di Stefania Romito*
Quando la storia diviene illuminazione delle coscienze e viatico di valori esistenziali, assolve alla sua nobilitante funzione pedagogica in un’ottica di riscoperta della verità.
Questo è il pensiero fondante che ha animato l’interessante incontro letterario che si è tenuto a Termoli, nella cornice suggestiva dello “Spirito divino” a Piè di Castello, e che ha visto protagonista la recente produzione letteraria dello scrittore Pierfranco Bruni, già candidato al Nobel per la Letteratura. L’evento è stato organizzato dall’Associazione culturale “Terra dei Padri”. Ha preso parte all’incontro Franca De Santis (Presidente Associazione culturale “Terra dei Padri”).
Un momento di grande profondità emotiva che ha coinvolto i valori immanenti dell’essere umano: gli affetti, la memoria, la testimonianza, l’amore. Assunti che hanno costruito l’esperienza di vita di Pierfranco Bruni e che, attraverso la parola scritta, si trasferiscono nelle nostre coscienze arricchendole. Perché il compito di uno scrittore è quello di operare in funzione di una evoluzione intellettuale facendo sempre appello al sentimento.
“Luisa portava in una mano una scarpetta di lana” (Tabula Fati), “Quando mio padre leggeva Carolina Invernizio” (Tabula Fati). Due libri esperienziali in cui la testimonianza diventa il linguaggio di uno scrittore che traccia il vissuto nel solco di una memoria che è sempre confessione. Atrocità storiche come l’eccidio delle Foibe, l’omicidio dell’attrice Luisa Ferida al quarto mese di gravidanza, l’esecuzione di Claretta Petacci, sono tutte rivelazioni di una natura umana imperfetta che si ciba del carattere pregiudizievole dell’ideologia per dare senso al non senso. Ma come ricorda Bruni, nel suo raffinato pensare, la creatività è ciò che ci salverà. Quella stessa creatività alla quale faceva appello l’anziano padre, ispiratore di molti straordinari capolavori letterari, nella sua concezione panica dell’esistenza.
Ma è ne “Il sortilegio della speranza” (Tabula Fati), che si incontra la testimonianza di uno scrittore che ha vissuto la favola nella realtà della vita. La memoria, l’infanzia, come età dell’Eden irrimediabilmente perduta, insieme all’amore percepito come essenza di spiritualità, sono gli ingredienti di un libro che rappresenta un inno alla fantasia. Scrive, infatti, Bruni: «La fantasia è la vita e la vita se non è fantasia è un giocattolo che non serve più». Una frase che rimanda a quella di Corrado Alvaro: «La favola della vita mi interessa più della vita stessa», per rammentarci che la vita senza la fantasia e la favola, è come una stanza buia nella quale ci possiamo smarrire.
Chiara e Filippo, la magara, lo sciamano, la principessa, il pirata, la danzatrice di tango che sventola ventagli di ricordi, il vecchio dalla barba bianca che sottolinea l’implacabilità di un tempo ormai trascorso e che mai più sarà. Tutti protagonisti di un teatro del grottesco che si muovono come sfere impazzite nei meandri della memoria e che ritrovano un vagheggiato ordine soltanto nella consapevolezza dell’imprescindibilità del caos.
L’anima, lo spirito, la visione antropologica dell’uomo, ma soprattutto la forte componente metafisica di questo libro, rimandano ad un’altra recente pubblicazione dalla struttura totalmente differente nella quale si assaporano gli archetipi del viaggio esistenziale bruniano: “Il sottosuolo dei demoni” (Solfanelli). Un libro in cui la filosofia si intreccia a temi di carattere estetico-antropologico. Un percorso letterario dove la tradizione acquista valore sulla modernità mediante l’analisi di alcuni personaggi chiave come Dostoevskij, Nietzsche, Maria Zambrano e Cesare Pavese. Pagine in cui riaffiorano il concetto di tempo, di ciclicità, di rimembranza, di dimenticanza, di mito e di ragione. Assunti che hanno contraddistinto il cammino letterario-esistenziale bruniano illuminato costantemente dalla nostalgia.
Dostoevskij, in questo libro dal significato immanente, costituisce l’anello di congiunzione tra cultura orientale e occidentale. Un personaggio mediante il quale si ricerca il senso della Bellezza penetrandone l’aspetto più inquietante per indagarne il sottosuolo. Ma se da un lato c’è Dostoevskij, esponente di un Oriente che nella rappresentazione del male scopre la sacralità del bene, dall’altro c’è Proust che nella memoria rinviene l’essenza del tempo ritrovato nella metafisica dell’essere.
La recente produzione letteraria di Pierfranco Bruni contempla sempre anche l’amore che riaffiora, con raffinata eleganza, da figure femminili che vivono nell’immaginario dello scrittore. Come Marika, la donna-sogno, la donna-dea protagonista de “Il ladro di profumi” (Tabula Fati). Un diario onirico in cui i giorni, le ore, i momenti vengono scanditi dal fatale ritmare dei sospiri che si annullano negli effluvi di essenze profumate. Ambrette, Patchouli, Ambra, Iris, Calamo, Opium… Fragranze d’estasi che segnano l’incessante ricerca di un uomo che si eterna nell’infinito di un amore mai dimenticato. Un libro che parla di Amore ma anche della potenza evocativa del profumo.
I libri di Pierfranco Bruni continuano a donarci strumenti indispensabili per cogliere le sfumature edificanti dell’esistenza nell’ottica di una letteratura vissuta come conoscenza e valore.
*giornalista e scrittrice