TERRA DI LACRIME
Di Mehmet Rrema
Non è rimasto nessuno,
disabitato è il cuore.
Nel cortile non si vedono i passeri
che ci svegliavano saltando con il loro cinguettio
nel villaggio adagiato come una spina nel fianco della montagna.
Il sole nasce a muore come tutte le stelle
I suoi raggi riscaldano la terra
abbracciata nel suo dolore.
Dai tronchi feriti della quercia
nascono nuovi germogli.
L’abbeveratoio dove il bestiame si dissetava
ora è distrutto.
La pioggia scorre verso il ruscello
ed è dolore che si allarga
nella distrofia del sentimento.
Soltanto qualche gazza
fra capolino tra il fogliame dei rami.
Non ha un re questo paese malato e moribondo.
Tutto è distrutto,
anche il cielo è ammantato a lutto .
Assente lo scodinzolare festoso dei cani.
Il sole nascente
tormenta il giorno.
A volte il suo viso è pallido
altre volte rosso di vergogna
per le sofferenze inflitte dall’uomo alla terra.
Stranieri e viandanti vanno in cerca
del fuoco di un camino per scaldarsi l’anima.
Dov’era il campo del grano
non ci sono papaveri né spighe
sono state decapitate dal vento.
Le spine rimaste sono l’unica benedizione Le sento ancora conficcate
come lance nel mio petto.
Sono come un nido vuoto
su un albero spoglio.
Il mio corpo distrutto.
il mio cuore una ferita sanguinante.
Interpretazione e traduzione di Maria Teresa Liuzzo