Riceviamo e pubblichiamo la nuova analisi geopolitica di Carmine De Pascale, Croce d’argento al Merito dell’Esercito e Cavaliere dell’ordine militare d’Italia, Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, già generale di brigata, poi consigliere militare e addetto per la Difesa presso la Rappresentanza Permanente d’Italia all’UE fino al 2013.
L’operazione militare
Donald Trump non ha aspettato la scadenza delle due settimane che aveva promesso per prendere le sue decisioni sulla possibilità di negoziare o di intervenire, ma ha rotto gli indugi ordinando un attacco a sorpresa sull’Iran. È stato lo stesso presidente ad annunciare il blitz con un post su Truth, rivelando che gli Usa avevano «completato con successo» il loro attacco a tre siti nucleari iraniani: Natanz, Esfahan e Fordow.
All’annuncio social è seguita una breve conferenza stampa alla Casa Bianca dove ha dichiarato che “i principali impianti nucleari sono stati completamente annientati e l’Iran ora deve fare la pace, altrimenti gli attacchi futuri saranno molto più devastanti”, definendo l’operazione “uno spettacolare successo militare”.
È stato il generale Dan Caine, capo di stato maggiore, a illustrare al Pentagono l’Operazione “Midnight Hammer”, Martello di Mezzanotte, con il segretario Pete Hegseth. Caine ha indicato i passaggi chiave dell’operazione che ha coinvolto 7 bombardieri B-2 con 14 bombe GBU sganciate sui siti di Natanz e Fordow e sottomarini che hanno lanciato più di due dozzine di missili Tomahawk contro obiettivi infrastrutturali” nel sito nucleare di Isfahan.
L’operazione è iniziata nella notte tra venerdì e sabato. I bombardieri B-2 sono decollati dagli Stati Uniti, in particolare dal Missouri. Alcuni si sono diretti verso ovest nel Pacifico, facendo scalo a Guam, con una rotta resa nota e ampiamente pubblicizzata. Si trattava di un’azione diversiva rispetto alla vera operazione di attacco.
Una strategia che ha contribuito ad occultare la missione di altri bombardieri che “si sono diretti tranquillamente a est con un volo di 18 ore“, durante il quale hanno completato diverse operazioni di rifornimento.
L’attacco è iniziato alle 17 americane di sabato, le 23 in Italia, e poco dopo l’una di notte italiana (le 2.10 di Teheran) i bombardieri hanno quindi iniziato il rientro verso le basi americane. Non sono stati lanciati missili contro gli aerei americani, prima o dopo l’attacco.
Possibili conseguenze
L’ingresso diretto degli Stati Uniti nel conflitto tra Israele e Iran rappresenta un punto di svolta con implicazioni geopolitiche e militari di vasta portata. Questo potrebbe trasformare un conflitto bilaterale in una guerra regionale, coinvolgendo attori come Hezbollah, gli Houthi e forse anche milizie sciite in Iraq, Siria e Yemen.
Russia e Cina hanno interesse a preservare i propri interessi strategici e contenere l’influenza americana e per adesso la loro reazione è stata molto contenuta, ma l’attacco potrebbe spingere l’Iran a rafforzare i legami con Russia e Cina, creando un blocco alternativo a guida antioccidentale.
Per quanto riguarda il nostro Paese, c’è da considerare che l’Italia ospita basi militari americane come Aviano e Sigonella che potrebbero diventare bersagli in caso di ritorsioni da parte di Teheran o dei suoi alleati. Poi, i nostri militari in Iraq, Kuwait e Libano e in altre parti del Medio Oriente, anche se non coinvolti direttamente, la loro vicinanza a obiettivi americani li espone a potenziali rischi. In aggiunta, un conflitto prolungato potrebbe generare nuove ondate migratorie dal Medio Oriente, con l’Italia come uno dei principali Paesi di approdo.
Iraq 2003 – Iran 2025
A questo punto, il parallelismo tra l’invasione dell’Iraq nel 2003 e l’attacco statunitense all’Iran dei giorni scorsi è inevitabile, ma presenta somiglianze solo parziali e differenze cruciali. In entrambi i casi, Washington ha giustificato l’uso della forza con la necessità di prevenire una minaccia futura. Nel 2003 si trattava delle presunte armi di distruzione di massa di Saddam Hussein (mai trovate), oggi si parla del programma nucleare iraniano e del rischio che Teheran sviluppi un’arma atomica.
Entrambe le operazioni sono state condotte senza un chiaro mandato del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sollevando dubbi sulla legittimità internazionale e alimentando accuse di unilateralismo.
In sintesi, se l’Iraq fu il simbolo di un errore strategico basato su informazioni errate, l’Iran rappresenta un dilemma più complesso, in quanto c’è stata un’azione bellica per prevenire una minaccia reale, ma ancora incompiuta. Tra l’altro, c’è da considerare che il direttore generale dell’AIEA Rafael Grossi durante un’intervista alla CNN del 17 giugno ha affermato che non ci sono prove di un programma iraniano per una bomba atomica, ma potrebbero esserci attività nascoste che sfuggono agli ispettori. Insomma, districarsi tra le varie dichiarazioni delle parti in causa che spesso si contraddicono non è un esercizio semplice, soprattutto quando si cerca di capire dove risiede la verità.
Di certo invece è che l’azione unilaterale degli USA, senza mandato ONU, segna un ulteriore indebolimento del diritto internazionale e della diplomazia multilaterale. È evidente la percezione che la forza militare stia sostituendo il dialogo e la diplomazia come strumento di risoluzione dei conflitti.
Impatto sull’Europa
L’Europa, già provata dalla crisi energetica post-Ucraina, si trova nuovamente vulnerabile. La minaccia iraniana di chiudere lo Stretto di Hormuz – da cui transita circa un terzo del petrolio mondiale e un quinto del GNL – rischia di far impennare i prezzi del greggio e del gas. Gli effetti si fanno sentire sull’inflazione che tende a crescere, mettendo sotto pressione famiglie e imprese.
Il conflitto ha innalzato il livello di allerta in tutta l’UE. I servizi di intelligence temono possibili attentati contro obiettivi occidentali, in particolare basi NATO e infrastrutture critiche. In Italia, ad esempio, sono state rafforzate le misure di sicurezza attorno ad obiettivi considerati potenziali bersagli.
L’Europa è divisa tra l’alleanza con gli Stati Uniti e la necessità di mantenere canali diplomatici aperti con l’Iran e i suoi partner. Alcuni governi, come quello italiano, spingono per la de-escalation, mentre altri sono più allineati con Washington. Questa frattura interna rischia di indebolire la voce dell’UE sulla scena internazionale.
In sintesi, l’Europa si trova in una posizione delicata: esposta economicamente, vulnerabile sul piano della sicurezza e divisa politicamente.
Cosa aspettarsi
Intanto, nel pomeriggio del 23 giugno 2025, l’Iran ha iniziato l’operazione di rappresaglia con il lancio di missili balistici contro la base americana di Al Udeid in Qatar, a 45 chilometri sud-ovest di Doha. È la più importante base militare statunitense in Medio Oriente e la più grande della regione, ospita quasi circa 10mila soldati. Altri missili sono stati lanciati contro la base americana in Iraq. Gli attacchi non hanno provocato vittime ma solo limitati danni alle infrastrutture
L’uso di missili balistici a medio raggio dimostra che l’Iran conserva una capacità offensiva significativa, nonostante le sanzioni e i recenti raid israeliani. La contraerea del Qatar è riuscita a intercettare parte dei missili, ma le esplosioni udite a Doha indicano che alcuni hanno superato le difese.
Questi attacchi aumentano il rischio di una risposta militare americana su larga scala e potremmo assistere a un ciclo di azioni e ritorsioni che potrebbero coinvolgere anche altri attori regionali, come Hezbollah o le milizie sciite in Iraq.
Ci sarà mai una via di uscita? Tentativi di mediazione sono stati avviati da parte di vari Paesi ma i segnali di un concreto avanzamento sono ancora deboli. La Russia nell’esprimere forte preoccupazione ha chiesto una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La Cina ha condannato fermamente l’attacco statunitense, invitando tutte le parti ad un cessate il fuoco il prima possibile. L’Unione Europea sta valutando l’invio di un mediatore speciale per tentare una de-escalation, ma le divisioni interne tra i Paesi membri rendono difficile una posizione unitaria.
Alla fine, è lo stesso Trump che ha annunciato il cessate il fuoco “completo e totale” per 12 ore, dopodiché la guerra sarà considerata “finita”, ha scritto il presidente sui social media.
In sintesi, la diplomazia non è morta, ma è in affanno. Ricordiamo le parole Papa Francesco: Non si può avere pace senza dialogo./LaGiustizia