NON SI PUO’ DEFINIRE NICHILISTA LA POETICA DI MARIA TERESA LIUZZO POICHE’ VI E’ UNO SFONDO METAFISICO IN TUTTI I VERSI E UN’ACCORATA INTROSPEZIONE PER FARE EMERGERE UNA RETE SOTTERRANEA DI SENTIMENTI PROPRI DELL’HOMO VIATOR ALIENATO.
di ISABELLA LOSCHIAVO (Docente – scrittrice – saggista – critico letterario – giornalista)
Maria Teresa Liuzzo nella silloge ”Apeiron” perfeziona il linguaggio simbolico esprimendo le sensazioni e le folgorazioni dell’io. Le figure retoriche, come la sinestesia, il climax, l’onomatopea, evidenti in quasi tutti i versi, producono effetti suggestivi sia di suono che nei rapporti sintattici.
L’Autrice opera un tipo di sondaggio psicologico che permette all’io di cogliere il noumeno dietro la molteplicità dei fenomeni. In questa fase emerge laverità dell’inconscio con la conseguente rivelazione del male della vita, della solitudine, dell’alienazione e dell’incomunicabilità. I temi si articolano secondo un sistema semantico degli ossimori e gli stilemi, sono funzionali al tumulto dei sentimenti.
Le immagini emblematiche come ”l’uragano che sconvolge immagini d’alba”, ”la polvere incolore tagliata dal pianto”, sonnambulare dell’esistere”, ”labirinti omologati” ecc., assumono significati reconditi dei meandri dell’essere ed evidenziano il segno del vuoto, dello smarrimento e il presentimento della morte di tutto ciò che è immanente. Gli elementi naturali sono anch’essi simboli di stati d’animo, come anche le metafore, le dimensioni visive rappresentano il correlativo esistenziale di una necessità cosmica che frantuma gli individui in monadi incomunicabili.
Non si può definire nichilista la poetica la poetica di Maria Teresa Liuzzo poiché vi è uno sfondo metafisico in tutti i versi e un’accorata introspezione per fare emergere una rete sotterranea di sentimenti propri dell’Homo viator alienato.
Il nucleo principale della silloge è in ”All’universo incline” dove si trova uno spiraglio al dissidio tra l’io e il mondo circostante con la visione di un Dio in omnibus. ”Non condivido la teoria di Nietzsche: / Dio non è morto / la sostanza umana è origine d’eterno”.
Il dissidio tra finito e infinito corrode l’essere umano che non si protende al divino per assaporare l’eterno, ma si atterra sempre più vivendo la limitatezza del contingente. Il negativo della vita, secondo la poetessa, è il caos che l’assedia, l’orrore di trovarsi sospesi sull’orlo di un baratro e non potersi rialzare per scoprire il noumeno. La disperazione deriva dalla mancata corrispondenza di amorosi sensi tra l’anima e l’armonia universale che solo la poetessa avverte nel momento dell’ispirazione e del Kairos coscienziale.
Il titolo della silloge di derivazione greca sottende, appunto, la tensione all’infinito, all’indeterminato, che è la connotazione della religiosità dell’anima poetica.
Isabella Loschiavo