Di Paolo Rossi, Sole 24 oreQualunque operatore economico che decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese non membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento, al MISE, al Ministero del lavoro, all’Ispettorato nazionale del lavoro e al Garante della privacy.
Invero, la legge di Bilancio citata ha sostituito l’art. 24-bis, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, recante misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell’occupazione nelle attività svolte da call center.
Ambito normativo e scopi
Le disposizioni contenute nell’art. 24-bis del decreto legge n. 83/2012, così come modificato dalla legge di Bilancio per il 2017, si applicano alle attività svolte da call center indipendentemente dal numero di dipendenti occupati. Fino al 31 dicembre 2016, la norma si applicava ai soli call center con almeno venti addetti. L’obiettivo del Legislatore è duplice: da una parte garantire i profili lavoristici nei rapporti interni ai call center e dall’altra proteggere i dati personali e la riservatezza degli utenti.
Con riguardo al primo aspetto, il comma 4 del citato art. 24-bis, utilizza la leva degli incentivi all’occupazione per frenare il flusso delle delocalizzazioni all’estero dei call center aventi l’obiettivo primario di ridurre il costo del lavoro degli operatori ivi impiegati. È disposto, infatti, che nessun beneficio, anche fiscale o previdenziale, previsto per tale tipologia di attività può essere erogato a operatori economici che delocalizzano l’attività di call center in un Paese che non è membro dell’Unione europea.
Adempimenti nei confronti del MISE
Le novità vigenti dal 1° gennaio 2017, comportano un ampliamento della platea di soggetti cui la fattispecie viene applicata, nonché un sensibile aumento delle sanzioni amministrative previste per le relative violazioni.
Obblighi di comunicazione da parte degli operatori economici
Qualunque operatore economico che decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese non membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento, alle seguenti amministrazioni:
al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all’Ispettorato nazionale a decorrere dalla data della sua effettiva operatività, indicando i lavoratori coinvolti; la comunicazione è effettuata dal soggetto che svolge il servizio di call center;
La comunicazione dovrà contenere elementi informativi differenziati in ragione dell’Amministrazione destinataria.
Obblighi dei call center che hanno delocalizzato entro il 31 dicembre 2016
Coloro che antecedentemente alla data del 1° gennaio 2017 abbiano localizzato l’attività di call center, anche mediante affidamento a terzi, al di fuori del territorio nazionale e dell’Unione europea devono sempre procedere alle suddette comunicazioni. Ciò che cambia è il termine entro il quale adempiere: per tali soggetti, il termine è fissato al 2 marzo 2017 (60 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di Bilancio). L’omessa o tardiva comunicazione, in tal caso, fa scattare una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 10.000 euro per ciascun giorno di ritardo.
Modalità di presentazione della comunicazione
La comunicazione può essere inoltrata a mezzo PEC direttamente all’indirizzo [email protected]. Per semplificare l’adempimento, il MISE ha messo a disposizione dei soggetti obbligati un modello di comunicazione. In caso di inosservanza di tale obbligo è prevista l’applicazione della sanzione pecuniaria amministrativa pari a 50.000 euro.
Comunicazione ai fini lavoristici
Il Ministero del Lavoro non è ancora intervenuto in merito alle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2017. Nella vigenza del precedente testo dell’art. 24-bis in esame, il Ministero si era pronunciato con la circolare n. 14/2013 e con la nota prot. n. 37/0017495/2014. In tali interventi si erano fissati alcuni criteri interpretativi e applicativi della norma, alcuni dei quali possono considerarsi ancora totalmente o parzialmente attuali.
Il comma 2 dell’art. 24-bis, prevede che se un operatore economico decide di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non è membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, nei termini suddetti, “al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all’Ispettorato nazionale del lavoro a decorrere dalla data della sua effettiva operatività a seguito dell’adozione dei decreti di cui all’articolo 5 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, indicando i lavoratori coinvolti; la predetta comunicazione è effettuata dal soggetto che svolge il servizio di call center”.
La formulazione di tale comma 2 diverge in modo significativo rispetto al precedente testo, ma vediamo comunque quali indicazioni possono, anche come semplice orientamento, mutuarsi dalla disposizioni di prassi sorte in vigenza della precedente disposizione.
Individuazione dei Call center destinatari
Secondo il Ministero, le aziende interessate dalle misure devono ritenersi quelle che svolgono in via assolutamente prevalente (core business aziendale) una attività di call-center e che, pertanto, operano in regime di appalto. Allo stato attuale tale impostazione andrebbe riadattata tenendo conto che la norma vigente si riferisce agli operatori economici che localizzano, “anche mediante affidamento a terzi”, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese extracomunitario. Il perimetro dei soggetti interessati, pare dunque debba necessariamente ampliarsi, ricomprendendo sia i call center istituzionali sia tutti gli operatori economici che affidano a call center terzi, extracomunitari, l’attività di call center.
Delocalizzazione dell’attività
Altro aspetto di rilievo ha riguardato la definizione del concetto di “delocalizzazione” dell’attività. Tale nozione, secondo il Ministero del lavoro, andava necessariamente interpretata in relazione alla specifica realtà dei call-center in cui il principale “fattore produttivo” fosse evidentemente il servizio, rappresentato dal lavoro degli operatori rispetto, ad esempio, alle attrezzature. Da ciò consegue che poteva ritenersi delocalizzata una attività di call-center qualora le commesse acquisite da una azienda con sede legale in Italia e già avviate nel territorio nazionale fossero trasferite – prima della naturale scadenza del relativo contratto – a personale operante all’estero, sia attraverso la successiva apertura di nuove filiali fuori dal territorio nazionale, sia attraverso un meccanismo di subappalto.
Tale posizione resta attuale per la sola ipotesi di delocalizzazione. Ciò in quanto l’attuale formulazione della norma non limita il perimetro di applicazione al solo trasferimento dall’Italia all’estero, ma parla più in generale di “localizzare” l’attività di call center all’estero, a prescindere dal fatto che questa venga trasferita dall’Italia ovvero già in origine costituita all’estero.
Lavoratori coinvolti oggetto della comunicazione
Al riguardo la formulazione della norma non è stata modificata, pertanto si può ritenere che per “lavoratori coinvolti” s’intenda coloro i quali (a prescindere dall’inquadramento, subordinato o autonomo), in conseguenza della localizzazione della attività di call-center, siano ritenuti in esubero dal datore di lavoro e pertanto interessati da un minor impiego o addirittura da procedure di licenziamento.
Obblighi nei confronti dell’utenza
La norma prevede che quando un utente effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente in merito al Paese in cui è fisicamente collocato l’operatore che risponde (Territorio nazionale, Paesi UE, Paesi extra UE). Analoga informazione deve essere fornita nel caso in cui l’utente riceva una chiamata da un call center. La mancata informazione circa il Paese di stabilimento dell’operatore comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pari a 50.000 euro per ogni giornata di violazione.
Per i call center collocati in un Paese extra UE, a partire dal 1° aprile 2017, la norma diventa ulteriormente rigorosa a vantaggio della scelta dell’utente di poter scegliere il suo interlocutore. L’operatore del call center collocato in un Paese extra UE è obbligato ad informare preliminarmente circa la possibilità di richiedere che il servizio sia reso da un operatore collocato nel territorio nazionale o in ambito UE. Se l’utente esercita tale diritto, l’operatore sarà obbligato, in tempo reale, all’immediato trasferimento della chiamata. L’informativa e il trasferimento di chiamata devono essere assicurati sia nel caso in cui l’utente riceva una chiamata da un call center che viceversa. In caso di inosservanza dei predetti obblighi, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50.000 euro per ogni giornata di violazione.
Responsabilità solidale tra committente e gestore del call center
Il soggetto che affida il servizio ad un call center esterno è responsabile in solido con il soggetto gestore del call center. Qualunque operatore che svolge o che si avvale di servizi di call center è tenuto a comunicare entro dieci giorni dalla richiesta del Ministero dello sviluppo economico, la localizzazione del call center destinatario della chiamata o dal quale origina la stessa. La violazione del predetto obbligo comporta l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria di 50.000 euro per ogni violazione.
Confindustria
Circolare 21 febbraio 2017, n.19997
Nuovi adempimenti per lo svolgimento dell’attività di call center
Attività svolte da call center – Delocalizzazione dei call center – Decreto sviluppo 1/2012 – Attività svolte al di fuori dell’Unione europea (UE) – art. 24 bis del D.L. n. 83/2012
Premessa
La legge n. 232/2016 (cd. legge di bilancio 2017) ha riscritto l’art. 24-bis del DL n. 83/2012, contenente la disciplina delle attività di call center, con particolare riferimento a quelle svolte al di fuori dell’Unione europea (di seguito, anche “UE”). Le modifiche hanno riguardato: i) l’ambito di applicazione della disciplina; ii) i soggetti istituzionali preposti all’enforcement della disciplina: Ministero del lavoro e delle politiche sociali (di seguito: “Ministero del Lavoro”) e Ispettorato nazionale del lavoro, a partire dalla data della sua effettiva operatività, Ministero dello sviluppo economico (di seguito: “MiSE”), Garante per la protezione dei dati personali (di seguito: “Garante privacy”), Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (di seguito: “AGCOM”); iii) l’impianto sanzionatorio e i profili di responsabilità; iv) gli adempimenti informativi e organizzativi a carico dei call center.
Il nuovo art. 24-bis è oggetto di una nota informativa del MiSE del 1 febbraio 2017 e della Delibera n. 1/2017 dell’AGCOM, cui ha fatto seguito la pubblicazione da parte della stessa Autorità delle FAQ esplicative del 13 febbraio 2017.
Al fine di chiarire e circoscrivere la portata delle nuove misure e ridurne l’impatto sul sistema delle imprese, Confindustria ha avviato un’attività di confronto con le Amministrazioni coinvolte nell’applicazione della norma. Essa, infatti, presenta alcune criticità operative, che rischiano di vanificarne l’effettività, traducendosi per le imprese in un improprio sacrificio economico e per le Amministrazioni vigilanti in un sovraccarico informativo privo di alcuna selettività.
Al momento il confronto è ancora in corso; tuttavia, in vista dell’imminente entrata a regime delle nuove misure, di seguito vengono fornite alcune informazioni in ordine alle novità che hanno interessato l’art. 24-bis.
1. Ambito di applicazione
Sotto il profilo oggettivo, il nuovo art. 24-bis afferma in via generale l’operatività delle sue disposizioni nei confronti di tutte le attività di call center.
All’interno di tale categoria di attività, poi, vengono individuate:
• quelle localizzate, anche mediante affidamento a terzi, al di fuori dell’Unione europea;
• quelle localizzate in Italia o nel territorio dell’UE.
Quanto al profilo soggettivo, l’art. 24-bis:
• non contempla il previgente requisito occupazionale di 20 dipendenti, pertanto, le nuove disposizioni trovano applicazione nei confronti delle attività di call center a prescindere dal numero dei lavoratori occupati;
• ricomprende gli operatori economici che localizzano, svolgono ovvero si avvalgono di un servizio di call center. Quanto al concetto di attività di call center, rilevante ai fini dell’applicazione del nuovo art. 24-bis, si segnala al momento l’assenza di una definizione giuridica certa e di specifiche indicazioni da parte delle Amministrazioni compenti. Tale situazione di incertezza – almeno in questa fase di prima applicazione – induce a propendere in via cautelativa per una interpretazione ampia di attività di call center, tale da ricomprendervi ogni tipologia di servizio riconducibile a una sorta di front office (es. assistenza e gestione della clientela). L’incertezza in ordine all’ambito applicativo del nuovo art. 24-bis è il principale tema che Confindustria ha sottoposto alle Amministrazioni competenti e sul quale si auspica in tempi brevi un chiarimento, che riconduca la norma alla sua finalità originaria: individuarne i destinatari nelle sole imprese che svolgono in via prevalente (core business) attività di call center.
2. Le attività di call center localizzate in Italia o nel territorio dell’UE
L’art. 24-bis, co. 11 prevede che tutti gli operatori che svolgono attività di call center avvalendosi di numerazioni nazionali sono tenuti a iscriversi al Registro degli Operatori di Comunicazione (ROC).
L’obbligo sussiste anche per i soggetti terzi affidatari di servizi di call center, per i quali l’obbligo di iscriversi al ROC deve essere contemplato nel contratto di affidamento del servizio.
Quanto all’ambito di applicazione dell’iscrizione al ROC, le FAQ esplicative dell’AGCOM prevedono che:
• l’obbligo prescinde dal carattere prevalente o meno dell’attività di call center rispetto all’attività complessivamente svolta dall’impresa. Sono, pertanto, tenute a iscriversi anche quelle imprese che svolgano attività di call center ancorché in misura non prevalente. Come anticipato, Confindustria si è attivata per ottenere ulteriori precisazioni dalle amministrazioni competenti, che favoriscano una più chiara e circoscritta definizione dell’ “attività di call center”. Nelle more, stante la misura elevata della sanzione che assiste l’obbligo di iscrizione al ROC (cfr. infra par. 5), si suggerisce alle imprese che hanno attività pur latamente riconducibile a quella di un call center (es. assistenza e gestione della clientela) di procedere, in via cautelativa, all’iscrizione;
• tuttavia, non sono tenute a iscriversi al ROC le imprese committenti che affidino integralmente l’attività di call center a una società terza. Si tratta di una precisazione utilizzabile, sempre nelle more del richiamato chiarimento interpretativo, per individuare quelle situazioni per le quali non sussiste l’obbligo di iscrizione.
Le imprese tenute all’iscrizione al ROC devono effettuare tale adempimento entro il 2 marzo 2017.
Con riferimento alle modalità di iscrizione, l’AGCOM ha precisato che nelle more dell’adeguamento del sistema informativo automatizzato del ROC, gli operatori che svolgono attività di call centertrasmettono fino al 30 giugno 2017 la domanda di iscrizione al Registro, in modalità telematica, allegando il modello 25/ROC disponibile sul sito web dell’Autorità. Successivamente l’iscrizione avverrà mediante il portale www.impresainungiorno.gov.it attraverso l’utilizzo della Carta nazionale dei servizi.
In sede di iscrizione, l’impresa deve indicare all’interno del modello 25/ROC tutte le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi di call center. Sul punto,l’AGCOM ha precisato che le numerazioni devono essere indicate per intero e che, pertanto, nel caso in cui il call center utilizzi utenze telefoniche con numerazione finale dinamica e variabile, è tenuto a comunicare le numerazioni per intero e non solo la numerazione cd. radice.
Inoltre, il nuovo art. 24-bis prevede un ulteriore adempimento per tutti i call center, ivi inclusi quelli localizzati in Italia o comunque nell’ambito dell’UE.
Gli operatori economici che svolgono attività di call center devono, infatti, preliminarmente informare l’interlocutore sul Paese nel quale è fisicamente collocato l’operatore con cui parlano (art. 24-bis, co. 5).
Tale informazione deve essere resa dal call center tanto per le chiamate inbound, quanto per le chiamate outbound (art. 24-bis, co. 6).
3. Le attività di call center localizzate al di fuori dell’UE
Gli obblighi previsti nei confronti dei call center localizzati in Italia e nell’ambito dell’UE trovano applicazione anche nei confronti dei call center localizzati al di fuori dell’Unione europea.
Pertanto anche i call center operanti in Paesi extra-UE dovranno:
1. iscriversi al ROC qualora dispongano di numerazioni nazionali (co. 11);
2. informare preliminarmente l’interlocutore circa il Paese nel quale è fisicamente collocato l’operatore tanto per le chiamate outbound quanto per quelle inbound (commi 5 e 6);
Per i call center localizzati al di fuori dell’Unione europea quest’ultimo obbligo viene rafforzato con la previsione che essi devono offrire all’interlocutore la possibilità di richiedere che il servizio sia reso da un operatore collocato in Italia o in un Paese dell’Unione europea (co. 5). In tal caso, il call centerdeve garantire l’immediata disponibilità dell’operatore nell’ambito della medesima chiamata.
Oltre a questo adempimento aggiuntivo, il nuovo art. 24-bis introduce un obbligo di preventiva comunicazione a carico degli operatori economici che decidano di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center al di fuori dell’UE (co. 2).
Trenta giorni prima del trasferimento dell’attività, infatti, l’operatore è tenuto a darne comunicazione alle seguenti Amministrazioni pubbliche: i) Ministero del Lavoro; ii) MiSE; iii) Garante privacy.
I contenuti delle comunicazioni sono diversi in base all’Amministrazione destinataria e ciascuna Amministrazione sta predisponendo le procedure specifiche per consentire l’adempimento dell’obbligo di comunicazione. Attualmente solo il MiSE ha fornito specifiche indicazioni in merito alle modalità di effettuazione della comunicazione. Confindustria ha comunque espresso alle Amministrazioni competenti l’auspicio che si definisca un’unica procedura telematica che consenta simultaneamente di soddisfare gli adempimenti nei confronti di tutte le Amministrazioni coinvolte.
I dati richiesti dalla nuova disposizione sono i seguenti:
1. Ministero del Lavoro: lavoratori coinvolti;
2. MiSE: numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico e utilizzate per i servizi delocalizzati;
3. Garante privacy: misure adottate per garantire il rispetto della legislazione nazionale con particolare riguardo al codice in materia di protezione dei dati personali ed al registro delle opposizioni.
Gli operatori economici che avessero già localizzato al di fuori dell’Unione europea l’attività di call center prima del 1° gennaio 2017, sono tenuti a effettuare le comunicazioni preventive entro il 2 marzo 2017.
Infine, la nuova formulazione dell’art. 24-bis contiene una norma tesa a disincentivare la delocalizzazione delle attività di call center al di fuori dell’UE. Gli operatori che effettuino tale delocalizzazione dopo il 1° gennaio 2017, infatti, perdono il diritto ai benefici fiscali e previdenziali previsti per questa attività (co. 4).
4. Ulteriori obblighi
L’art. 24-bis, co. 9 introduce a carico degli operatori economici che svolgono ovvero si avvalgono di un servizio di call center l’obbligo di comunicare al Ministero del Lavoro, MiSE e Garante privacy, su richiesta di queste ultime, la localizzazione del call center. La risposta deve pervenire entro 10 giorni dalla richiesta e l’inosservanza è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50.000 euro per ogni violazione.
Quanto al profilo soggettivo di operatività di tale obbligo, allo stato e in attesa degli auspicati chiarimenti cui si è fatto cenno in premessa, appare ragionevole ritenere che esso si riferisca a ogni impresa operante in Italia che offre ovvero si avvale di un servizio di call center, a prescindere dalla localizzazione del servizio e dalla sua prevalenza o meno rispetto all’attività principale.
5. Profilo sanzionatorio e regime di responsabilità amministrativa
Rispetto alla formulazione previgente, il nuovo art. 24-bis presenta un impianto sanzionatorio più chiaro, rigoroso e articolato, sia sotto il profilo degli illeciti, che sotto il profilo della responsabilità.
Quanto agli illeciti, l’art. 24-bis punisce:
• l’omessa o la tardiva comunicazione ex comma 2 con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 150.000 euro per ciascuna omissione o ciascun ritardo. Sul punto, viene precisato che la sanzione è irrogata rispettivamente dal Ministero del Lavoro ovvero dall’Ispettorato nazionale del lavoro, dal MiSE e dal Garante privacy per le omesse o tardive comunicazioni di loro competenza;
• l’omessa o la tardiva comunicazione ex comma 3 con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 10.000 euro per ciascun giorno di ritardo;
• l’inosservanza degli obblighi informativi e organizzativi ex commi 5 e 6 con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50.000 euro per ogni giornata di violazione. Sul punto, viene precisato che all’accertamento delle violazioni provvede il MiSE, che ne dà comunicazione al Garante privacy. Infatti, l’art. 24-bis fa salva l’operatività delle sanzioni previste dal Codice privacy per l’omessa o l’inidonea informativa all’interessato (art. 161: sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 a 36.000 euro), qualora la mancata informazione sulla localizzazione dell’operatore che risponde o effettua la telefonata integri anche questa fattispecie;
• la mancata iscrizione al ROC con la sanzione amministrativa pecuniaria pari a 50.000 euro.
Quanto al profilo della responsabilità amministrativa, l’art. 24-bis, co. 8 sancisce la responsabilità solidale tra committente e gestore del call center per l’inosservanza dei nuovi obblighi informativi e organizzativi.
Sul punto, viene precisato che, in caso di affidatario localizzato al di fuori dello Stato, la constatazione della violazione può essergli notificata per il tramite del committente.
Sul piano operativo, a fronte della previsione della responsabilità solidale, si ritiene opportuno riesaminare i contratti aventi ad oggetto l’affidamento del servizio di call center per adeguarli ai nuovi obblighi informativi e organizzativi introdotti dal nuovo art. 24-bis./Sole 24 ore