Il risultato delle elezioni parlamentari italiane continua a far discutere anche in Albania e la ricerca di spiegazioni semplificate spinge molti, tra analisti e politici, a dire cose confuse e inesatte o ad usare a sproposito termini oggi molto di moda, tra cui l’accusa sempre piu’ frequente di “populismo” per i partiti realmente vincitori del consenso popolare, cioe’ M5S e Lega.
Molti talk-show hanno visto usare questo termine, in realta’ privo di un significato univoco, piu’ per come “suona” che per quello che significa davvero, e questo in realta’ e’ solo un uso copiato dalla cronache politiche italiane, dove il termine “populista” abbonda, piu’ come accusa che come “aggettivo politico”.
Il termine “populista” nasce con riferimento ad alcune esperienze politiche di fine 800 in cui si esaltava la centralita’ del popolo rurale rispetto agli interessi industriali, ma il termine ha avuto piu’ fortuna per descrivere gran parte dei movimenti democratici di ispirazione socialista, quelli cioe’ che vedevano nell’interesse del popolo il primo interesse della politica, a partire dai movimenti giacobini della rivoluzione francese e il successivo bonapartismo.
L’analisi politica di allora era quella di “monarca e popolo” contro le “classi nobiliari”, queste ultime viste come parassiti della societa’. Con l’evoluzione della societa’ moderna le classi nobiliari sono state sostituite dalle elites economiche, mentre il monarca (concetto uscito assai malandato dalla Rivoluzione Francese) e’ stato sostituito dal leader politico carismatico.
Cosi’ l’aggettivo “populista” e’ stato usato con differenti accezioni.
La piu’ diffusa e’ stata usata per indicare quei sistemi in cui un leader politico (spesso un autocrate) costruiva un suo rapporto diretto con il popolo erigendosi a difensore di quest’ultimo dai pericoli rappresentati di volta in volta, o dalla nobilta’ parassitaria, o dal capitalismo, o dalle ingiustizie del latifondismo, o da altri gruppi consolidati di potere che impedivano lo sviluppo della condizione popolare. Fidel Castro, Juan Domingo Peron, Chavez o altri sono i tipici rappresentanti del populismo centro sud americano, come Nasser, Assad, Saddam Hussein sono rappresentanti di sistemi autocratici e populisti mediorientali.
In altro modo, l’accusa di “populismo”, con profonda accezione negativa, e’ stata usata immancabilmente nelle analisi dei rappresentanti di questi gruppi o elites che accusavano i movimenti intenzionati a cambiare i rapporti di forza e le posizioni sociali cristallizzate di usare argomenti e proposte attraenti ma irrealizzabili per aizzare il popolo o per ottenerne il consenso. In questo senso “populismo” e “demagogia” sono quasi sinonimi.
Oggi in Italia si usa con sdegno l’aggettivo “populista” per squalificare una forza politica che chiede al popolo il mandato per ridare al popolo stesso accesso alla politica e alla determinazione del destino comune, per sottrarlo ai cosiddetti “poteri forti” o ad altre rappresentazioni similari, come le banche o la finanza internazionale.
In sintesi “populista” e’ stata, ed e’ ancora oggi, l’accusa che certe elites, di fatto ormai deleggittimate dal fallimento delle loro politiche, rivolgono ai loro oppositori quando questi ultimi cercano il consenso popolare per mettere a rischio le loro pregresse posizioni dominanti.
Ma se riprendiamo il concetto piu’ usato e prima descritto, cioe’ quello del leader carismatico che si rivolge direttamente al popolo per legittimare il suo potere, possiamo notare come si adatti perfettamente a definire certe politiche attuali di Edi Rama, come ad esempio la recente “piattaforma di co-governo”, destinata a scavalcare il corpo intermedio dell’amministrazione burocratica per creare un rapporto diretto tra il Leader e il Popolo.
Per questo e’ assai curioso ascoltare in televisione alcuni noti sostenitori di Rama accusare spregiativamente di populismo certi partiti italiani oggi vincitori delle elezioni, e ancora piu’ curioso e’ notare come nel lessico di tali analisti il “popolo” sia definitivamente diventato un concetto negativo, essendosi loro evidentemente autoproclamati membri di una quasi ingiustificata elite, oggi impegnata a “difendersi” dal popolo.
Forse sta per avverarsi, anche qui come in Italia, il fatto teorizzato da Vilfredo Pareto che una elite che non si rigenera e’ destinata a perire presto.