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Lettera aperta al direttore del Corriere della Sera: CDS racconta l’Albania solo attraverso le scarpe del suo premier!

Gentilissimo Direttore Fontana,

il suo giornale, che e’ stato per me un vero compagno di viaggio nella mia crescita civica e culturale, pubblica in chiusura di anno un frivolo articolo sull’Albania, in cui l’articolista pretende di raccontarci, vedendo in questa cosa l’esistenza di sofisticate strategie di comunicazione, come il principale accadimento del Paese siano le bizzarre scelte di abbigliamento del premier Edi Rama, al suo secondo mandato.

Da mesi, se non da anni, non una parola del suo giornale sulla faticosa rimozione dal potere di criminali condannati in Italia per crimini odiosi ed eletti deputati o sindaci nelle file del partito di governo, non una parola sui fiumi di marjuana intercettati dalla Guardia di Finanza italiana e mai veramente contrastati dalla Polizia albanese, non una parola sulle decine di migliaia di albanesi ogni anno richiedenti asilo in Europa (ma non piu’ in Italia), non una parola sulle centinaia di albanesi pendolari del crimine che vengono arrestati ogni mese perche’ vengono a delinquere e a spacciare in Italia, non una parola sulle brillanti operazioni delle forze dell’Ordine italiane che a Catania hanno arrestato il cugino del Ministro degli Interni albanese che riforniva le famiglie mafiose siciliane di droga albanese trasportata con l’ausilio dei radar della Difesa albanese, non una parola su un brillante sottufficiale del GICO della Guardia di Finanza accusato pubblicamente in televisione dal Primo Ministro albanese (e senza replica alcuna da parte italiana) di essere coinvolto con i trafficanti albanesi (al solo scopo, raggiunto, di eliminare un poliziotto albanese non corrotto che a questi passava le informazioni dei carichi di droga da bloccare), non una parola sui quasi 130 poliziotti albanesi sospettati dall’intelligence albanese di collaborare con i narcotrafficanti, non una parola su una manifestazione dell’opposizione (visitata spesso anche da parlamentari italiani) durata tre mesi che lamentava l’impossibilita’ di avere libere elezioni in un paese in cui la coltivazione della droga genera liquidita’ in nero nell’ordine del 30% del PIL, non una parola sugli aerei da turismo italiani fracassati su improvvisate piste albanesi per caricare droga da portare in Italia, non una parola sulle negoziazioni per l’adesione alla UE che non si aprono per l’incapacita’ albanese di soddisfare le condizioni relative alla criminalita’ e al narcotraffico, e nemmeno una parola per le molte decine di migliaia di bravi e silenziosi emigranti albanesi che in Italia hanno avuto il meritato riconoscimento della cittadinanza italiana. E nemmeno una parola per il modo in cui Edi Rama nei giorni scorsi ha stravolto la costituzione per nominare un Procuratore Generale Temporaneo a maggioranza semplice del parlamento, distruggendo in questo modo l’ultimo luogo di dialogo politico rimasto ad una opposizione sommersa dalla propria incapacita’ ma soprattutto dal denaro della droga che compra ogni dissenso. E infine, nemmeno una parola sui tremila mujaheddin militarmente ben addestrati, ospitati in Albania su richiesta americana, forse in attesa di essere impiegati in una eventuale futura sommossa in Iran.

Niente, queste evidentemente non sono notizie degne del Corriere. Sul suo giornale abbiamo letto solo iperboli su discutibilissimi interventi architettonici a Tirana di qualche archistar filogovernativa italiana, trionfali interviste di ristoratori e artigiani immigrati in Albania in fuga da Equitalia, due righe senza commento per le recenti elezioni parlamentari, elogi sperticati di un turismo ancora tutto da motivare, e questa storia, assai mediocre nella sua realta’, delle “sneakers” calzate dal premier durante gli impegni ufficiali.

Ricordo per i miei lettori, che dalle colonne del Corriere, durante i 140 anni di storia della testata, e’ passata la storia del giornalismo e del pensiero italiano, da Luigi Barzini a Indro Montanelli, da Enzo Biagi a Curzio Malaparte, da Grazia Deledda a Eugenio Montale, da Sebastiano Vassalli, a Giovanni Spadolini, a Luigi Einaudi, a tanti altri nomi che hanno costruito la storia italiana, con le proprie azioni e con il racconto delle azioni degli altri.

Per quasi un terzo di questa storia, ogni giorno che ho potuto, anch’io sono stato un fedele lettore del Corriere della Sera. Notizie, commenti e analisi non mancavano mai, e servivano per costruire una opinione equilibrata sulle cose del mondo. Ci sono cresciuto, con il Corriere.

E per una stagione lunga e curiosa ho seguito qui in Albania e in Kosovo ben altre firme del Corriere che raccontavano le tribolazioni di un popolo che cercava la sua strada verso un’indipendenza in cui credeva di avere diritto: Enrico Negretti, Massimo Nava, Francesco Battistini, Goffredo Buccini, Massimo Alberizzi, Elisabetta Rosaspina e altri che si alternavano. Mescolando storie magistrali di giornalismo con la tipica umanita’ italiana nelle nostre conversazioni serali, loro cercavano di capire, prima di raccontare. Ancora recentemente abbiamo incontrato in viaggio privato a Tirana dei veri professionisti della sua squadra, come Gian Antonio Stella e Marisa Fumagalli, forse ormai da considerare reduci di un giornalismo che le striminzite casse della stampa quotidiana contemporanea non si possono piu’ permettere di mandare in giro per il mondo. Anche loro fanno domande e cercano di capire un mondo che cambia.

Molte cose sono successe qui in Albania, caro Direttore, e molte altre stanno per accadere, ma il suo giornale proprio non riesce a vederle, forse avendo lasciato un compito troppo grande ad un giovane sedotto da altri legami, e preferisce ammannirci la storiella delle “sneakers” come raffinata strategia politica.

Peccato, perche’, fra gli oltre 600.000 albanesi che faticano e lavorano onestamente in Italia, piu’ che un incerto giornalista, qualche buon lettore per il Corriere ci sarebbe pure saltato fuori.

Con immutata stima,

Carloalberto Rossi

direttore Exit.al, portale di notizie albanesi

 

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