Di Roberto Spagnoli
A tutti i sostenitori della difesa dei nostri confini, a tutti gli esperti di diritto internazionale e della navigazione che in questi giorni discettano in rete, a tutti i fustigatori del “buonismo” che lanciano invettive al riparo dello loro tastiere dedico la memoria della Kater i Rades, di quando l’Italia di fatto attuò, senza dichiararlo ufficialmente, un blocco navale per difendersi dagli albanesi che scappavano dal loro paese ridotto alla fame da una gravissima crisi finanziaria e sull’orlo della guerra civile.
La Kater i Rades era una piccola motovedetta ridotta ad un ammasso di ferraglia rubata al porto di Saranda: il 28 marzo del 1997, carica soprattutto di donne e bambini, venne speronata dalla nostra corvetta Sibilla che operava in Adriatico al confine delle acque territoriali in base all’accordo stipulato tra il nostro governo e quello albanese per contenere e fare “opera di convincimento” nei confronti delle imbarcazioni di migranti che tentavano di raggiungere le nostre coste.
L’opera di convincimento nei confronti della Kater i Rades provocò 81 morti e da 24 a 27 dispersi. I superstiti furono 32.
Per conoscere la vicenda della Kater i Rades e le storie degli esseri umani che erano a bordo leggete “Il naufragio” di Alessandro Leogrande. E intanto, per rinfrescarvi la memoria, questo articolo de Il Post.
E se vi capita di passare da Otranto fate un salto al porto: proprio fuori dalla biglietteria c’è la Kater i Rades. E’ stata trasformata nel monumento all’umanità migrante. Sostate qualche minuto, guardatela bene: vi farà impressione quanto è piccola, una vera scatola di sardine.
Pensate alla differenza con una corvetta della nostra Marina Militare. Immaginate il terrore che deve aver provato chi era a bordo. Pensate soprattutto che lì dentro, tra quelle lamiere, sono morte più di 100 esseri umani. Persone che fuggivano dalla misera e dalla guerra civile, che volevano solo un futuro un po’ migliore per loro, i loro figli e le loro famiglie.
Noi abbiamo difeso i nostri confini, loro sono morti affogati.