L’errore di molti nuovi emigranti dall’ex Belpaese è pensare che si possa riuscire ricchi solo di buoni propositi e idee!
Di Artur Nura e Alessandro Zorgniotti
La Merica. Così titolava un celebre film di Gianni Amelio dei primi anni Novanta che all’epoca fece assai discutere anche per i luoghi comuni e gli stereotipi con cui il cittadino albanese post comunista guardava all’Italia come gli emigranti italiani degli anni Venti agli USA.
Adesso sembra oramai che tutto sia ragionato a modelli capovolti, per cui lo scenario che si disegna è quello di una comunità italiana che trova “La Merica” in Albania.
Certo, il Paese delle Aquile è profondamente mutato nel corso degli ultimi vent’anni, seguendo i ritmi di sviluppo del resto dell’area balcanica, e offrendo buone possibilità di vita per il piccolo business professionale e per i pensionati e i risparmiatori che nel Belpaese devono fare i conti con il caro euro e con i classici mille euro al mese che non bastano più.
Però non dobbiamo mai dimenticare che ogni medaglia ha due facce e ogni specchio ha sempre il suo rovescio. Se tanti vedono nell’Albania un riflesso dell’Italia degli anni 80, e in Tirana una nuova Milano da bere dove poter mettere su dei soldi per il solo fatto di atterrare all’aeroporto di Rinas, allora questa lettura è un boomerang che rischia di fare molto male.
Un recente programma andato in onda su Rete 4 ha descritto una parte, importante ma non maggioritaria, di realtà italiana in Albania: quella di chi, avendo meritatamente propri contatti e mezzi di partenza, ha potuto metterli a frutto in un Paese dove la tassazione massima non supera il 15 per cento e dove comunque si disponeva già delle giuste conoscenze ed esperienze per sapere dove investire e avere il giusto ritorno di clientela.
Questa è senza dubbio una verità vera, e chi scrive, e vive a Tirana da tre anni con la propria agenzia giornalistica lo sa. Ma sa anche che vi è una maggioranza silenziosa di italiani venuti qui a Tirana con le tasche vuote e pensando di poterle riempire trovando subito il lavoro dei propri sogni o il classico finanziamento a fondo perduto con cui avviare praticamente gratis la propria attività e pensando già alla coda di clienti davanti al proprio ufficio o negozio.
Nulla di più distante dalla realtà. Che indica anche un’altra Italia magari tornata silenziosamente in madrepatria e con una idea delusa e rancorosa di una Albania “colpevole” di non avere regalato il “sogno americano”.
La storia insegna che, in tutte le epoche e in tutti i contesti, a rincorrere i sogni nella fantasia si finisce con il venire rincorsi dagli incubi nella realtà. L’Albania, così come tutto il resto dei Balcani, è e rimane una buona opzione per i piccoli risparmiatori e investitori. Per i pensionati anzitutto, che disponendo di un reddito di partenza se lo possono ritrovare a disposizione al 100 per cento. Ma anche per coloro che, avendo qualche soldo da parte in Italia – e che in Italia tra tasse e spese rischia di finire molto presto – possono metterlo a frutto sul mercato finanziario albanese e utilizzarne una parte per aprire una piccola partita IVA e iniziare per conto proprio un lavoro che magari svolgevano alle dipendenze in Italia.
Guai però a pensare di poter venire qui con le tasche vuote e ricchi solo delle proprie idee: in questo senso, le delusioni sono state già parecchie, ed è compito anche delle istituzioni italiane presenti in Albania organizzare le condizioni perché gli appartenenti alla “Little Italy” albanese arrivino qui con un giusto bagaglio formativo e informativo e possano disporre di una serie di servizi di accoglienza e accompagnamento gratuiti. Eventi come quello del prossimo febbraio, dedicato alla missione del sistema Italia in Albania, devono rappresentare una possibilità disponibile, anche nel corso dell’anno e a riflettori spenti, per i molti piccoli e piccolissimi professionisti che guardano all’Albania come all’Italia che fu. Ma anche nell’Italia che fu, una base di partenza propria uno doveva averla al momento di iniziare il “miracolo economico”.