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Kosovo elezioni, favoriti i nazionalisti di Kurti. Serbia ed Europa attendono

Domenica 14 la popolazione del Kosovo voterà per le ennesime elezioni parlamentari anticipate, dopo mesi di instabilità istituzionale.di Luca Sebastiani

Kosovo elezioni, favoriti i nazionalisti di Kurti. Serbia ed Europa attendono

Kosovo, caos politico

di Luca Sebastiani

Sarà la quarta chiamata alle urne in sei anni, nonché la quinta volta che si terrà un’elezione anticipata nei 13 anni di vita della repubblica del Kosovo. È la conferma dell’incertezza politica che attanaglia il “giovane” paese. Questa tornata elettorale si è resa necessaria dopo che una sentenza della Corte costituzionale, il 21 dicembre scorso, ha dichiarato illegittimo il governo di Avdullah Hoti, creatosi nel giugno precedente. L’esecutivo, infatti, si fondava anche sulla fiducia da parte di un deputato (Etem Arifi) che aveva però una condanna penale e per questo era inadatto a svolgere il suo ruolo da parlamentare. Venendo meno la debole maggioranza, formata da 61 parlamentari sui 120 totali, le camere sono state sciolte dalla presidente dell’Assemblea della Repubblica Vjosa Osmani, che attualmente è anche la presidente ad interim del Kosovo.

Osmani ha ricevuto tale ruolo a novembre 2020, quando il capo di stato Hashim Thaci si è dimesso a seguito delle accuse a suo carico di crimini di guerra durante il conflitto per l’indipendenza del paese. Accuse confermate dal Tribunale Speciale dell’Aja per i crimini dell’Uck (Ushtria Çlirimtare e Kosovës ovvero l’Esercito di Liberazione del Kosovo). Stessa sorte di Kadri Veseli, ex presidente dell’Assemblea parlamentare.

Kosovo, i partiti e gli sfidanti

Non sono mancate sorprese anche al momento della presentazione delle liste elettorali. Albin Kurti, ex premier e leader del partito Vetevendosje (“Autodeterminazione” o Vv), è stato escluso a causa dell’impossibilità di candidare chi ha subito una condanna penale negli ultimi tre anni. Kurti era stato infatti condannato nel 2018 per aver messo in scena delle proteste smisurate e non “convenzionali” dentro il Parlamento, arrivando a lanciare lacrimogeni dentro l’aula. Nonostante questa inibizione costituzionale, però, Kurti potrà lo stesso diventare primo ministro.

Proprio il movimento nazionalista di sinistra Vetevendosje sembra essere il favorito ai nastri di partenza, con il sondaggio condotto dall’istituto PIPOS che lo dà, in crescita, tra il 41 e il 43%. I temi che Kurti ha messo al centro di questa mini-campagna elettorale (durata dieci giorni) sono stati la giustizia e l’occupazione. Più staccato, con circa il 23%, il conservatore Partia Demokratike e Kosovës (“Partito democratico del Kosovo” o Pdk), di cui Thaci era espressione e che adesso è guidato da Enver Hoxhaj. Il terzo partito per grandezza invece è la Lidhja Demokratike e Kosovës (“Lega democratica del Kosovo” o Ldk), il partito di centro-destra dell’uscente Hoti, che, stando al sondaggio, si attesta sul 20%. Osmani, in rotta con i vertici, è recentemente uscita dalla Ldk, per correre con una lista indipendente al fianco di Vv e la sensazione è che, in caso di vittoria, potrebbe mantenere la carica di presidente del paese. Sempre secondo l’istituto PIPOS a oltrepassare la soglia di sbarramento del 5% sarà anche il partito di Ramush Haradinaj, l’Aleanca për Ardhmërinë e Kosovës (“Alleanza per il Futuro del Kosovo” o Aak), che viene stimato all’8%.

Sotto la soglia ci sono i gruppi che rappresentano le minoranze, a cui però spettano di diritto 20 seggi in Parlamento. La popolazione serba ha tre partiti di riferimento, di cui il maggiore è Srpska Lista (“Lista Serba” o Sl), legato direttamente al governo di Belgrado, che non a caso ha invitato a votare Sl domenica.

Kosovo, il contesto regionale e mondiale

I principali paesi occidentali che riconoscono l’indipendenza del Kosovo hanno lanciato appelli affinché il voto si svolga in maniera democratica e regolare. La Serbia vede ancora il territorio kosovaro come una propria provincia e si oppone al riconoscimento ufficiale, così come i suoi alleati più importanti, come la Russia. La relazione tra Pristina e Belgrado rimane tesa, sebbene il dialogo sotto il patrocinio dell’Unione europea continui. Tuttavia Bruxelles è rimasta scottata dalla scelta del Kosovo di aprire la propria ambasciata a Gerusalemme, dopo la normalizzazione dei rapporti con Israele formalizzata il 1° febbraio. Peter Stano, portavoce per la politica estera dell’Ue, ha parlato di decisione “deprecabile”, visto che tutte le delegazioni dei paesi membri rimangono a Tel Aviv. Stano ha poi ricordato che Pristina, avendo indicato come priorità strategica l’integrazione nell’Unione, non dovrebbe agire in modi che potrebbero “minarne la prospettiva europea”.

L’asse con il Kosovo è stato frutto della politica degli Stati Uniti che negli ultimi mesi ha favorito l’istituzione delle relazioni tra Israele e molte nazioni (tra cui il Sudan, il Marocco, il Bahrein e gli Emirati Arabi Uniti). Il neo inquilino della Casa Bianca, Joe Biden, ha voluto mandare un (doppio) messaggio al presidente Aleksandar Vucic per la Festa nazionale serba del 15 febbraio, auspicando una soluzione alla controversia e il mutuo riconoscimento tra Serbia e Kosovo. Parole molto apprezzate dalle parti di Pristina ma che hanno fatto storcere non poco il naso a Belgrado.

I retaggi del passato, inevitabilmente recente, continuano a influenzare la vita politica e la società odierna nonostante il desiderio di cambiamento del popolo kosovaro che probabilmente emergerà dal voto di domenica./Affari Italiani.it

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