Il 17 gennaio scorso il presidente turco Erdoğan si è recato in Albania. Un rapporto, quello tra i due paesi, che appare sempre più stretto. Con alcuni coni d’ombra, legati all’Ue e al rispetto dei diritti umani sulla questione della repressione del movimento legato a Gülen
Di Gjergji Kajana
Il 17 gennaio l’Albania è stata visitata dal presidente turco Recep Tayyip Erdoğan, accompagnato da una folta delegazione statale. Il capo di stato di Ankara e il primo ministro albanese Edi Rama hanno inaugurato a Laç un complesso residenziale di 522 abitazioni, 37 unità commerciali e un parcheggio per 375 veicoli, tutti parte di un investimento da 42 milioni di euro donati all’Albania in seguito al devastante terremoto del novembre 2019. A Tirana presentata poi anche la nuova moschea di Hajji Ethem Bey, restaurata dalla Agenzia Turca per la Coordinazione e Coordinamento . Sono stati firmati 7 accordi bilaterali riguardanti la cooperazione nei campi di gestione dei disastri naturali, le agenzie di stampa governative, il protocollo diplomatico, la formazione delle forze dell’ordine, gli archivi di stato e la cultura.
Quella in Albania è stata la prima visita estera del presidente turco nel 2022 ed ha segnato un ulteriore rafforzamento di una stretta relazione bilaterale tra i paesi, ufficialmente impegnati a incanalarla nel solco di un partenariato strategico. L’alto livello raggiunto dalla cooperazione bilaterale si svolge in seguito all’aiuto turco a Tirana per affrontare le conseguenze del terremoto e della pandemia Covid-19 (tramite l’avvenuta assistenza logistica per procacciarsi il vaccino CoronaVac e la costruzione in tempi rapidi di un ospedale a Fier) e della stretta relazione personale tra Erdoğan e Rama.
Scontro Erdoğan – Gülen
Nel gennaio 2020 abbiamo dedicato un’inchiesta alla pervasività dell’autoritarismo del regime di Erdoğan anche al di fuori dei confini della Turchia. Vai alle 4 puntate
Per l’Albania la Turchia rappresenta una cerniera importante come paese membro NATO che lega direttamente l’Alleanza con il Medio Oriente, mentre l’Albania (insieme al Montenegro) offre alla Turchia un ponte nell’Adriatico Orientale. Nella penisola Ankara svolge un ruolo da potenza regionale, raggiunto per mezzo di accordi di libero scambio (quello con l’Albania è in vigore dal 2008), estesa attività diplomatica interstatale, influenza culturale derivante dal comune retaggio proveniente dall’epoca di dominio ottomano nell’area e sostegno all’educazione.
Il rapporto post-ottomano con l’Albania comincia con un accordo di amicizia nel 1923 e si è mantenuto su ottimi livelli in quasi tutto il periodo posteriore, segnando però un forte disaccordo diplomatico nel 2012 per il rifiuto di Sali Berisha, predecessore di Rama, di far votare l’Albania a favore dell’assegnazione alla Palestina dello status di osservatore permanente in sede ONU, per il cui ottenimento l’allora primo ministro turco Erdoğan premeva. Tenendo conto della contrarietà americana all’assegnazione dello status, Tirana si astenne nel voto all’Assemblea Generale di New York.
Primo ministro dopo aver sconfitto Berisha nel 2013, Rama si è dato l’obiettivo di migliorare la relazione, vedendo fortemente nella Turchia un alleato di tutto il fattore albanese nei Balcani e dell’Albania in particolare. Le due diplomazie condividono l’impegno a far riconoscere in sede internazionale l’indipendenza di Pristina (atto da loro prontamente compiuto appena proclamata nel 2008) malgrado abbiano buoni rapporti con la Serbia, che osteggia questa politica e considera ancora il Kosovo parte del suo territorio nazionale. Dopo il terremoto del 2019 Erdoğan, oltre alle costruzioni a Laç, si impegnò nella raccolta degli aiuti finanziari all’Albania da parte dei paesi membri della Banca Islamica per lo Sviluppo. Nel gennaio 2021 ad Ankara i due leader firmarono una dichiarazione politica congiunta per creare un Consiglio di Cooperazione Strategica di alto livello. La Turchia mira a far aumentare la propria presenza diplomatica nel Paese delle Aquile tramite la prossima apertura di un consolato a Valona.
In economia gli scambi presentano un trend in crescita da anni, con la Turchia secondo partner commerciale di Tirana (dopo l’Italia) e quinta per valore monetario dello stock di investimenti esteri nel paese, i quali fino al settembre 2021 raggiungono i 2.025 miliardi d’euro e sono principalmente concentrati nella industria di lavorazione, quella estrattiva ed energia. Circa 15.000 albanesi lavorano nelle imprese a conduzione turca sul territorio nazionale. Nel campo dell’infrastruttura aerea la Turkish Airlines detiene il 49% delle azioni della compagnia di bandiera albanese Air Albania, mentre un consorzio turco composto dalle compagnie Cengiz, Kalyon e Kolin aveva presentato nel 2018 una richiesta ufficiale per la costruzione del progettato aeroporto di Valona, ritirandosi da essa un anno dopo. L’investimento di Ankara è importante anche nel “soft power” culturale: a Tirana e Scutari operano i centri culturali Yunus Emre e in tutto il paese si finanzia la costruzione e la ristrutturazione di nuove moschee, tra le quali spicca la Namazgâh, destinata a diventare la più grande dei Balcani. La Fondazione Maarif, finanziata dal ministero dell’Educazione, gestisce un’università e alcune scuole.
In una relazione molto stretta appare come unica nuvola sul suo futuro buon andamento la questione di cittadini turchi residenti in Albania ritenuti attivisti di FETÖ, movimento che Ankara considera terrorista e ritiene autore di un tentato colpo di stato nel 2016. Nel 2020 ha causato preoccupazione da parte dell’ONU l’espulsione in Turchia (dove è stato condannato a 8 anni di carcere per appartenenza a una organizzazione terroristica) di un cittadino turco arrestato in Albania nel tentativo di entrare con un visto falsificato e considerato da Ankara membro del movimento di Gülen, il leader di FETÖ che vive negli USA. Dopo l’incontro con Rama un anno fa Erdoğan ha dichiarato che le autorità dei due paesi erano “d’accordo” del fatto che FETÖ costituisse una minaccia per entrambi i paesi. Nel discorso al Parlamento di Tirana il 17 gennaio scorso il presidente turco ha esplicitamente affermato: “Ci attendiamo che l’Albania adotti immediate misure contro le strutture di FETÖ nel paese e non permetta che le nostre relazioni si infoschino a causa di questo motivo. Nelle prossime visite che effettuerò in Albania spero che la questione sia stata definitivamente risolta”.
L’UE dovrebbe essere un osservatore molto interessato alla penetrazione turca nei Balcani Occidentali perché ne potrebbe intaccare l’influenza. Nel 2018 il presidente francese Macron, uno dei leader dell’Unione, affermò esplicitamente di non volere vedere la regione volgersi verso Ankara o Mosca, però nel frattempo entrambe continuano a mantenere il loro appeal e a Parigi prevale la contrarietà sull’opportunità di offrire la membership ai 6 paesi dell’area che ne sono fuori. In attesa – insieme a Skopje – della data per la prima conferenza intergovernativa dei negoziati di adesione con Bruxelles, l’Albania sta intensificando gli approcci regionali promuovendo con Serbia e Macedonia del Nord l’Iniziativa Open Balkan , che mira a implementare tra i tre paesi la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali. L’UE è a favore di questo progetto trilaterale e di un mercato regionale comune nei Balcani Occidentali. Invitata da Rama a essere più proattiva nell’area anche nella transizione digitale, verde, l’educazione e gestione delle emergenze, Bruxelles risponde con l’intenzione di convocare durante la corrente presidenza francese una conferenza sulla regione, dove la Turchia (formalmente anche essa un potenziale futuro membro dell’Unione) ha trovato a Tirana un prezioso alleato./Osservatorio sui Balcani