Di Corriere.it
Questo articolo è tratto da «la Lettura» #375 in edicola dal 3 al 9 febbraio
L’Europa non è mai stata così tanto tra noi. Nelle nostre vite, nei nostri pensieri, nel nostro discorso pubblico e nella lotta politica. Per contestarla, disprezzarla, per cercare di farne a meno: comprendendo quanto sia difficile e forse sbagliato volerla indebolire. Per difenderla dalle sue debolezze o esaltarla per le sue prospettive di cambiamento. Le prossime elezioni per rinnovare il Parlamento di Strasburgo per la prima volta avranno al centro l’Europa. Non saranno solo un mega sondaggio d’opinione nei 27 Paesi dell’Unione per capire quali sono i rapporti di forza tra i diversi partiti nazionali.
L’Europa e il suo futuro entrano prepotentemente dentro le urne. La possibilità concreta del declino delle tradizionali forze europeiste (Popolari e Socialisti) e la probabile avanzata delle forze sovraniste ed euroscettiche ne fanno per la prima volta una vera elezione continentale. Il Parlamento che verrà avrà un ruolo e un potere decisamente diversi dal passato.
È come se, nel momento in cui davvero la costruzione europea rischia di naufragare, tutti comincino veramente a riflettere, a stilare un bilancio serio, a uscire dalle frasi fatte e dagli slogan. Il «Corriere della Sera» vuole accompagnare questa riflessione con un «viaggio delle idee» nei 27 Paesi dell’Unione.
Con 27 scrittori e intellettuali che su «la Lettura» metteranno al centro dei loro articoli una parola chiave o un’idea forte sull’identità del loro Paese e dell’essere europei.
Questi quasi settant’anni hanno consegnato alle vite di cinquecento milioni di persone un valore indiscutibile e irrinunciabile: la libertà.
Questa nostra parte di mondo è stata libera dalle guerre che nei secoli l’avevano ciclicamente devastata. Ha stabilito via via un grado sempre più alto di libertà nella circolazione delle merci e dei servizi. La libertà economica, esercitata indifferentemente in uno Stato o in un altro, è una novità che mai si era vista nel Continente. Liberi sono stati i suoi cittadini, senza frontiere da attraversare e limiti di burocrazia e moneta da affrontare. Giovani europei liberi sono stati i ragazzi che l’hanno attraversata, che hanno partecipato ai programmi scolastici comuni e alle iniziative di scambio culturale.
La libertà è l’essenza di una costruzione certamente limitata e incompiuta. L’assenza di una vera unione e di una vera integrazione politica ha lasciato spazio agli egoismi nazionali, agli errori di valutazione, alle ricette inadeguate di fronte alle crisi economiche e delle migrazioni.
«La democrazia ha il passo della lumaca», ha scritto Günter Grass. E questo passo lento può essere un bene se mette in atto un avanzare ponderato e riflessivo, senza la smania dell’istante che sta travolgendo le decisioni politiche nelle società contemporanee. Robert Schuman avvertì che l’Europa non sarebbe «nata di getto, come città ideale», ma che essa si sarebbe fatta «pezzo per pezzo, settore per settore».
Ma forse la lumaca democratica europea ha bisogno di un passo un po’ più veloce. Ha bisogno di dimostrare ai suoi cittadini che oltre la frontiera dell’Unione non c’è l’Eldorado del ritorno agli Stati nazionali, ma l’incertezza della chiusura, dell’impoverimento e dell’arretramento sulla frontiera della libertà.