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Operazione Colomba in Albania: partire per lasciare spazio ad altri

Dopo dieci anni dedicati a contrastare il fenomeno della “vendetta di sangue” Operazione Colomba ha deciso di lasciare l’Albania. La lettera di due delle protagoniste di questo straordinario lavoro

Di –  Sara Ianovitz,  Giulia Zurlini Panza

Dopo circa dieci anni di attività nonviolente in Albania, Operazione Colomba  chiude la presenza dedicata a contrastare il fenomeno della “vendetta di sangue”. La decisione è frutto di attente riflessioni, dalle quali è emerso il miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie seguite in tutti questi anni.

È difficile fare bilanci di questo intenso decennio trascorso sul campo, poiché il fenomeno della “vendetta di sangue” ha inciso, e talvolta incide tuttora, sulla società albanese a più livelli e in modo multiforme. Ma è indubbio che i percorsi di rielaborazione e mediazione dei conflitti, le scorte civili e le attività specifiche con i gruppi di donne e giovani provenienti dalle famiglie coinvolte nella vendetta abbiano contribuito a indirizzare le scelte di vita di queste persone. Il cambiamento si legge anche sotto traccia, dalle piccole cose: chi ha deciso di lasciare il paese per ricominciare una nuova vita all’estero, sottraendosi alle logiche della “vendetta di sangue”; chi ha deciso di rimanere ancorato alla propria terra, abbandonando ogni proposito di vendetta, per dedicarsi alla cura della famiglia; chi ha superato la paura che attanaglia le vittime e vive proiettato verso il futuro, verso un nuovo lavoro, verso l’indipendenza economica.

La condivisione diretta della vita dei volontari e dei collaboratori di Operazione Colomba con le persone coinvolte nel fenomeno della “vendetta di sangue” è stata la chiave per stimolare queste trasformazioni. Infatti, è necessario ricordare che la presenza è stata mantenuta attiva grazie a più di 150 volontari, compresi quelli in Servizio Civile e i missionari della Comunità Papa Giovanni XXIII, che si sono avvicendati nel corso degli anni: ognuno di loro ha lasciato un’impronta sul cammino percorso.

In questi dieci anni di presenza ininterrotta in Albania, i volontari hanno visto cambiare anche il paese che li ha ospitati. Accompagnare spesso le famiglie a trovare i propri parenti, detenuti per motivi legati alla vendetta, ha permesso di apprezzare i miglioramenti del sistema carcerario, in termini di condizioni detentive e di concessione di uscite temporanee. Contemporaneamente si è notata una maggiore propensione delle istituzioni ad avvicinarsi alle necessità dei cittadini, anche dei più vulnerabili. Alcune donne colpite dal fenomeno della “vendetta” sono riuscite ad ottenere un contratto di lavoro, anche grazie a corsi organizzati dai servizi sociali locali. E questo ha contribuito alla loro emancipazione economica, e quindi al sostentamento di famiglie che hanno scelto di investire sul lavoro, sull’educazione dei figli, tralasciando ogni proposito di vendetta. Ciononostante, resta ancora distanza, comunicativa e assistenziale, tra soggetti svantaggiati e istituzioni – una distanza che deve essere colmata.

In Albania è ancora presente la vendetta di sangue, una tradizione secolare basata sul codice etico del Kanun. Un incontro con gli operatori dell’Operazione Colomba che a questa delicata tematica rivolgono il loro impegno quotidiano (dall’archivio)

Di pari passo si è sentita più forte la voce della società civile in aree del paese in cui l’associazionismo non esisteva, come a Tropoja, dove gruppi di donne e di giovani sfruttano, e a loro volta creano, opportunità di formazione e di impiego. E ugualmente è ancora carente la risposta della società civile, che purtroppo fatica a far sentire le proprie esigenze. A tale proposito, Operazione Colomba è anche stata ponte di dialogo tra le famiglie colpite dal fenomeno e le istituzioni, portando all’attenzione di queste ultime le richieste delle vittime di questa pratica, tanto da sollecitare l’impegno dei rappresentanti locali a promuovere azioni concrete. La prospettiva politica e istituzionale dell’Albania si avvicina sempre più all’Unione europea: nei prossimi anni, se non mesi, si apriranno i negoziati in vista di una futura adesione, e dunque anche le istituzioni saranno costrette ad adeguare la legislazione e l’operato agli standard di efficienza richiesta. Questo processo probabilmente si tradurrà anche in un miglioramento dell’accesso ai servizi per tutti, con un livello di inclusione sociale più trasversale.

Fondamentale perché questo accada è la partecipazione della società civile alla vita politica e sociale del paese. In questo senso Operazione Colomba, conscia della diffusione di una pressione negativa che spingeva le famiglie coinvolte nel fenomeno verso la vendetta, ha lavorato per anni con l’obiettivo di ribaltare la prospettiva. Sono stati proposti modelli positivi, esempi di trasformazione del conflitto, testimoni di pace e di riconciliazione, che suscitassero desiderio di perdono nei confronti della vendetta, e di coesione sociale affinché il contesto facesse pressione per una ricomposizione pacifica delle controversie.

Anche gli interventi e i momenti formativi svolti nelle scuole, negli oratori, nelle parrocchie e nei maggiori centri di aggregazione hanno influenzato costruttivamente il contesto obbligante, mentre le attività di sensibilizzazione hanno dato visibilità al fenomeno e hanno seminato una cultura basata sul rispetto dei Diritti umani. Nel corso degli anni, i volontari hanno pensato, creato e realizzato i temi e i materiali per le manifestazioni mensili e per le Campagne nazionali: idee, slogan, cartelloni, murales, simboli, proverbi, contenuti per il blog Kundër Gjakmarrjes e per i post sui canali online, il racconto dei diari personali e il lavoro di realizzazione di report puntuali, sono stati il frutto dell’inventiva e dell’originalità di tutti coloro che sono passati per Casa Colomba. Grazie a loro, sono stati coinvolti giovani universitari albanesi, comunità delle zone periferiche, abitanti di alcune aree montane che mai avevano partecipato prima a una manifestazione pubblica o a un evento di piazza.

La prospettiva di Operazione Colomba adesso sarà quella di lasciare che siano gli stessi albanesi a portare avanti pienamente ed autonomamente questo percorso ad ogni livello: personale, sociale ed istituzionale. Come ultima attività di progetto, infatti, nei prossimi mesi saranno realizzati incontri e laboratori con le istituzioni albanesi per la divulgazione di un Toolkit, contenente le buone prassi elaborate in questi anni, nell’ottica di contribuire a una maggiore autonomia di azione degli enti locali per eliminare il fenomeno.

Per quanto riguarda il monitoraggio delle famiglie colpite da questo genere di problema, invece, sarà portato avanti dalle strutture della Comunità Papa Giovanni XXIII, che proseguiranno la loro presenza sul territorio.

Infine, l’attività di sensibilizzazione verrà proseguita attraverso la Campagna Kundër Gjakmarrjes, che resta aperta sui social network. Invitiamo tutti i lettori, quindi, a continuare a postare foto con l’adesivo Kundër Gjakmarrjes.

Chiudere la presenza di Operazione Colomba in Albania non significa che il fenomeno abbia smesso di esistere, ma che il percorso realizzato in questi dieci anni può indicare la strada da seguire per eliminare questa pratica in tutto il paese. La palla passa all’Albania!

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