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Italia–Albania: Arbëreshë uniti dalla lingua da oltre 600 anni

Di Cataldo Pugliese

Roma, 1 mag. 24 – La storia degli Arbëreshë, ossia gli Albanesi d’Italia, rappresenta una delle massime testimonianze d’integrazione sociale e culturale in Europa. Lo abbiamo detto più volte, in Italia ben cinquanta Comuni conservano da oltre 600 anni la lingua e le tradizioni, gli usi e i costumi e tutt’ora osservano il rito greco-bizantino cattolico durante la liturgia. Una memoria storica che rappresenta un valore inestimabile per l’Italia come per l’Albania. Continuando di questo, però, passo i borghi arbëreshë rischiano l’estinzione. E invece proprio da qui occorre partire con una inversione di marcia riscrivendo la storia, attuando un “Rivolgimento” come teorizzato cinquant’anni fa dal ministro arbëreshë Gennario Cassiani.

La classe politica ha la responsabilità di intraprendere un percorso di unità, con il fine di valorizzare le proprie comunità, i propri borghi, testimonianza di un modello di accoglienza straordinario. La politica deve cambiare rotta, deve ripensare l’azione di questi luoghi perché diventino un ecosistema europeo con un’azione folgorante per la rinascita dei Comuni e che diventi protagonista nelle relazioni internazionali tra i Governi e anche nei rapporti tra la premier Meloni e il premier Rama.

Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad un racconto scandaloso nel programma di “Report“ (di RAI3) riguardo il progetto condiviso tra i due Governi per la gestione dei migranti: speriamo finisca con una smentita concreta, che ci verrà dimostrata dai fatti. Mi chiedo però, se esiste una efficiente gestione diplomatica e della cooperazione?

Una storia ed una amicizia tra due Paesi e due popoli sicuramente non può essere bersaglio di speculazioni giornalistiche. Mi auguro che la cooperazione tra Albania e Italia possa tracciare il cammino di una seria alleanza che miri ad una Europa Mediterranea più forte e soprattutto strategica. Auguriamoci che venga fatta luce sulla questione e, soprattutto, che i rapporti tra Italia e Albania non subiscano lo stesso trattamento mediatico disgustoso e scellerato, proprio come riservato ai territori e alle popolazioni del Sud Italia.

Occorre portare sui tavoli del Parlamento proposte e progetti per tornare ad investire e credere nelle comunità Arbëreshë: la politica e le istituzioni hanno il dovere di far vivere i territori attraverso forme di cooperazione collettiva che aiutino nella sussistenza e nella sopravvivenza di intere realtà. Bisogna dare priorità e centralità alle comunità e alle identità, promuovere e valorizzare le risorse endogene, intese come elemento strategico e distintivo per la ricchezza economica e sociale dei territori. Un’espressione culturale, la nostra, che porta con sé valori che hanno contribuito a scrivere la storia del Sud e dell’Italia intera come terra di accoglienza e di condivisione.

Un milione di albanesi d’Italia e/o italiani di Albania che vivono nei due Paesi andando su e giù, che mantengono orgogliosamente nel tempo il loro patrimonio etnografico, culturale e linguistico, hanno il diritto di vedersi custodire la propria identità e l’inestimabile bellezza.

Madre Teresa di Calcutta, di origine albanese, diceva: «perché le radici sono importanti». Una ricchezza quella degli Arbëreshë in primis e quella delle altre minoranze etnico-linguistiche, fa parte del patrimonio culturale italiano ed europeo, merita più attenzione e rispetto perché può e deve rappresentare un volano turistico, culturale ed economico.

L’energia spesa da oltre un ventennio, caratterizzata da una visione di comunione e condivisione e focalizzata a dar luce all’identità arbëreshë, rappresenta da qualche anno l’obiettivo del movimento culturale “Italia delle Minoranze”.

Cataldo Pugliese
Italia delle Minoranze

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