Di Carlo Alberto Rossi, Exit.al
Il governo albanese da tempo si affanna a cercare di far comprendere ai partner internazionali con quanto impegno stia combattendo il fenomeno della produzione e del traffico di narcotici in Albania.
La questione piu’ complicata per il governo Rama, data la sostanziale continuita’ nel potere degli ultimi cinque anni, e’ quella di affermare che nel contrasto alla droga qualcosa e’ migliorato senza con questo lasciar dire all’opposizione che se un miglioramento c’e’ stato e’ perche’ prima la droga non era affatto contrastata.
La cosa non e’ affatto semplice, perche’ nonostante le continue affermazioni dell’opposizione e i continui sequestri di cannabis albanese sulle coste italiane, per almeno due anni il governo Rama ha ostinatamente continuato a sostenere che la droga non c’era, e che se c’era stata loro l’avevano gia’ distrutta tutta. E in questo trovavano molte complicita’ in diplomatici e funzionari internazionali corrotti (perlomeno dalla pigrizia o dalla mutua convenienza) che per un lungo periodo si sono ben guardati dall’ammettere, nemmeno di striscio, che esistesse un “problema droga” in Albania.
Questa insistenza nel negare e’ arrivata al punto che ora quasi tutta la parte cosciente della societa’ albanese (la maggior parte dei socialisti inclusi) e’ ormai arrivata alla conclusione che il governo era cosi’ consapevole (e i suoi partner internazionali altrettanto) del fenomeno da non poterne essere estraneo.
Ovviamente l’indagine di Catania con l’arresto dei cugini dell’ex Ministro degli Interni Saimir Tahiri, sotto intercettazione ormai da quattro anni, ha agevolato questa presa di coscienza, e la successiva nomina di Fatmir Xhafaj a Ministro dell’Interno, accompagnata da riorganizzazioni radicali della gerarchia della Polizia (fino a poco prima costantemente incensata da Rama, quanto accusata di connivenza dall’opposizione) ha di fatto reso ufficiale che anche molte parti dello stato erano coinvolte nel fenomeno.
Paladini e protettori di questa connivenza con il narcotraffico non potevano non essere anche tutti quegli organi di informazione che disperatamente e ostinatamente difendevano il governo e il suo Ministro, riportando comunicati degni del MinCulPop fascista, omettendo e sminuendo notizie scomode, valorizzando tutte le amichevoli dichiarazioni dei vari complici internazionali, calunniando e irridendo ogni forma di opposizione e di dissenso: la cannabis era come la Mafia in Sicilia, e la Mafia si sa, semplicemente non esisteva.
Ora la situazione e’ cambiata, tutti i media europei e tutti i rapporti delle addette organizzazioni e istituzioni internazionali, che prima tacevano, adesso riportano ogni giorno che la criminalita’ organizzata albanese e’ un problema prioritario, prima in Italia, poi in Olanda e in Inghilterra, e adesso cominciano pure i tedeschi, gli americani e addirittura i colombiani.
E allora anche gli albanesi politicamente corretti si lanciano a dimostrare di essere in prima fila (sottointendendo: da sempre) nel contrasto alla narcocriminalita’, arrogandosi la primogenitura di importanti sequestri, collaborando come solo i pentiti di mafia sanno fare, tutti a scovare droga, in ogni casa, in ogni anfratto. Loro sono sempre i migliori, i primi, i soli difensori della giustizia (riformata) e dello stato di diritto.
E con loro i loro tromboni manipolatori della pubblica opinione, anche alla ricerca di una credibilita’ ormai ridotta al lumicino dai troppi silenzi e dalle troppe omissioni, non passa ora che non segnalino notizie di arresti di narcotrafficanti albanesi in tutta Europa e sequestri di partite sempre piu’ rilevanti, qualcuno dei quali magari vecchio di due anni ma sempre utile per affermare che la “rinata” Polizia albanese e’ in prima linea, e qualche volta addirittura da sola.
E’ in questo modo che oggi possiamo leggere o guardare i reportage televisivi di carichi di cannabis ritrovati direttamente dai giornalisti piu’ politicamente corretti, roba di svariati quintali, senza nemmeno l’intervento della Polizia e men che meno della Magistratura.
E non da giornalisti qualsiasi, di un piccolo sito dell’opposizione, no; proprio da quelli piu’ vicini al potere politico, a quello stesso potere politico che ha assistito e protetto lo sviluppo del fenomeno.
Ma la cannabis da loro trovata nei giorni scorsi era in realta’ marcia, secondo loro perche’ seppellita sotto terra per non farla trovare, secondo molti altri fatta trovare perche’ gia’ marcita.
In Italia li chiamano “gli antifascisti dell’ultima ora”, come quelli che fino al 1944 scrivevano su giornali come “La difesa della razza” e subito dopo esaltavano pubblicamente l’assassinio di Giovanni Gentile.