Di Carlo Alberto Rossi, Exit.al
L’economia di un paese cresce se crescono i consumi interni (pubblici e privati, per consumo corrente e per investimento) oppure se cresce il saldo della bilancia commerciale (l’esportazione di prodotti e servizi realizzati all’interno meno quelli importati), oppure infine se arrivano soldi da fuori (rimesse o capitali investiti) che poi si trasformano in aumento dei depositi o in aumento della spesa interna (per consumi o investimenti). La crescita del GDP e’ l’indicatore piu’ usato per misurare questo fenomeno, ma il GDP puo’ crescere nominalmente senza avere un effetto diretto sulla vita delle persone, cioe’ sull’economia reale.
Se con crescita dell’economia intendiamo crescita del benessere economico della popolazione, allora l’economia cresce quando la popolazione nel suo complesso ha piu’ soldi da spendere, sia per consumi che per investimenti oppure per destinarli a risparmio (cioe’ la potenziale spesa futura, o la sicurezza economica).
Anche i piu’ creativi degli economisti e dei vari ministri delle finanze di tutto il mondo non sono riusciti ad inventare qualcos’altro, pero’ si sono spesso applicati per trovare trucchi contabili per far crescere l’indicatore (cioe’ il GDP) in modo da creare ottimismo, che e’ una grande premessa della crescita, o perlomeno e’ una grande componente del benessere morale.
Ma, nel gioco lungo, l’aumento dell’ottimismo di un singolo momento storico non e’ risolutivo se non si trasforma in crescita dei fattori sopra elencati.
Infatti possiamo creare ottimismo annunciando il futuro arrivo di grandi investimenti esteri per convincere la popolazione a spendere i propri risparmi confidando che in un prossimo futuro avra’ piu’ occasioni per ricostituirli, rilanciando cosi’ la domanda interna, ma, se poi questi non arrivano, l’effetto complessivo, una volta esaurito l’ottimismo (e lo stock di risparmio disponibile) sara’ di una contrazione della spesa e di un ulteriore crollo dell’ottimismo.
Oppure, come estremizzava un grande economista, possiamo fare debito pubblico per scavare un buco per terra e poi riempirlo, ma se il buco servisse veramente a qualcosa ne avremmo un vantaggio complessivo maggiore che se il buco fosse finalizzato solo ad aumentare la spesa pubblica.
Per usare un esempio attuale, se spendiamo soldi per le palme, e queste sono sufficienti a far aumentare il turismo, allora abbiamo speso bene, ma se il turismo non aumenta in proporzione abbiamo buttato soldi. Se, come appare evidente nel caso albanese, ci sono altre strozzature che impediscono la crescita del turismo, allora normalmente converrebbe investire per eliminare quelle strozzature prima di investire nelle palme.
Ma qualsiasi sia il modo in cui investiamo, dobbiamo misurare il risultato finale, e le politiche economiche scelte saranno giudicate piu’ o meno buone, a seconda che abbiano dato dopo un determinato periodo di tempo i risultati attesi, cioe’ abbiano aumentato il benessere della popolazione o, alla peggio, abbiano aumentato il benessere dei nostri beneficiari (ad esempio il nostro gruppo di elettori).
Qui divergono le valutazioni, perche’ una politica puo’ essere considerata buona da alcuni beneficiari e meno da altri: chi vende palme e’ contento, chi paga le tasse per comprare le palme potrebbe esserlo meno, mentre il pensionato che passeggia sul lungomare sotto le palme potrebbe anche considerarle una compensazione per la sua scarsa pensione. Allo stesso modo un aumento del debito pubblico potrebbe scontentare di piu’ un giovane (che quel debito in qualche modo lo dovra’ pagare in futuro) che non un vecchio (che sa gia’ che la cosa non lo tocca).
Purtroppo non sempre i cittadini sono razionali e non sempre capiscono o sono sufficientemente informati per valutare il meccanismo dell’economia, e potrebbe anche capitare che il giovane sia contento di avere le palme senza considerare che prima o poi dovra’ pagarle, mentre il vecchio piu’ esperto ne abbia paura nell’interesse dei suoi figli e nipoti. In questo caso la differenza la fanno la cultura (la capacita’ di comprendere gli effetti del fenomeno) e l’informazione (la capacita’ di acquisire i dati necessari per valutare gli effetti della scelta politica).
Un mix di coltivata ignoranza, disinformazione e propaganda politica e’ quindi utilissimo a distorcere la discussione per neutralizzare rischi di malcontento.
Per concludere e per dare una risposta alla domanda iniziale: i dati ufficiali, pur forniti dalla pubblica amminstrazione gestita dal governo (INSTAT, Ministero delle Finanze, Banca Centrale, ecc), dicono che i consumi finali (della popolazione e della pubblica amministrazione) crescono solo la meta’ della crescita dichiarata del GDP, mentre i depositi bancari crescono poco o niente, e all’interno di questo crescono i consumi di generi di lusso consumati dalla classe dirigente e calano quelli legati ai bisogni primari della gente semplice, crescono i grandi depositi e calano quelli piu’ piccoli.
E questo potrebbe essere definito un aumento del benessere della popolazione solo se il desiderio della popolazione fosse quello di mangiare “Pane e Socialismo”, oppure quello di passeggiare sotto le palme.