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Tra protagonismi e maldestri tentativi di controllo e regolamentazione, anche l’Albania si confronta con l’avvento della tecnologia nel mondo dell’informazione.

Osservatorio Balcani ne parla con Koloreto Cukali, presidente dell’Albania Media Council

Di – Tsai Mali

Si chiama ERTV, è un marchio ormai registrato e porta le iniziali del Primo Ministro socialista Edi Rama, saldamente alla guida del paese dal giungo del 2013. Trasmette in diretta letteralmente tutti gli incontri pubblici o discorsi del premier, ma anche gli interventi più ispirati nelle sedute plenarie dei deputati socialisti e interviste ad esponenti del governo. Manda in onda notiziari sulle attività del governo (qui o qui ) che farebbero arrossire anche una Tefta Radi d’antan, o la pink lady della tv di Kim Jong-un, per intenderci. Produce reportage sulle storie di cittadini che hanno superato burocrazia e difficoltà grazie ai nuovi strumenti messi a disposizione dal governo, facendo passare come conquiste anche i casi di ordinaria amministrazione, il tutto nell’ambito di un sistema che si promuove rivelando involontariamente tutti i suoi limiti. Racconta poi casi di successo , quelli in cui si scambia l’eccellenza con l’eccezione, proponendo le storie di chi riesce ad emergere non per merito del sistema ma nonostante il sistema e dove, per conquistare il consenso dei cittadini, il successo individuale è chiamato ad assurgere a una dimensione collettiva e ad essere identificato con lo sviluppo dell’intero paese. Reportage, dicevamo, a metà tra Linea Verde e un cinema di propaganda di altri tempi, con una conduttrice d’eccezione, che per narrare le gesta del governo ha lasciato la conduzione di un programma quotidiano sulla principale rete televisiva del paese.

“La chiamano televisione, ma sono solo dirette Facebook, video in streaming che potrebbe fare chiunque”, si giustificava il premier Edi Rama un anno fa, dichiarando che dietro a quello schermo c’erano “appena tre persone”, regolarmente assunte presso l’ufficio comunicazione del Partito Socialista, promettendo però che “in futuro si faranno cose ancora più belle”.

“È un mezzo di comunicazione di questo tempo, senza intermediari, senza la vostra di mediazione, che a Tirana si sa che rispondete a terzi”, aveva detto ancora Rama al giornalista Ylli Rakipi in un’intervista per la trasmissione “Te Paekspozuarit”, ricordiamo, uno dei tre programmi recentemente sospesi e che tanto hanno fatto discutere di censura e ingerenza della politica nella linea editoriale di un importante gruppo mediatico del paese.

In altre parole, ma in realtà anche con le stesse parole del premier albanese, ERTV è la propaganda della politica 2.0, è la diretta Facebook che sostituisce la conferenza stampa, il potere che salta la mediazione, il politico che sceglie le domande cui rispondere tra i commenti degli utenti sui social, che pronuncia e trasmette un messaggio senza più filtri. Insomma è il potere contro la democrazia.

“ERTV è un caso unico di narcisismo, arroganza e censura informativa, marchiato con le iniziali del primo ministro albanese”, dice Koloreto Cukali, presidente dell’Albania Media Council, un’organizzazione indipendente di giornalisti con lo scopo di promuovere l’autoregolamentazione dei media. Ed è un problema che in realtà va molto oltre la semplice propaganda, poiché in molti eventi che vedono la partecipazione del premier Rama, gli operatori di altri media non hanno accesso e possono trasmettere solo attraverso il segnale distribuito dalla televisione pubblica, o mandando in onda la diretta su ERTV. Altre istituzioni invece inviano alla stampa notizie già scritte e servizi già montati. “Praticamente il Comune di Tirana, il governo albanese e i partiti politici sono i maggiori distributori di fake news in questo paese. Questo schema ha cancellato ogni tentativo di fare giornalismo e causa la conseguente manipolazione del pubblico”, dice Cukali.

Al di là del metodo – anche se si sa che in politica coincide con la sostanza – a preoccupare è anche il livello di trasparenza. Non è infatti pubblicamente noto chi paghi per la comunicazione – informazione o propaganda che la si voglia chiamare – di questo governo. Perché, la retorica del marketing del volontariato “a spese zero”, come ha risposto Rama ad un utente su Facebook o dei “tre giovani stipendiati e assicurati della giovanile del Partito Socialista” è evidentemente solo un’altra fake news del governo.

E allora il PD?
Il Partito Democratico, principale formazione dell’opposizione di centrodestra in Albania che ha governato per otto anni prima di cedere il testimone alla sinistra, non ha mai avuto un rapporto facile con la libertà di stampa. Troppi sono gli episodi di corruzione, pressioni e violenza del passato perché possano essere qui elencati, ma anche con l’attuale leadership la collaborazione con gli organi di stampa non è delle migliori. È infatti trapelata di recente una sorta di circolare del partito con delle linee guida a dirigenti e deputati sulla comunicazione con la stampa, suggerendo in particolare di fare molta attenzione, se non proprio di evitare, tutte quelle televisioni, giornali e siti di informazione notoriamente vicini alla maggioranza, elencando quindi testate e giornalisti. Un documento dal sapore di una black list che conferma, se non altro, la fallimentare strategia comunicativa del partito, con la stampa come con i cittadini.

Dopo la decisione di uscire dal parlamento e di non presentarsi alle amministrative di giugno, regalando la gestione dei 61 comuni del paese ai socialisti, dal principale partito di opposizione giunge anche il boicottaggio della stampa, l’ennesimo passo falso che fa gioco solo alla maggioranza. Un peccato, perché per quanto ostile o di parte, uno studio televisivo può dare voce a tutti e per farsi sentire è sufficiente avere un argomento.

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Il primo a denunciare l’oscuramento di una serie di post o video critici nei confronti del governo, pubblicati da siti di informazione o vari account sui social è stato Exit.al. Nella ricostruzione del sito albanese , molti contenuti multimediali, in genere brevi filmati estrapolati da interviste e partecipazioni a programmi televisivi, pubblicati prevalentemente per denunciare o ricordare promesse non mantenute dei politici, e quindi senza fine di lucro, non sono più disponibili in rete.

In seguito, anche altre testate hanno scritto di contenuti rimossi : un video in cui in campagna elettorale il Sindaco di Tirana Erion Veliaj promette tolleranza zero per le nuove costruzioni nella capitale o un articolo in cui lo stesso sindaco viene etichettato come “assassino di Ardit Gjoklaj ”; ma anche un video musicale postato sui social a causa del titolo che alludeva ai presunti brogli elettorali dell’ex sindaco socialista di Durazzo Vangjush Dako o ancora un monologo particolarmente critico del giornalista Adi Krasta. Insomma, il genere cambia, ma ad accomunare i contenuti su cui fino ad ora si dibatte c’è sempre la critica all’attuale gestione del paese.

In tutti i casi, a chiederne l’oscuramento sarebbe stata Acromax Media, una società che gestisce i diritti delle produzioni di tutte le principali televisioni albanesi. I programmi sono considerati proprietà intellettuale delle reti che li producono e queste si avvalgono della collaborazione con una società privata per far valere i diritti d’autore sul contenuto prodotto, anche quando si tratta di uno spezzone di 30 secondi.

In altre parole, i diritti economici delle società mediatiche prevalgono sulla libertà di espressione, capovolgendo la scala dei valori di una società democratica. E quando l’intervento non è neppure motivato da fini di lucro ma, presumibilmente, da motivazioni politiche, il cortocircuito diventa ancora più preoccupante.

“Le polemiche sul caso Acromax rivelano la necessità di un ampio dibattito pubblico. C’è una percezione che gli organi di stampa filo-governativi, principalmente quelli tradizionali ma anche i media online, facciano uso di tutti i mezzi a disposizione per bloccare qualsiasi contenuto contro il governo. L’equilibrio tra diritto d’autore e diritto all’informazione richiede una soluzione giuridica, ma anche etica, e soprattutto la necessaria sensibilizzazione pubblica”, dice ancora Cukali, sottolineando la l’importanza di adeguati margini di tolleranza soprattutto quando si tratta di casi di condivisione di informazioni senza fini di lucro.

Diritto d’autore o libera manifestazione del pensiero?
La vicenda Acromax non ha ancora assunto le dimensioni di un dibattito nazionale, ma pone l’accento sul delicato rapporto tra diritti d’autore e la pubblicazione da parte di utenti o organi di stampa di contenti che possono essere soggetti a licenze, soprattutto in un paese in cui molte produzioni sono nelle mani di pochi editori. Preoccupa anche che l’oscuramento possa essere richiesto da privati, eseguito in tempi brevi e senza diritto di appello.

Un tema delicato e molto attuale, che va ben oltre i confini dell’Albania, ma cui si aggiunge nel paese anche il tentativo di regolamentare il controllo sui media online attraverso gli emendamenti del cosiddetto pacchetto anti-diffamazione, da subito contestato sia da organizzazioni non governative attive nella tutela della libertà di informazione che da istituzioni internazionali.

“È la legge secondo cui un sito di informazione può essere multato dall’Autorità dei Media Audiovisivi, cioè un’istituzione di fatto alle dipendenze del governo, che potrà attribuirsi competenze degne di una corte di giustizia nel giudicare l’etica dei giornalismo”, dice Cukali.

Da un lato, con le proposte legislative contro la diffamazione si registra un tentativo di imporre alla rete regolamentazioni restrittive stabilite da organi governativi – per altro accompagnate anche da campagne di delegittimazione della stampa da parte del legislatore stesso – facendole rientrare nel più ampio quadro della tutela dalle fake news.

Dall’altro, con l’intervento dei privati, si cerca invece di imporre dei limiti alla libertà di condivisione di contenuti per frenare la conseguente cessione del controllo dell’informazione, che nell’era della rete e dei social rischia di scivolare dalle mani dei grandi editori (leggi pure governi) verso realtà più piccole o addirittura i singoli utenti.

La contrapposizione del diritto d’autore al dovere di cronaca appartiene ad uno spazio inedito e in parte ancora sconosciuto, in cui dibattere in modo sostanziale e legiferare in maniera responsabile è doveroso, al fine di tutelare il diritto di espressione e informazione. Altrimenti sarà sempre il denaro e la solita commistione di interessi a comprarsi quei diritti e dare forma alla regolamentazione, rispondendo nel modo sbagliato a domande attuali e giuste./https://www.balcanicaucaso.org

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