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Il contributo di Piero Antonio Bonnet, alla luce della Lettera Apostolica “Mitis Iudex Dominus Iesus”.

di Leone Melillo

(Professore nell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” e Professore nell’Università Cattolica di Tirana)

Una valutazione comparatistica di quanto previsto dal titolo XIII dell’Istruzione Dignitas connubii, in tema di processo documentale, posto in relazione con quanto previsto dall’art. 6 della «Lettera Apostolica in forma di “Motu Proprio”, del Sommo Pontefice Francesco, MitisIudex Dominus Iesus», sempre in tema di “processo documentale”, potrà offrire la traccia che farà assumere significato alla natura di questo processo speciale e, quindi, ai più dibattuti temi della “dispensa” canonica e dell’efficacia civile, pronunciata dalla Corte d’Appello italiana, che ancora oggi rivela ombre sulla configurabilità, in rapporto alla nullità della sentenza giudiziale “ob ius defensionis denegatum”.

Una riflessione che induce a riflettere sulla definizione del “processo documentale”, tracciato da Piero Antonio Bonnet.

Sembra ancora condivisibile la tesi, percorsa da Piero Antonio Bonnet, con alcune limitazioni. 

Infatti, una “lettura della disciplina codiciale del processo documentale” evidenzia, chiaramente, “che questa singolarissima procedura deve trovare applicazione solamente nei casi nei quali la nullità matrimoniale sia del tutto evidente, certa ed indubitata”.

Un’affermazione che, tuttavia, se invita a soffermarsi sulla istruzione Dignitas connubii, non può tralasciare di considerare ‒ contrariamente a quanto sembraaffermare Gianpaolo Montini, che legge Bonnet ‒ le “profonde innovazioni della recente riforma del processo di nullità matrimoniale” che ‒ secondo Montini ‒ lo avrebbero semplicemente “confermato”.

Ecco il limite.

L’attenzione deve attardarsi sugli art. 295 – 299, dell’istruzione Dignitas connubii, e sulla previsione dell’art. 295 che si sofferma su “un documento che non sia soggetto a contraddizione o ad eccezione alcuna”, dal quale “consti con certezza l’esistenza di un impedimento dirimente o la mancanza della forma legittima, purché sia chiaro con eguale sicurezza che non fu concessa la dispensa, oppure che il procuratore non aveva un mandato valido (cf. can. 1686)”, perché modificata – come evidenziato in premessa – dall’attuale formulazione del can, 1688 C.I.C.

Non sembra possibile trascurare, inoltre, questa previsione normativa, attestandosi solo ad una lettura del diritto processuale canonico, su cui sembra indugiare la dottrina.    

La ragione è evidente.

La stessa dottrina è chiamata a considerare la profonda novità introdotta dall’art. 6 della recente riforma del processo di nullità matrimoniale, che disciplina il processo documentale.

Il suo innegabile impatto incide, infatti, sul “difetto della forma legittima”, in rapporto al “difetto di un mandato valido in capo al procuratore” (Can. 1688 C.I.C., vigente).

Qual è la ragione?

Già il can. 1686 C.I.C, non più vigente, posto in relazione con l’art. 295 dell’“Istruzione Dignitasconnubii” induceva a riflettere.

Lo stesso, espressamente, in tema di “mancanza della forma legittima” sembrava riconoscere solo la possibilità che “il procuratore non ave[sse] una mandato valido”.

Una possibilità  ̶  quella della “mancanza della forma legittima”  ̶   che sembrava però estesa, oltre l’ambito del “mandato procuratorio valido”, dalla previsione dell’art. 297 § 1 che prevedeva ancora il “difetto della legittima forma”, senza alcuna specificazione. Una conferma giungeva anche dall’art. 297 § 2, sempre dell’Istruzione Dignitas connubii, che si soffermava sulla possibilità giuridica delle “parti che hanno attentato il matrimonio davanti a un ufficiale di stato civile o a un ministro di culto acattolico”.

Dubbi e perplessità fugate dall’attuale formulazione dell’art. 6 della «Lettera Apostolica in forma di “Motu Proprio”, del Sommo Pontefice Francesco, Mitis IudexDominus Iesus», in tema di “processo documentale”.

Questo articolo, che si compone di tre canoni, non prevede nulla che estenda l’applicabilità dell’istituto, oltre l’ambito della “forma legittima”, connessa al “mandato procuratorio valido”, come diversamente contemplato dell’art. 297 § 1 che prevedeva ancora il “difetto della legittima forma”, senza alcuna specificazione, e dall’art. 297 § 2, sempre dell’Istruzione Dignitas connubii, che si soffermava sulla possibilità giuridica delle “parti che hanno attentato il matrimonio davanti a un ufficiale di stato civile o a un ministro di culto acattolico”.

Esiste, quindi, solo un’apparente corrispondenza tra il can. 1688 vigente e l’art. 295 dell’Istruzione DignitasConnubii, con riferimento all’“esistenza di un impedimento dirimente” o al “difetto della forma legittima, purché sia chiaro con eguale sicurezza che non fu concessa la dispensa” o il “difetto di un mandato valido in capo al procuratore”.

Un ambito applicativo, ormai definito, che non induce a soffermarsi sul “difetto di mandato valido in capo al procuratore”, quanto alla forma legittima, richiesta per la celebrazione di un matrimonio canonico, ma sulla “dispensa canonica”.

Proporrò questo tema di ricerca, in occasione del prossimo convegno internazionale sul tema: “La funzione educativa del Processo documentale canonico e la Famiglia tra diritto statuale e diritto canonico”. L’evento scientifico, in modalità mista, avrà luogo a Nola, domani 20 ottobre, dalle ore 16:00, presso la Sala dei Medaglioni del Palazzo Vescovile.

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