Di Gerardo Petta*
L’ Ambasciatore Del Panta ha lasciato nei giorni scorsi la sede di Berna, dopo tre anni di servizio in questo Paese. L’occasione ci sembra propizia per tentare di stilare un bilancio del lavoro che egli è venuto svolgendo a sostegno della collettività italiana qui residente, nell’ambito, principalmente, delle iniziative di interesse consolare.
Su un piano generale, merita notare l’insolita azione di investigazione, avviata dall’Ambasciatore subito dopo il suo arrivo nella sede di Berna, con l’apertura di svariati procedimenti disciplinari contro funzionari, o ex funzionari, in servizio in Ambasciata e negli uffici consolari- principalmente nel Consolato generale di Zurigo – e, altresì, nell’Istituto Italiano di Cultura.
Sono insorte, di conseguenza, non poche vertenze giudiziarie, che hanno impegnato, sia il capo Missione, sia i dirigenti della Farnesina, oltre, naturalmente, i funzionari e gli ex-funzionari oggetto di indagini.
Per gestire un così esteso contenzioso, che si trascina, oggi, davanti ai Tribunali italiani , è lecito supporre che il ministero degli Esteri abbia impiegato una quantità forse spropositata di energie professionali, mobilitando a tal fine funzionari diplomatici, consiglieri giuridici, dirigenti amministrativi e mandando perciò in fibrillazione – è da presumere- le direzioni generali competenti. Apparentemente, questioni di natura interna all’Amministrazione hanno avuto perciò la precedenza sugli aspetti più propriamente lavorativi e di gestione delle sedi dipendenti, frenando, in qualche modo, l’operatività degli uffici interessati.
In questo contesto, una delle vicende forse più ingombranti, per i suoi riflessi disciplinari e per i successivi effetti giudiziari, rimane probabilmente quella registratesi lungo la direttrice Berna- Zurigo-Roma : in questo ambito, si è infatti consumato, a partire dai primi mesi del 2016, uno scontro molto acceso tra l’Ambasciatore Del Panta, fresco di nomina e di sede, affiancato per l’occasione dalla dirigenza ministeriale, e il Console generale a Zurigo Francesco Barbaro , ormai prossimo a lasciare il servizio.
Secondo le notizie qui correnti, la causa dello scontro sarebbe stata una differenza di opinioni sull’impostazione da dare ai corsi di lingua italiana per i cittadini svizzeri di lingua tedesca, e sul ruolo, altresì, che l’Istituto Italiano di Cultura gioca, o potrebbe giocare, in tale ambito.
Le perplessità espresse in proposito dal Console Generale e i suoi inviti alla prudenza – ricordiamo che l’italiano in Svizzera non è una lingua straniera- , non sarebbero piaciuti ai suoi Superiori, che vi avrebbero letto l’espressione di un dissenso e l’inosservanza dei doveri di ufficio.
Esigenze di riservatezza non consentono di soffermarsi sugli aspetti disciplinari di questa intricata vicenda, che continua, ancor oggi, a formare oggetto di contenzioso davanti ai Tribunali.
Notiamo soltanto, con riguardo al Console generale, che l’Ambasciatore gli ha notificato la sanzione della censura giusto alla vigilia della sua partenza da Zurigo, congedandolo quindi dal servizio con una nota di disonore.
Non conosciamo le ragioni recondite di una decisone siffatta, conosciamo però i successivi svolgimenti in ambito giudiziario, svolgimenti che hanno procurato un grave passivo al ministero degli Esteri.
Sulla pagina web del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, abbiamo letto il testo della sentenza del 25 giugno 2018, con cui il TAR ha accolto il ricorso contro l’Amministrazione presentato dal dr. Barbaro e ha condannato il Ministero per eccesso di potere. Il Tribunale ha giudicato illegittima l’azione disciplinare condotta contro il Console generale, annullando la sanzione della censura e condannando inoltre il ministero degli Esteri al pagamento delle spese processuali.
La Giustizia ha dunque restituito al dr. Barbaro tutto il suo onore, ma ha anche dischiuso, nel contempo, un interessante spiraglio sui metodi seguiti dalla Farnesina nel campo disciplinare.
*Gerardo Petta
Membro Comites-Zurigo