BELLUNO «Domenica abbiamo capito che era meglio tornare. Abbiamo letto che un aeroporto dopo l’altro, nel nord Italia, stavano chiudendo tutti. A quel punto con il mio collega ci siamo decisi: rientriamo prima che anche il traghetto Durazzo Bari venga cancellato». Gabriele De Bettio è un imprenditore bellunese del settore tessile che lavora in Albania. La sua è una storia di ordinaria burocrazia all’italiana. In piena emergenza coronavirus De Bettio è stato costretto ad abbandonare la sua auto a Bari e a tornare a Belluno con i mezzi pubblici. Inutile il braccio di ferro con le autorità con cui si è imbattuto. Inutile provare a spiegare che il principio dei recenti decreti è quello di evitare assembramenti. Inutile anche sottolineare che mentre ai cittadini viene chiesto il massimo della flessibilità (rinunciare al diritto di uscire di casa) lo Stato reagisce dimostrandosi inflessibile.
ANDIAMO CON ORDINE
Lunedì l’imprenditore Bellunese sale in nave. «Il traghetto non è partito subito e questo ci ha preoccupato, temevamo non partisse più perché nelle ultime ore sono stati trovati anche dei positivi a coronavirus in Albania – spiega l’imprenditore – martedì mattina quando siamo arrivati a Bari la nave è rimasta ferma in rada, poi è arrivato l’ok allo sbarco». È al controllo documenti che per il bellunese arriva la doccia gelata.
CON L’AUTO NON SI PASSA
«Mi è stato subito detto che l’auto doveva per forza tornare indietro. Che non poteva circolare sul suolo italiano perché ha la targa albanese. A quel punto ho sentito l’ambasciata italiana a Tirana, i doganieri, la guardia di finanza, la Polizia, il ministero dell’Interno e pure quello della Salute. Mi hanno confermato che per motivi di salute pubblica si poteva concedere un lasciapassare ma alla fine nessuno si è assunto la responsabilità. Mi ero anche detto disponibile a farmi sequestrare l’auto dopo aver avuto la possibilità di rincasare ma non è bastato. Così dopo un’intera mattinata tra uffici, per rimandare l’auto in Albania, e telefono ho desistito». A quel punto con i mezzi pubblici ha raggiunto l’aeroporto di Bari, dove ha preso un volo per Venezia. E dalla Laguna è arrivato a casa ancora con i mezzi pubblici.
AMAREZZA
«Mi sono sentito profugo a casa mia anzi, ancor di più, dato in pasto al virus, per una legge, che ovviamente come tale va rispettata ma che, purtroppo, non collima con un decreto che impone misure tassative di comportamento per la salute pubblica. Se io dovessi scoprire di avere il coronavirus di chi sarà la colpa?»Andrea Zambenedetti/