Di Carlo Alberto Rossi, Exit.al
Gli incidenti del tunnel dell’autostrada del Kosovo, con la distruzione delle cabine di riscossione del pedaggio e numerosi feriti tra i manifestanti e fra le forze di Polizia, hanno portato il premier Rama ad una dura conferenza-comizio su Facebook.
In questa conferenza Edi Rama, apparso molto turbato e affannato davanti allo sfondo con lo stemma della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha detto tutto e il contrario di tutto.
Contemporaneamente ha incolpato l’opposizione accusandola apertamente di aver preparato le violenze, ha minacciato i colpevoli delle violenze di conseguenze giudiziarie (perche’ la giustizia evidentemente e’ ormai cosa sua), ha dichiarato espulsi dal Partito Socialista i consiglieri comunali socialisti di Kukes che hanno partecipato alla manifestazione (ma non era una conferenza del Primo Ministro? E non era una manifestazione violenta dell’opposizione?), ha accusato i manifestanti di ignorare che il contratto del concessionario prevede abbonamenti mensili per coloro che viaggiano spesso (il contratto non e’ nemmeno completo, infatti gli abbonamenti per gli abitanti di Kukes potranno essere definiti tra le parti entro sei mesi dall’inizio del pagamento della strada), ha annunciato che ricevera’ il Sindaco di Kukes che gli ha chiesto un incontro (richiesta formulata ben prima della manifestazione, ma finora senza risposta), e infine ha annunciato che ci saranno 60 giorni di colloqui con il pubblico di Kukes per spiegare meglio la cosa (cosa che senzaltro avrebbe dovuto fare prima).
Insomma, Rama dicendo queste cose ha legittimato le proteste dei cittadini di Kukes, anche se ovviamente non le violenze, di fatto elencando i principali motivi del dissenso pubblico sulla questione: la totale mancanza di trasparenza, la mancanza di consultazioni pubbliche, l’arroganza di un potere, che prima gestisce ogni cosa come se fosse una questione strettamente privata e quindi riservata, poi si scandalizza se qualcuno non sa cosa prevede un contratto solo parzialmente pubblicato, infine accusa tutti di non voler pagare i servizi. Ma qui non si tratta di servizi resi da un privato, qui si tratta di tasse, la cui raccolta viene delegata ad un privato anche se garantita dallo stato allo stesso privato in cambio di un ipotetico servizio.
Il problema non e’ quello della manutenzione di quella strada, che ovviamente deve pur essere fatta da qualcuno, il problema e’ chi deve pagare la manutenzione di quella strada, oppure, per generalizzare, chi e’ che deve pagare un servizio di utilita’ collettiva.
Questo e’ un tipico problema di livello politico, conosciuto e trattato in tutte le facolta’ universitarie di economia del mondo, peccato che gli unici veri decisionisti nella cupola di Rilindja di studi in economia ne abbiano fatti molto pochi.
Il concetto che una strada la deve pagare chi la percorre, come un acquedotto lo deve pagare chi consuma l’acqua, e’ semplicemente primitivo e semplicistico, e comunque non e’ coerente con la maggior parte delle scelte di investimento e di tassazione fatte dal governo Rama.
Allo stesso modo, quando un governo introduce una tassa qualsiasi, sempre deve chiedersi chi sara’ il soggetto realmente colpito da tale tassa, nel senso che il pagamento di una tassa spesso viene trasferito ad altri soggetti piu’ a valle nella catena economica, e chi fisicamente la paga spesso puo’ rivalersi su un passaggio successivo, e questo alcune volte crea delle distorsioni indesiderate o ingiuste, o perlomeno non desiderabili politicamente.
Un investimento in un’opera di largo interesse pubblico, cioe’ che porta benefici diffusi ad una intera popolazione, e’ evidentemente diversa da un punto di vista politico e fiscale rispetto ad un investimento i cui beneficiari sono un numero ristretto, e soprattutto chiaramente identificabile, di cittadini.
Se e’ normale che gli abitanti di un villaggio si dividano i costi di gestione di un acquedotto, e’ meno normale che i costi di un porto debbano essere sostenuti dagli abitanti della citta’ che lo circonda, e infatti quasi sempre i costi di un porto vengono addebitati a chi lo usa, siano essi passeggeri o merci, e normalmente questo costo, almeno per le merci, viene trasferito ai cittadini che quelle merci acquistano e consumano.
Ma questa distinzione si applica anche alla decisione di investimento, cioe’ un porto o un aeroporto puo’ ben essere finanziato e costruito anche da un privato il quale potra’ rientrare del suo investimento, e poi anche guadagnare molto di piu’, grazie alle tariffe pagate dagli utenti; lo stesso potrebbe avvenire per un acquedotto di un villaggio, ma in entrambi i casi la cosa funziona bene solo se esiste la possibilita’ di costruire un altro porto o usare un altra fonte d’acqua per servire gli stessi utenti, altrimenti il concessionario potrebbe trovarsi in posizioni di ingiustificato vantaggio e diventare un onere eccessivo per gli utenti o per l’economia circostante.
Anche in fase di decisione dell’investimento, un governo sensato decidera’ di dare in concessione quelle opere che non comportano futuri problemi di gestione del prezzo del servizio o che non comportino particolari coinvolgimenti nelle scelte future di pianificazione economica: l’aeroporto di Kukes, ammesso di trovare qualcuno che lo prenda in concessione a suo intero rischio, non e’ indispensabile alla collettivita’ e se il concessionario decidesse di alzare il costo del servizio questo non avrebbe una vera rilevanza sulla societa’ o sull’economia circostante, mentre tutti abbiamo visto quali problemi ha portato la concessione in esclusiva dell’aeroporto di Tirana. Allo stesso modo, il governo puo’ facilmente dare una concessione per la costruzione e l’esercizio di un impianto sportivo, sia esso uno stadio o una piscina, che mai risultera’ monopolista o insostituibile e indispensabile per la collettivita’.
In piu’ un governo ha una chiara responsabilita’ politica sugli investimenti pubblici, cioe’ la gestione delle scelte su come e dove spendere i soldi del budget: se decide di investire sulle piazze e sulle palme probabilmente non avra’ soldi da investire nel completamento della rete stradale, se decide di investire tutta la sua disponibilita’ finanziaria nella sanita’ gratis, probabilmente sara’ costretto a far pagare le strade dandole in concessione ad un privato, e se gli capita (o decide) di pagare tutto al doppio del prezzo facilmente dovra’ rinunciare a finanziare qualche altro investimento, magari dandolo in concessione ad un privato.
Quindi un governo che non gestisce una politica di contenimento delle spese pubbliche nelle gare d’appalto, o un governo che continua a investire sulle cose inutili ma spettacolari, non puo’ dire che e’ costretto a dare le opere pubbliche in concessione, semplicemente ha fatto (o non ha proprio fatto) una scelta politica: ha deciso di fare una certa cosa gratis e un’altra invece a pagamento.
Per una strada il discorso si fa’ molto piu’ complicato, e se questa strada fa parte di un sistema di transito internazionale il discorso si complica ancora di piu’. A che cosa e a chi serve quella strada? Chi la dovrebbe pagare? Ad esempio la strada del Kosovo serve i cittadini di Kukes che devono andare a Triana ma anche quelli di Tirana che vogliono andare a Kukes o in Kosovo, ma anche i lavoratori e le imprese del porto di Durazzo, anche quelli dei traghetti che quel porto collegano, tutte le imprese albanesi e kosovare che operano dall’altra parte del proprio confine, tutti gli investitori e gli operatori del turismo sulla costa albanese e sulle montagne del Kosovo, e serve pure molti operatori turistici del Montenegro, inoltre moltissimi cittadini kosovari e macedoni che vanno a spendere soldi sulla costa adriatica e jonica, infine piu’ in generale quella strada e’ un grande contributo a tutta l’economia albanese.
Chi ne dovrebbe pagare la manutenzione? La risposta e’ una sola: l’intera economia albanese e’ la vera beneficiaria di quella infrastruttura, e la manutenzione della strada puo’ ben essere messa a carico della fiscalita’ generale, e quindi ripartita sulla generale contribuzione che ogni cittadino, piu’ o meno volontariamente, versa allo stato, e questo e’ ancora piu’ vero quando lo stato si impegna a garantire il livello degli incassi dei pedaggi a chi dovrebbe fare la manutenzione.
Se a qualcuno potrebbe sembrare giusto far pagare la tassa ai turisti kosovari che vanno a Valona, perche’ farla pagare anche ai cittadini di Kukes e non ai piu’ ricchi albergatori e ristoratori di Valona? Questa e’ indubbiamente una scelta politica, e il governo ancora una volta ha fatto si che la tassa la pagassero i piu’ poveri dell’Albania a beneficio dei piu’ ricchi. Cosi come ha scelto di “regalare” piazze e boulevard ad alcune citta’ con i soldi del budget, oppure di pagare servizi sanitari (altrimenti non usufruiti) con il “check-up gratis” giustificandolo con una teorica prevenzione.
E’ stata sempre una scelta politica, magari irresponsabile, del governo Rama, come con una scelta politica (ma questa volta manifestamente illegale) lo stesso governo ha voluto continuare a tenere non trasparenti i contratti (che ancora oggi mancano di molti dettagli alcuni dei quali, come gli eventuali abbonamenti mensili o semestrali devono ancora essere discussi tra le parti) che invece sarebbero dovuti essere pubblici e conoscibili prima ancora della gara d’appalto, e adesso tocca esclusivamente al governo Rama giustificare e spiegare in modo credibile le sue scelte politiche: perche’ abbia deciso di non investire sulla Strada del Kosovo, perche‘ abbia deciso di darla in concessione PPP, perche’ abbia deciso di garantire con i soldi pubblici il livello minimo di incassi da pedaggio, perche’ abbia deciso di non completare i contratti e di non definire fin dall’inizio le condizioni di pedaggio per gli abitanti di Kukes, perche’ abbia deciso di scegliere un vincitore anziche’ un altro, e perche’ abbia deciso di seguire una simile procedura. E tocca al governo Rama pagarne il dovuto costo politico.