Di Domenico Letizia*
“Dove riscontriamo strage di diritto ritroviamo la strage di popolo”, riassumeva molto efficacemente Marco Pannella. Negli ultimi anni la stampa nazionale ha concentrato molta attenzione sulle “importanti” riforme moderate annunciate dalle autorità iraniane, ma a distanza di qualche anno nulla è cambiato. Sono stati in molti a credere nel nuovo presidente Hassan Rohani, dando credito alle promesse fatte in campagna elettorale e dopo il concludersi degli accordi sul nucleare molti erano coloro che credevano in un nuovo Iran.
Le aperture internazionali e l’uscita dall’isolamento hanno indotto a sperare in un graduale e costante processo di cambiamento che non vi è stato. L’illusione riguarda innanzitutto i diritti delle donne: le donne in Iran, dopo la Rivoluzione Islamica del 1979, sono ancora sotto assedio. Non possono vestire come vogliono e non possono esprimere pensieri qualora siano in disaccordo con il potere. Le donne, seppur il 60% iscritte alle università, sono ancora penalizzate in molti settori. Non possono cantare in pubblico, non possono accedere allo stadio, non possono viaggiare senza il consenso del padre o del marito.
Inoltre, la testimonianza “giuridica” di una donna, come la sua vita in caso di prezzo del sangue, vale la metà di quella di un uomo. E le notizie delle ultime settimane non incoraggiano. Il caso della giocatrice di calcio femminile Shiva Amini è indicativo di ciò che continua ad accadere nella Repubblica Islamica, nel quasi totale silenzio della stampa occidentale. La giocatrice di calcio femminile Shiva Amini è una popolare sportiva in Iran, che ha vinto numerosi riconoscimenti e premi partecipando a tornei internazionali.
Recentemente, la sportiva ha svolto un viaggio privato in Europa, recandosi in Svizzera e in Italia, a Genova. A Genova ha ludicamente partecipato a partite non ufficiali, passando alcune ore con degli amici, accomunati dalla stessa passione per il calcio. Con tale partita è iniziato il calvario della sportiva iraniana. Durante la partita, Shiva ha deciso di giocare con amici senza indossare il velo, postando le foto dell’incontro sul suo profilo Instagram. Pronta la risposta dei rappresentanti della Federazione Calcio Iraniana, che dopo aver visto le foto e i video della sportiva, hanno vietato a Shiva Amin di partecipare al team nazionale femminile dell’Iran.
La Shiva ha prontamente protestato ricordando che a Genova ha partecipato ad un incontro informale, con amici. I rappresentanti della Repubblica Islamica hanno ribadito alla Shiva il grave “danno” commesso: essendo lei una rappresentante dell’immagine della Repubblica Islamica ha il dovere di comportarsi sempre in modo “islamico”. Tra i rappresentanti della Federazione Nazionale Calcio dell’Iran c’è anche chi ha attaccato la sportiva per essersi recata in Europa e aver allacciato relazioni con chi vive in un “luogo che è contro la nostra cultura”. La condizione della donna in Iran continua ad essere inaccettabile per qualunque organizzazione e istituzione addetta al monitoraggio della libertà di genere e individuale.
L’unica risposta internazionale resta quella dei valori dello stato di diritto e dei diritti umani contro tutte le paure emergenziali e securitarie, affermando il diritto alla conoscenza affinché si possa comprendere realmente e seriamente i fenomeni sociali transnazionali che caratterizzano la nostra contemporaneità storica, quella visione che Marco Pannella aveva intelligentemente inquadrato e che, tra mille e mille difficoltà, il Partito Radicale tenta di imporre all’agenda politica nazionale e non.
*Political analyst, membro del Consiglio Direttivo di Nessuno tocchi Caino e componente del Comitato Centrale della Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo