Lavoratori e piccoli imprenditori in crisi, dall’Italia sbarcano in Albania. Complice un clima di discreta crescita, tasse e tenore di vita bassi, al di là dell’Adriatico per molti, da diversi anni, si apre una nuova vita. Ma il vero “miracolo albanese” non è così reale come dipinto da tanta stampa italiana. Ce ne parla Paola Simonetti:
All’inizio era la meta solo dei grandi imprenditori italiani che, alla ricerca di manodopera a basso costo, delocalizzavano la loro attività senza troppi scrupoli, cercando di mantenere stabile il profitto maturato in Italia. Ora l’Albania è l’orizzonte anche per lavoratori e piccoli imprenditori in crisi. A Tirana, in particolare, capitale di una discreta crescita del Paese oltre Adriatico, si aprono spesso nuove opportunità. Cittadini strozzati dalla crisi italiana, vessati da una pressione fiscale paralizzante, ma anche studenti gravati da costi troppo alti per i soggiorni universitari fuori regione, che hanno giocato la carta dell’emigrazione, in quella terra che solo qualche decennio fa vedeva nella Penisola una nuova America.
16mila, dei 19mila italiani presenti in Albania, sarebbero lavoratori con un contratto da dipendenti, a cui si accostano altre tipologie di professionisti, che con un sistema fiscale favorevole ed un costo della vita almeno cinque volte più basso rispetto all’Italia, riescono a vivere anche con meno di 900 euro al mese, come racconta, Erion Gjatolli, corrispondente dall’Albania per l’Osservatorio Balcani e Caucaso:
“Gli italiani che arrivano oggi in Albania sono innanzitutto quelli specializzati, vale a dire medici, docenti universitari, architetti … Poi, c’è anche chi chiaramente si ingegna ed apre un’agenzia per trovare alloggi ai connazionali che arrivano, mentre, forse le vere celebrità in tutto questo sono i ristoratori, i cuochi italiani che arrivano, aprono ristoranti. Il vantaggio principale che l’Albania offre in questo caso è la vicinanza geografica, ma soprattutto la conoscenza della lingua. Inoltre, c’è una burocrazia più snella e una pressione fiscale intorno al 15%. In Albania con 250 euro si trova un buon alloggio, costa meno fare la spesa e costano meno i servizi. È certamente più conveniente vivere qui”.
Dunque, professionisti di varia natura hanno trovato una piccola rinascita spesso dopo aver fallito in patria. Come Maurizio Cantalini, 50anni che all’Aquila gestiva un bar nel centro storico, andato distrutto col sisma del 2009. A Tirana, ha aperto un nuovo locale, “lì dove – dice – c’è fermento e voglia di fare”. Ma il “miracolo Albania” non è esattamente come descritto da molta parte della stampa italiana. A giocare un ruolo importante nella nuova immagine del Paese oltre Adriatico, diversi fattori, molto efficaci come sottolinea ancora Gjatolli:
“C’è sicuramente una narrazione del miracolo albanese e di questa inversione di marcia tra le due migrazioni che, giornalisticamente, funziona molto; piace in Italia perché presenta anche una critica più o meno latente al nostro Paese, piace qui perché viene vissuta come una sorta di rivincita dopo tanto migrare. Ma bisogna tenere presente che è una narrazione fondata su due filoni: quanto è bella la vita nel Block di Tirana e quanti sono gli italiani che vi si trasferiscono. Purtroppo il Block è la zona più esclusiva del centro di Tirana, vale a dire che fuori da quel centro, e soprattutto fuori da Tirana, la realtà purtroppo non è quella che viene dipinta dai reportage della stampa italiana”.
Certo è che, secondo gli ultimi dati della Camera di commercio italo–albanese, per molti l’Albania resta un approdo goloso: nel solo 2016, 2-3 aziende al mese si sono stabilite nel Paese, dove un operaio costa 300 euro al mese contributi compresi e dove nuovi comparti dell’economia si vanno aprendo, come quello del turismo. Una fetta di mercato quest’ultima tutta da costruire./radiovaticana.va