Dalla recente pubblicazione dei dati INSTAT sull’andamento del Commercio Estero Albanese si evince che nel 2017 le esportazioni di merci albanesi hanno di poco superato la cifra di 2 miliardi di euro (con una crescita del 12,1%), mentre le importazioni di merci dal resto del mondo hanno raggiunto la cifra di 4,7 miliardi di euro (con una crescita del 8,1%).
Il deficit commerciale, cresciuto del 5,2%, ha raggiunto nel 2017 la cifra di 2,66 miliardi di euro.
Sommando il deficit commerciale dal 2013 al 2017 si ottiene la spaventosa cifra di 11,7 miliardi di euro, di poco superiore al Prodotto interno Lordo dell’intero anno 2017.
A peggiorare la situazione si aggiunge il tema delle sottofatturazioni in dogana, per cui si puo’ facilmente affermare che il valore delle merci importate (e conseguentemente del deficit commerciale) e’ ancora superiore a quanto sopra calcolato.
Questo abnorme deficit commerciale e’ un fatto che continua su questi livelli sin dal change-over dell’euro del 1 gennaio 2002, cioe’ da almeno 16 anni. In quella data le riserve albanesi di valute europee sono state contate e cambiate in euro, pertanto a quella data le banconote in euro in circolazione in Albania dovevano essere una quantita’ conosciuta (dalla BCE e dalla BOA) e finita, certamente inferiore al mezzo miliardo di euro.
Da allora ad oggi abbiamo continuamente registrato un deficit commerciale superiore al miliardo di euro annuo e, come dimostreremo in seguito, in gran parte non coperto da altre fonti lecite o tracciabili.
Infatti, il disavanzo commerciale, secondo la teoria economica, viene compensato da:
1) gli investimenti diretti esteri (stimabili negli ultimi anni in circa 800 – 900 milioni di euro annui)
2) le rimesse degli emigranti transitate tramite i canali ufficiali (stimabili in circa 400 – 500 miloni di euro annui)
3) le rimesse degli emigranti arrivate in contanti (impossibili da stimare)
4) i proventi da traffici illeciti arrivati in contanti (impossibili da stimare)
5) la riduzione dei depositi in valuta estera disponibili nel paese (indignificanti variazioni)
6) la riduzione dello stock di valuta estera in contanti (impossibile da stimare)
7) la svalutazione della valuta del paese, cioe’ il lek. (anzi si e’ rivalutato)
Non occorre essere dei grandi economisti per comprendere che, se il cambio del lek non e’ precipitato e i depositi in valuta sono rimasti sostanzialmente invariati, e rimesse ufficiali e investimenti diretti esteri coprono solo meta’ del deficit commerciale, l’altra meta’ del deficit commerciale e’ coperta da un mix dei punti 3, 4 e 6.
Detto in parole piu’ semplici, nel solo 2017 abbiamo usato per pagare i nostri consumi circa 1,3 miliardi di euro “neri”, cioe’ o arrivati in contanti frutto del sudore degli emigranti, o arrivati in contanti frutto dei traffici illegali, o infine tirati fuori da sotto il materasso, arrivati in passato ma sempre in contanti.
Per ancora maggiore semplificazione, solo nell’ultimo anno, o sono entrati 1,3 miliardi “in nero”, o ci siamo mangiati 1,3 miliardi che avevamo, ma sempre “in nero”, cioe’ non dichiarati.
E questo fatto, su numeri analoghi, dura da almeno 16 anni.
E’ facile comprendere che la probabilita’ che tali soldi “in nero” provengano per la maggior parte da attivita’ illecite, e’ molto alta, mentre il fatto che tutti questi soldi “in nero” siano stati depositati nelle banche albanesi dalle quali e’ stato poi usato per pagare le importazioni e’ evidentemente dimostrato dall’invariata giacenza dei depositi bancari in euro.
Ma come mai il sistema antiriciclaggio albanese, che secondo i media di regime tanto e’ migliorato nelle classifiche internazionali, non se ne e’ accorto?/exit.al