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L’occhio del…cronista…

Di Renato Moro

Primo maxiprocesso alla Scu a Lecce, aula bunker di via Siracusa, con Angelo Sabia e Carlo Bollino.

A vederci sembra che sia stata una passeggiata, ma è tutta apparenza. La tensione era palpabile. Il maxiprocesso era stato preceduto da un attentato che aveva distrutto l’aula bunker in costruzione, da minacce ai pm e ai giornalisti. E poi due bombe contro il tribunale nel giro di pochi giorni e un pacco di tritolo davanti alla casa del presidente della corte. Per non parlare dell’attentato contro il treno Lecce-Stoccarda (a processo in corso) che solo per pochi centimetri di rotaia non sfociò in una strage.

Controlli continui in aula, minacce dalle celle e persino una squadra di esperti per leggere il labiale degli imputati e dei loro parenti mentre si scambiavano informazioni.

Un giorno un collega della Rai tentò il gran numero, anticipando di qualche anno i giornalisti “d’assalto” che sarebbero venuti dopo, quelli che fanno le domande ignorando le risposte perché tanto la risposta è nella stessa domanda.

Nella notte era stato ammazzato un ragazzo, tra Lecce e Surbo. Una delle tante vittime, giovanissime, della guerra tra i clan emergenti della Sacra corona unita. La mattina dopo, nell’aula bunker, il collega dribblò il cordone di poliziotti e carabinieri e si avvicinò alla cella di De Tommasi, il boss catturato da poco dopo una lunga latitanza. Alzò la mano che impugnava il microfono e urlò la sua domanda: “De Tommasi, stanotte hanno ammazzato un ragazzo. Si dice che a mandare i killer sia stato lei…”.

Non riuscì a finire. Urla, insulti, bestemmie e braccia tese fuori dalle sbarre in cerca del suo collo. Per qualche giorno il collega, consigliato dai servizi di sicurezza, non si fece vedere in aula…

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