Per ora l’adozione di nuove norme che a detta di molte associazioni in difesa della libertà dei media avevano connotati fortemente liberticidi è stata sospesa. Ma occorre – secondo gli autori di questo commento – rimanere vigili
Di – Pedro Pizano, Albi Cela
(Pubblicato originariamente da Balkan Insight il 20 febbraio 2020)
Dopo mesi di dispute interne e pressioni internazionali, il primo ministro socialista albanese Edi Rama ha rinviato l’adozione di alcuni provvedimenti normativi che avrebbero censurato le poche voci critiche online rimaste.
Il rinvio ha avuto più a che fare con la visita a Tirana la scorsa settimana del Presidente del Parlamento europeo David Sassoli [3 febbraio 2020, ndr] che con le proteste dei media internazionali e locali contro le leggi draconiane. Molti temono che sia solo questione di tempo prima che la comunità internazionale guardi dall’altra parte e che Rama si faccia largo a forza in parlamento.
Rama ha ripetutamente definito gli organi di stampa critici “cestini della spazzatura”, non nascondendo la sua profonda antipatia nei loro confronti e lasciando intendere ciò che vorrebbe venisse fatto loro. Molti tra i principali canali tv del paese e quotidiani si sono adeguati a questo clima e ora raramente criticano il primo ministro. Quei pochi giornalisti che erano critici nei confronti di Rama sono ora disoccupati, o sono stati costretti a trasferirsi nel vicino Kosovo.
È quanto accaduto ad Adi Krasta, giornalista di spicco e ospite di numerose trasmissioni tv. È stato licenziato e costretto a trasferirsi in Kosovo per aver espresso opinioni contro il governo Rama.
Anche Un-exposed, incisivo talk-show televisivo, è stato chiuso dopo aver criticato Rama. Una serie di altri talk show, giornali e piattaforme online critici nei confronti di Rama sono stati attaccati dal governo.
Il Partito Socialista di Rama ha una controllo netto del governo, del parlamento e del sistema giudiziario. L’opposizione ha abbandonato il parlamento l’anno scorso denunciando il fallimento del governo nella lotta alla corruzione. Nel frattempo, la magistratura è in trambusto. La riforma introdotta per eliminare i giudici corrotti viene utilizzata anche per garantire che i futuri giudici provengano dalla cerchia di Rama. A seguito della riforma in atto l’Albania è attualmente priva di una Corte costituzionale funzionante, mentre molti tribunali locali e nazionali rimangono a corto di personale.
Rama continua a sostenere che le leggi sui media proposte sono necessarie per fermare la diffusione di notizie false e la disinformazione. Sostiene anche che le leggi sono conformi agli standard internazionali sulla libertà di stampa. I movimenti, locali ed internazionali, che si occupano di libertà dei media non sono d’accordo e avvertono che le leggi serviranno a proteggere il governo dai pochi media critici rimasti nel paese.
Le leggi sui media proposte prevedono multe esorbitanti a carico dei media per non aver presentato le notizie “in modo genuino, imparziale e obiettivo”, su giudizio di un’apposita commissione governativa. Le multe potrebbero andare dai 900 ai 18.000 dollari. Il salario medio mensile in Albania è di 463 dollari.
Come Rama sa per esperienza diretta, è meglio multare e tassare le voci critiche piuttosto che reprimerle in modo violento o farle rinchiudere nella famigerata prigione di Spac. Ironia della sorte, nel 1997, Rama stesso è stato duramente attaccato da una banda di scagnozzi del governo d’allora per i suoi scritti critici contro l’autocratico primo ministro Sali Berisha.
Preoccupata per i probabili effetti di queste leggi sulla libertà di espressione in Albania, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha pubblicato tre rapporti giuridici tra l’11 luglio e il 9 dicembre 2019, chiedendo all’Albania di rivedere le leggi e mettere in pratica le raccomandazioni mosse. Queste includono la riduzione delle multe e il contenimento dell’eccessiva autorità della commissione per i media. Anche l’ambasciatore dell’UE in Albania, Luigi Soreca, ha espresso la preoccupazione che le leggi “possano avere effetti negativi sulla libertà di espressione”.
Nonostante le obiezioni dell’OSCE, che ironicamente l’Albania attualmente presiede, il parlamento ha inizialmente approvato la riforma della normativa sui media. Il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha allora avvertito ufficialmente Tirana, osservando che diverse misure non erano “compatibili con gli standard internazionali ed europei in materia di diritti umani a tutela della libertà di espressione e della libertà dei media”. Anche Michael Gahler e David Lega, esponenti del Partito popolare europeo al Parlamento europeo, hanno protestato contro l’approvazione della riforma.
In risposta, il presidente Ilir Meta ha posto il veto sulla legge tramite decreto. A sostegno del veto del Presidente, la Commissione di Venezia, organo consultivo del Consiglio d’Europa, ha annunciato il 20 gennaio scorso la richiesta di revisione della legge sui media. Il governo di Rama ha rifiutato di cedere alle pressioni e il giorno dopo ha rinviato la legge in Parlamento per superare il veto del Presidente. In assenza di una Corte costituzionale, Rama è libero di far passare le sue leggi senza ostruzioni. “Respingeremo il decreto [veto] del Presidente”, ha affermato Taulant Balla, capogruppo parlamentare del Partito socialista su Facebook il 22 gennaio scorso.
Il 30 gennaio, però, giorno in cui era previsto che il Parlamento approvasse le leggi nonostante il veto del Presidente, il Partito socialista ha votato per rinviare la votazione, dichiarando che avrebbe “rinviato la votazione fino a quando la Commissione di Venezia non avrebbe espresso il suo parere”.
Le pressioni internazionali e l’onnipresente minaccia di non essere invitati ad aderire all’Unione europea, hanno portato Rama a mettere momentaneamente nel cassetto la legge.
Ma, in assenza di organi di stampa critici in Albania, è la comunità internazionale che deve essere presente e alzare la voce contro il suo tentativo di mettere a tacere i critici attraverso leggi ingiuste e pressioni nei confronti dei giornalisti.
Le elezioni politiche in Albania sono previste per il giugno 2021. Affinché queste elezioni abbiano una qualche possibilità di essere libere ed eque, sarà necessaria una stampa forte, indipendente e critica.
È ammirevole che sia il partito di centro-destra che il partito socialista albanese si siano accordati per fermare la spinta draconiana del governo. La libertà di stampa ha trovato alleati insoliti. Occorre rimanere comunque vigili. Dopo tutto, la libertà è sempre una generazione avanti rispetto all’estinzione./Oservatorio Balcani