Di Eugen Galasso
Quasi a “compensare”, a” riequilibrare” il sema disforico presente nella trilogia “narrativa” recente, che comprende “…E adesso parlo”, “Non ho amato il vento”, “L’ombra affamata della madre”, qui, in questa raccolta poetica completa, scritta sempre parallelamente alla produzione in prosa(pur se continuamente “intrecciata” con la poesia, tanto che si è definito “poemetto lirico”“L’ombra affamata della madre” , ma lo stesso potrebbe dirsi anche dei due testi precedenti), troviamo, se non propriamente il sema euforico certamente una resilienza assoluta nei confronti del dolore e del male, che soprattutto negli haiku, svolti peraltro in assoluta consonanza con il dictat tecnico e metrico di questa forma poetica, dove, a parte la sostanziale onnipresenza del lemma mare e del sema aquatico, è da rilevare la presenza del lemma “bambini”(moltissime le relative occorrenze), dove la”next generation” è simbolo di speranza.
Altrove (ossia nella prima parte della raccolta, in cui si trovano testi più} recenti rispetto agli haiku, datati, nel loro complesso, maggio 2018)la minaccia sembra ritornare ma viene sconfitta quasi come nel testo evangelico: “Et lux in tenebris lucet, et tenebrae eam non comprehenderunt”(Prologo al Vangelo di S. Giovanni, 1, 5):
“Nuda la mente annega/in gemme d’acqua:/cattura le radici del tramonto,/ controlla le mie pene, /rese di simulacri../ Tu, il mio tutto, riposi sul mio seno./Ora si spezzano le ombre/come il pane”(Remate di stagioni… in “Danza la notte nelle tenebre”, op.cit., p.34). UN testo poetico esemplare di come la speranza, quello che blochianamente e anche nella teologia di Moltmann si identifica come “principio speranza” (anche se qui è assente la connotazione politico-sociale, mentre emerge l’affettività, intesa come amore filiale) possa battere la paura derivante da pene che hanno cause precise, indotte.
E l’ “amor vincit omnia” o meglio, piùesattamente “Omnia vincit amor et nos cedamus amori” (Virgilio, Bucoliche, X, 69) viene qui declinato nel presente, intendendo un presente volto anche al futuro, sempre sub signo spei:
“Non saremo l’ieri/di un desiderio bruciato/ma vento e fiori/Che sfogliano passioni, /la ragione che si stringe a ogni parte/di noi nel nostro cercarci e scomporci” (Tu, limite estremo d’amore, in op.cit., p.6).