Arriva a Tirana Marco Minniti, Ministro dell’Interno della Repubblica Italiana, con una lunga esperienza in tutto il comparto sicurezza e supportato da una meritata nomea di uomo risolutore per le recenti iniziative nel Canale di Sicilia e nella complessa questione libica.
Le questioni sul tavolo albanese sono molte, ma una soprattutto dovrebbe dominare gli incontri: la capacita’ del governo albanese di contrastare il narcotraffico dilagante, e di controllare territorio e confini, di cui i continui sequestri di cannabis sulle coste italiane forniscono un impietoso indicatore.
I recenti arresti di Catania hanno focalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica albanese sul traffico internazionale di droga e sui presunti coinvolgimenti di molta parte della leadership politica albanese, mentre in Italia un concertato silenzio stampa ancora tiene la questione sotto al pelo dell’acqua.
Ovviamente le indagini non spettano al Ministro degli Interni, siano esse in Albania o in Italia, ma spetta al Ministro degli Interni garantire la sicurezza del proprio territorio, e nel caso dell’Italia, questa sicurezza inizia dalle coste albanesi, da dove continuano a partire mezzi dediti ad attivita’ illegali, e da dove con le stesse modalita’ potrebbero partire, e arrivare in Italia, cose molto piu’ pericolose della cannabis.
I numerosi funzionari della Polizia albanese scaricati o messi sotto indagine dimostrano che esisteva un livello di coinvolgimento molto alto tra le strutture del Ministero degli Interni albanese e alcune strutture criminali, e le intercettazioni recentemente pubblicate del caso di Catania dimostrano che questo tipo di coinvolgimenti si allargava anche ad uffici della Difesa, e forse anche ad altre funzioni dello stato albanese, e questo per la parte italiana, da molti anni impegnata in folte e dispendiose missioni di assistenza e formazione del comparto sicurezza albanese, non e’ certamente un buon risultato.
I lettori ricorderanno anche i ridicoli comunicati diffusi dal Governo albanese usando il nome della Polizia di Stato Italiana o della Guardia di Finanza per avallare le dichiarazioni della dirigenza albanese che il problema cannabis non esisteva, come avranno notato pure la totale assenza di precisazioni o smentite da parte italiana, Ambasciata d’italia a Tirana in testa, lasciando cosi’ che la responsabilita’ di quelle affermazioni diventasse di fatto tutta italiana. Analoga situazione si e’ creata con la ancora confusa vicenda dell’apparecchiature per le intercettazioni, gestita alla meglio con una improbabile assunzione di responsabilita’ da parte dell’Ambasciata di Tirana.
Adesso che il problema, almeno in Albania, ha assunto pubblicamente le dimensioni reali, adesso che anche le altre cancellerie europee manifestano il loro disappunto per un fenomeno del tutto fuori controllo, e’ evidentemente necessario un cambio di passo delle istituzioni italiane in Albania, altrimenti i loro silenzi e le loro omissioni, troppo spesso giustificate da un “approccio diplomatico”, diventeranno un sospetto di complicita’ del tutto indesiderabile, soprattutto se diventasse argomento diffuso sulla stampa italiana in una vigilia elettorale molto tesa ed incerta.
Se il Ministero albanese sembra aver iniziato almeno una prudente revisione dei suoi organici piu’ coinvolti, probabilmante anche il Ministero italiano dovra’ rivedere logiche, modalita’ e soprattutto capacita’ di una presenza (pur con le dovute eccezioni) evidentemente finora non adeguata alle necessita’, cosa che ovviamente abbisogna anche di un adeguato sostegno diplomatico finora non visibile.
Certamente non puo’ essere solo Minniti o il Ministero degli Interni italiano a risolvere la situazione, e le evidenti correlazioni con la politica estera e le dinamiche Nato impongono una gestione piu’ attenta e determinata anche da parte dell’amministrazione degli Esteri e della Presidenza del Consiglio in generale, per sradicare un atteggiamento totalmente autoreferenziale che sta diventando la cifra della nostra presenza istituzionale in Albania, da anni ridotta ad una spicciola gestione quotidiana delle questioni interne, e con il risultato complessivo di aver lasciato scivolare il ruolo italiano in Albania, da un fattore a lungo determinante e sicuramente condizionante, in qualcosa di impercettibile, agilmente condizionabile, e dalla scarsissima efficacia complessiva./exit.al