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Il parlamento italiano approva la legge contro i Call Center fuori dell’unione Europea a rischio il settore in Albania.

Da Massimiliano Nicolini

Contrasto alle delocalizzazioni dei call center e regole che tengono il costo del lavoro fuori dal computo dell’offerta di gara. Nella notte del 23 novembre è stato approvato l’emendamento al ddl Stabilità – norme in materia di localizzazione e svolgimento dei servizi dei call center – che rende operativa la legge 24 bis del 2012.

Per anni le aziende italiane hanno trasferito le attività dei Call Center in paesi fuori dall’Unione Europea per beneficiare dei costi della manodopera decisamente più bassi rispetto ai costi dei lavoratori italiani, ma anche delle tasse molto più basse.

In Albania il settore dei Call Center occupa decine di migliaia di lavoratori e perlopiù i committenti sono quasi totalmente aziende italiane.

Ma questa delocalizzazione selvaggia ha portato a un impoverimento complessivo dei posti di lavoro per i cittadini italiani e questo il governo lo ha ignorato per molto tempo.

Oramai, dopo numerose istanze parlamentari e dopo numerose sedute di dibattito nella notte del 23 novembre si è arrivati a varare il testo che impedisce alle aziende italiane di trasferire le attività di Call Center sia inbound che outbound fuori dei confini dell’unione europea applicando multe molto pesanti e obbligando le stesse aziende ad avere un parere vincolante da parte del ministero per lo sviluppo economico qualora volessero de-localizzare le attività dei servizi telematici.

In Italia il settore dei Call Center occupa più di 80.000 persone che in questo momento sono a rischio per il loro posto di lavoro è un settore questo che ha perso a causa delle delocalizzazione selvagge circa 200.000 posti di lavoro negli ultimi cinque anni, posti di lavoro che sono stati ricollocati in paesi fuori dall’Unione Europea.

A maggior ragione molte imprese che hanno beneficiato di contributi a fondo perduto con soldi dei cittadini italiani dovranno restituire quello che hanno ricevuto nel caso in cui non riportino le attività in Italia.

L’articolo 35 bis stabilisce che “qualora un operatore economico decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di Call Center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non sia membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all’ispettorato nazionale del Lavoro, al Ministero dello sviluppo economico, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico ed utilizzate per i suddetti servizi delocalizzati e al Garante per la protezione dei dati personali”.

In attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all’occupazione nei settore dei call center, qualunque tipologia di beneficio, anche fiscale o previdenziale non può essere erogato ad operatori economici che, prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, abbiano delocalizzato in Paesi extra-Ue.

Inoltre quando un cittadino effettua una chiamata ad un Call Center deve essere informato preliminarmente sul Paese in cui l’operatore con cui parla è fisicamente collocato e, in caso della localizzazione dell’operatore in un Paese che non sia membro dell’Unione europea, della possibilità di richiedere che il servizio sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale o dell’Unione europea.

La omessa o tardiva comunicazione delle localizzazione extra-Ue delle attività è punita con una multa pari a 150 mila euro per ogni comunicazione omessa o tardiva. La misura non è sicuramente esaustiva dei problemi del settore, ma comunque un punto di partenza chiaro.

Bisogna riportare il lavoro in Italia, contrastare le gare al ribasso sotto i minimi contrattuali e dare ai tanti lavoratori dei Call center un minimo di certezza sul proprio futuro occupazionale. Questo è possibile se come in questo caso i lavoratori, il Governo e le Istituzioni tutte lavorano per gli interessi dei cittadini e contro le lobby di potere” così hanno dichiarato i Sindacati dei lavoratori.

Riferimenti allla legge: Senato1 , Senato2Senato3

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