di Rosaria Scialpi
Pierfranco Bruni torna in libreria con Pellegrini, riproponendo la sua prima pubblicazione, dopo ben cinquant’anni e alla vigilia dei suoi settanta. Una scelta emblematica e sicuramente peculiare in un panorama editoriale che vive di fugaci apparizioni e rapide sostituzioni.
L’operazione editoriale
Ricordi di passi di segni sulla sabbia sulle onde… Fili di luna stelle di vento… Ritagli di tempo, questo il titolo della silloge poetica che Bruni e Pellegrini restituiscono ai lettori. Già, perché un’operazione editoriale simile permette anzitutto al lettore abituale di Bruni di recuperare un libro che, altrimenti, non avrebbe potuto conoscere.
Il mondo dell’editoria, d’altronde, funziona così: i libri, a meno che non si tratti di classici, dopo diversi anni finiscono fuori catalogo.
Pellegrini Editore, dunque, ha voluto dare vita a un’operazione inconsueta (anche se non inedita).
Il motivo? Viene reso esplicito nella nota introduttiva dell’editore: anzitutto una storia di amicizia, un sodalizio che perdura dal 1975, per l’appunto da quella prima pubblicazione di cinquant’anni fa.
«Era il 1975 quando Pierfranco Bruni entrava nella famiglia della nostra Casa Editrice. Portava
con sé una cartellina con una ventina di fogli. Eravamo giovanissimi. Lasciò le sue pagine in lettura a mio padre. Erano poesie, versi, scritti tra i diciotto e i vent’anni. Mio padre pubblicò in una plaquette le poesie di Pierfranco.»
Walter Pellegrini, nota dell’editore
E poi testimoniare.
Testimoniare il tempo che passa, i giorni lontani che si fanno echi di tempo e i frammenti di vita che si snodano lungo le pagine.
Raccontarsi, donarsi ai lettori, non tralasciando ciò che, in quanto scrittori, si è stati, oltre allo scrittore che si è.
Accogliere il passato, riabbracciarlo e, dove possibile, trasformarlo.
La nuova/vecchia silloge di Bruni
Ricordi di passi di segni sulla sabbia sulle onde… Fili di luna di stelle di vento… Ritagli di tempo
Bruni
Silloge
Settant’anni possono rappresentare un giro di boa, una svolta decisiva. Così può capitare che il passato faccia capolino, non con vesti consunte, ma con la stessa intensità di un tempo. Se poi gli anniversari coincidono e ai settanta si aggiunge il cinquantesimo compleanno della prima pubblicazione, allora è inevitabile che qualcosa riaffiori, uguale e diverso al contempo.
Istantanee di vita che si animano dinanzi agli occhi e parlano una lingua antica eppure sempre familiare: sarà stato così per Bruni?
Una storia fra le storie
Questa silloge di Bruni riporta indietro le lancette dell’orologio di cinquant’anni. Cinquant’anni a ritroso nella sua storia e in quella dell’Italia e di tutta una generazione: i ventenni degli anni Settanta.
Una generazione che ha visto finire i fasti dei mitici Sessanta e che cominciava ad inoltrarsi in un mondo più cosmopolita, per quanto sotto l’influenza di due grandi poli. Il rock stava sempre più trovando spazio in Italia, non senza le rimostranze dei più “grandi”, la minigonna veniva sdoganata, non senza occhiatacce, gli uomini si lasciavano crescere i baffi e i capelli, diventando i “capelloni” tanto odiati dagli “adulti”.
E la poesia?
Non c’è dubbio che il panorama editoriale fosse ancora dominato dall’influenza del Gruppo 63, ma l’era delle grandi avanguardie era ormai sul finire. Ne nacquero altre, ma nessuna lasciò un segno profondo come le precedenti. Nel frattempo, la poesia si decentralizza e Roma e Milano non erano più gli unici luoghi di produzione privilegiata. Emergevano i borghi liguri e le province meno industrializzate, talvolta idealizzate, intese come loci amoeni in contrapposizione alle grandi città profuse interamente nello sforzo produttivo.
A prevalere erano riviste come Altri termini, Almanacco dello specchio, Niebo, Nuovi argomenti e Tam Tam, in cui venivano presi in considerazione sempre gli stessi nomi, quelli che anche nelle antologie degli anni Ottanta regnavano incontrastati pur se ormai lontani dalla poetica sperimentalista e privi di slancio.
In generale, in Italia, si vennero a creare due gruppi ben distinti: i militanti, spesso fan della parola detta “anabolizzante“, e coloro che preferivano una poesia più intimistica, che non richiedeva obbligatoriamente impegno politico di alcun tipo.
E Ricordi di passi di segni sulla sabbia sulle onde… Fili di luna stelle di vento… Ritagli di tempo?
La poesia di Bruni si posiziona in una fascia intermedia fra i due principali schieramenti letterari.
Sono versi giovanili, in cui risulta evidente la ricerca di una voce personale e autentica, che tuttavia già presenta una sua solidità.
L’approccio intimistico è evidente per tematiche e scelta lessicale; dice bene, a tal proposito, l’editore, definendoli versi d’amore. Un amore che pervade tutti gli spazi del quotidiano: quello della sensualità, quello per le radici, quello filiale, quello per la parola metaforica, quello per il simbolo. Tutti elementi che tornano, assieme ad altri, anche nella produzione letteraria più recente di Pierfranco Bruni. A questi, infatti, bisogna aggiungere la nostalgia, l’influenza orientale, presenze-assenze, la tendenza al dubbio evanescente, l’immagine della luna e i silenzi colmi di parole.La tendenza militante, però, non è, come si accennava, del tutto estranea a questo libro.Nella silloge, infatti, si fa più volte riferimento alla fede con un approccio tipico di quel periodo: una manifestazione di insofferenza alle regole, il rigetto delle certezze, l’insorgenza di un dubbio ribelle.Allo stesso modo, si percepisce una volontà di denuncia, tipica di chi si affaccia all’età adulta e soprattutto tipica degli anni che hanno visto rompersi gli argini dei confini, il crollo del boom economico e le manifestazioni studentesche. Denuncia che si esprime in alcuni versi della poesia Fili d’acqua:
[…]a sognarea vivere un’etàfatta di paroledi ambizionidi sorrisiche sembravano grandie in fondo bastavaun cennoper ritrovarsi nell’arido pozzodel solito crudelecammino…Ci si sente solici si sente delusiin questa frasegià rassegnata dall’imprevedibilesuperbo tempoche lega i polsicuce gli occhie infine ci regala l’ultimo attimoper pentirci di un inutile rimpianto.
pp. 25-26Struttura e stileStrutturaRicordi di passi di segni sulla sabbia sulle onde… Fili di luna stelle di vento… Ritagli di tempo si compone di una prima plaquette di 14 poesie a cui vanno aggiunte quelle in appendice: la prima che corrisponde a uno dei primissimi componimenti di un Bruni ancora adolescente e di tipica matrice pascoliana e altre 22 poesie, alcune frutto di una rielaborazione linguistica di quelle della prima pubblicazione e altre frutto di contributi inediti.
Un’ottima scelta che permette al lettore meno avvezzo alla scrittura di Bruni o a chi non ne conosce le più remote pubblicazioni di analizzare il suo percorso autoriale. Evidenti, infatti, sono le differenze.A fronte di una ciclicità circolare delle tematiche, la versificazione di Bruni subisce invece, negli anni, un profondo cambiamento. La frammentazione giovanile lascia progressivamente posto a una densità nella disposizione delle parole su verso fino a raggiungere un risultato più simile al prosimetro che alla poesia vera e propria. Emerge, inoltre, una forte volontà di rendere la poesia un mezzo di racconto: di sé, di una storia o di una fiaba in versi.
StileLo stile di Bruni è evocativo, caratterizzato da un linguaggio semplice, soprattutto nella plaquette, ma fortemente simbolico. Non è un caso. La parola poetica per Bruni è sempre la porta del mistero, come si apprende negli scritti dei suoi ultimi anni.Assenti i vincoli metrici e predilezione per il verso libero.L’autore gioca spesso con le immagini e i dettagli sensoriali, grazie a un uso intenso dell’aggettivazione, rendendo la lettura un’esperienza immersiva e personale, restituendo al lettore piccoli quadri del quotidiano che si concretizzano matericamente dinanzi agli occhi.I componimenti sono ricchi di pause che si traducono in silenzi espressivi. Sospensione del pensiero o parcellizzazione del reale che si converte in interruzioni testuali?
Frequente è il ricorso a figure di suono, di significato e di posizione. Vediamo quali.
1. Analisi delle figure di posizioneBruni utilizza frequentemente le anafore e le ripetizioni, elementi che conferiscono un ritmo musicale ai versi e accentuano l’intensità emotiva. Anche l’enjambement, ricorrente in moltissimi titoli, contribuisce a creare un falso senso di sospensione, mentre il pensiero si avviluppa intorno a tre versi.
2. Analisi delle figure di suonoBruni impiega un ampio ventaglio di strumenti fonici per arricchire la musicalità della silloge. Fra queste sono onnipresenti le allitterazioni, come in “sapori di sole e di coralli”, che creano un’armonia fonetica suggestiva e permettono alla lingua di incespicare là dove il poeta desideri che la mente si concentri maggiormente. Un ritmo più cadenzato è invece offerto dalle numerose consonanze e assonanze, mentre le onomatopee rendono plastico il concretizzarsi della parola, soprattutto quando la natura diventa coprotagonista, alla stregua di D’Annunzio, che più volte ritorna come influenza assieme al Montale di Ossi di seppia.
3. Analisi delle figure di significatoMetafore e similitudini sono le regine di questa raccolta poetica. D’altronde, Bruni assimila largamente la lezione dei simbolisti. Non mancano, infine, climax e anticlimax.
Elementi maggiormente ricorrentiIl mare che diventa metafora del tempo, della memoria e del desiderio di infinito.Le stagioni, in particolare l’estate; lo scandire del tempo che saluta la giovinezza (nonostante il poeta fosse giovanissimo!), la passione e il trascorrere inevitabile degli anni.La solitudine, affrontata attraverso immagini di luoghi, suggerisce una riflessione esistenziale sulla memoria e sulla perdita, sullo sfuggire del tempo che inesorabile lascia solo tracce.Il tempo, leitmotiv della raccolta appare quasi tiranno ingannatore, che menzognero offre i più bei frutti dei giorni felici dell’infanzia per poi sottrarli.La nostalgia, è accanto al tempo il filo conduttore dell’intera opera, e viene declinata attraverso immagini di amori passati e luoghi lontani. Il giovanissimo poeta appare già spossato nell’animo e sembra estraneo al tempo del qui e ora e allora cerca riparo nei tempi che furono, nella fuggevole memoria, che tutto porta via con sé e a cui si accede solo per mezzo della nostalgia, dei viaggi di ritorno impervi, in un viaggio fisico ma soprattutto interiore, alla ricerca della riconciliazione con il tempo.In conclusioneQuesta prima e nuova raccolta di Bruni è un concentrato potente di poesia e storia. Essa si distingue per la capacità di fondere esperienze personali e collettive in un’unica voce poetica, creando un dialogo senza tempo con il lettore, fra rimandi montaliani e dannunziani, versificazione quasi ungarettiana e sensualità nerudiana. L’invito implicito di Bruni è quello di non dimenticare, di tenere viva la memoria e di accettare il fluire del tempo con la consapevolezza di chi dubita della «roccia / che scivola fino a toccare la nebbia del mare.» (p. 101).
L’autorePierfranco Bruni è nato in Calabria.Archeologo direttore del Ministero Beni Culturali, presidente del Centro Studi “Grisi” e già componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’estero.Nel 2024 Ospite d’onore per l’Italia per la poesia alla Fiera Internazionale di Francoforte e Rappresentante della cultura italiana alla Fiera del libro di Tunisi.Per il Ministero della Cultura è attualmente Presidente Commissione Capitale italiana città del Libro 2024; Presidente Comitato Nazionale Celebrazioni centenario Manlio Sgalambro; Segretario unico comunicazione del Comitato Nazionale Celebrazioni Eleonora Duse. Già presidente nazionale del progetto “Undulna Eleonora Duse”, presidente e coordinatore scientifico del progetto “Giacomo Casanova 300”.Ha pubblicato libri di poesia, racconti e romanzi. Si è occupato di letteratura del Novecento con libri su Pavese, Pirandello, Alvaro, Grisi, D’Annunzio, Carlo Levi, Quasimodo, Ungaretti, Cardarelli, Gatto, Penna, Vittorini e la linea narrativa e poetica novecentesca che tratteggia le eredità omeriche e le dimensioni del sacro.Ha scritto saggi sulle problematiche relative alla cultura poetica della Magna Grecia e, tra l’altro, un libro su Fabrizio De André e il Mediterraneo (“Il cantico del sognatore mediterraneo”, giunto alla terza edizione), nel quale campeggia un percorso sulle matrici letterarie dei cantautori italiani, ovvero sul rapporto tra linguaggio poetico e musica. Un tema che costituisce un modello di ricerca sul quale Bruni lavora da molti anni.