbene l’integrità professionale di alcuni giornalisti fosse in discussione a livello nazionale. “La propaganda che ha dominato questa campagna elettorale è pericolosa per il futuro dei media e della libertà di stampa, poiché noi giornalisti e organi di stampa nella maggior parte dei casi abbiamo trasmesso ciò che il partito voleva, non ciò che era rilevante per il pubblico”, chiosa Myzyraj.
Questa pubblicazione è stata prodotta nell’ambito del Media Freedom Rapid Response (MFRR), cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. |