Una veduta di Tirana
È stata una cartolina e soprattutto chi me l’aveva inviata ad indurmi a venire in Albania la prima volta, molti anni fa. L’impiegato del consolato a cui avevamo presentato la richiesta del visto aveva strabuzzato gli occhi. Quelli della nostra età andavano ad Amsterdam o Stoccolma,“che diavolo andate a fare in Albania ci chiese”?
Henver Hoxa era appena passato a miglior vita e solo per questo qualche visto turistico lo rilasciavano di tanto in tanto. Arrivammo (dopo un giorno di navigazione) in un Paese dove le case matte erano più delle case in piedi. Il dittatore, nella sua paranoia, aveva convinto gli albanesi che sarebbero stati invasi dagli “imperialisti occidentali” da un momento all’altro. I sovietici e quelli del patto di Varsavia, per Hoxa, erano troppo a destra, quindi manteneva rapporti più o meno amichevoli solo con i cinesi anche se, da convinto maoista, diffidava delle (timide) aperture di Deng Xiao Ping al libero mercato.
L’Albania era il paese dei divieti e della tristezza. E quelle poche cose divertenti erano anche molto pericolose. Vietata qualsiasi foto, quasi impossibile scambiare quattro chiacchiere con gli albanesi. Solo nei pressi dell’Hotel Tirana,era possibile incrociare i pochi stranieri nel Paese. Era severamente vietato anche suonare il clacson. Un senso di oppressione che dopo tre giorni ci indusse ad andare via. Anche se ero gia stato nei paesi del socialismo reale, l’Albania era davvero un’altra cosa. Al confronto Berlino est era Rio de Janeiro durante il carnevale.
Non è più così. Tirana è invasa da allegri ragazzi italiani (ma non solo) che studiano in Albania un paio d’anni per poi continuare in Italia. Gli investimenti esteri hanno favorito un discreto sviluppo economico. Tanti Albanesi che erano emigrati sono tornati in patria. Semmai sono gli italiani che ora arrivano in Albania per investire, approfittando di un regime fiscale conveniente. E mentre penso a tutto questo, dall’ultimo piano dell’hotel Tirana, affacciato sulla piazza dedicata all’eroe nazionale del Paese delle Aquile, Giorgio Castriota detto Scanderbeg, scatto tutte le foto che non ho potuto fare 35 anni prima/BlitzQuotidiano.it