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Il CASO INCA di Zurigo!

Di Marco Tommasini *

Per una decina di anni a partire prima del 2000 il responsabile della sede del patronato INCA di Zurigo, del patronato che dipende dalla CGIL, raggirava ai propri assistiti il capitale della previdenza professionale per la vecchiaia, per i superstiti e per l’invalidità. 

Per la truffa utilizzava impropriamente i documenti delle pratiche degli assistiti, falsificava le loro firme che faceva poi convalidare dal Consolato di Zurigo e deviava la loro corrispondenza all’indirizzo dell’ufficio INCA/CGIL di Zurigo. Il tutto per fare arrivare i capitali dagli istituti di previdenza svizzeri su un conto bancario intestato al patronato [1]

A luglio 2008 qualcosa andò storto. Malgrado la scrupolosità capita che un assistito ricevette lo stesso la corrispondenza dall’istituto di previdenza e si accorge del trasferimento del suo capitale sul conto INCA/CGIL. Denuncia l’accaduto al Consolato Generale di Zurigo che a sua volta informa il Ministero degli Esteri e questo il Ministero del Lavoro. Il Ministero del lavoro di conseguenza, il 11 novembre 2008, predispone una ispezione straordinaria alla sede INCA/CGIL di Zurigo ma non riscontra nulla di sospetto. Il delinquente è comunque licenziato il 19 gennaio 2009. Ma questo non impedisce che possa continuare con la truffa perché è assunto da un altro patronato. Il patronato INAC situato poco distante dall’ INCA/CGIL. Qui trasferisce la sua attività e i suoi fascicoli. Qui rimane per altri 6 mesi quando finalmente, in luglio 2009, viene arrestato dalle autorità svizzere. 

Dopo un processo durato anni, il 16 settembre 2015, il tribunale di Zurigo lo riconosce colpevole di aver raggirato 12 milioni di franchi a 76 connazionali e lo condanna a scontare 9 anni dietro le sbarre. Fra il 2001 e il 2009 aveva, in veste di direttore del patronato della CGIL, prelevato a loro insaputa le prestazioni previdenziali a 250 persone, per la maggior parte pensionati, per una somma complessiva di 34 milioni di franchi svizzeri[2]

Non vedendo attività a loro tutela da parte degli organi predisposti un gruppo di truffati decide di costituire insieme ai loro famigliari il Comitato Difesa Famiglie (CDF) e intraprendono la via legale contro INCA/CGIL. Nel giugno 2013 il tribunale elvetico, dopo che INCA/CGIL aveva presentato appello in tutte le istanze, l’ultima, la terza, lo condanna al risarcimento dei danni.  

Ma INCA/CGIL per sottrarsi alla sentenza dichiara fallimento e chiude le sedi in Svizzera. Aspetta un anno e riapre gli uffici cambiando solo nome alla struttura ma continuando le attività patronali e a percepire il finanziamento pubblico. Tutto sotto il controllo e la vigilanza del Ministero del Lavoro. Come se non ci fosse mai stata una truffa[3]

Il CDF è cosi obbligato a inoltrare causa a Roma contro INCA/CGIL e il Ministero del Lavoro. Il 21/04/2016 il giudice la ritiene matura per la decisione ma comunica di pronunciarla solo un anno dopo il 06/07/2017. Nella causa INCA/CGIL nega ogni responsabilità per le sedi che operano all’ estero. Arrivata la data indicata il giudice posticipa nuovamente la sentenza di un succesivo anno per luglio 2018 e poi raggiunto questa data ancora per un ulteriore anno a novembre 2019.  

Nel frattempo, il Comitato del Senato per le questioni degli italiani all’estero (CQIE) svolge un’indagine sui patronati all’estero. Riscontra varie irregolarità tra le quali il caso INCA/CGIL di Zurigo. Nel documento conclusivo del 23 marzo 2016[4], riconosce che i patronati sono responsabili delle proprie attività anche verso gli assistiti residenti all’ estero. Constata che l’attività di vigilanza svolta dal Ministero del Lavoro è inadeguata. Le criticità emerse sono tali e tante che il CQIE valuta di consegnare ai magistrati il materiale raccolto, dal quale emerge sostanzialmente che la situazione è sfuggita di mano [5].  

Il 03/08/2020, finalmente, il tribunale si pronuncia e dà ragione al CDF. Condanna INCA/CGIL al risarcimento[6]. Ma questo si scorda nuovamente della sua missione di tutela e difesa dei diritti dei cittadini e inoltra poco dopo, il 29.09.2020, l’appello. 

*10.10.2020, Comitato Difesa Famiglie, il

Marco Tommasini 

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